A nome di chi

L’Unità di ieri riferiva che Piero Fassino starebbe cercando di “stemperare il clima” tra Walter Veltroni e Massimo D’Alema. Altri quotidiani parlano di Fassino in cerca di “una mediazione” tra i due.
Non vi pare che si stia esagerando? Detto che forse Fassino ha cose più importanti da fare, siamo in grado di guardare ancora il PD come un partito normale e chiederci quale legittimazione abbia questa sfinente e imbarazzante contesa tra il suo segretario democraticamente eletto e un suo militante, per quanto stimato?
Non entro nel merito delle questioni politiche che separano i due Bibì e Bibò – dicono che ci siano –, ma mi impressiona il dirottamento del Partito Democratico e del suo funzionamento. Giovane com’è, il PD ha ancora per fortuna poche cariche e poche istituzioni. La più concreta è quella del suo leader, eletto a grande maggioranza nelle primarie dell’anno scorso. Quindi solidamente legittimata – la carica – e inattaccabile fino a nuove primarie. Ovvio che questo non implichi una gestione unilaterale e indiscussa (anche se verrebbe da dire “magari!”, ogni tanto): e infatti esistono ruoli e contesti con larghi spazi di confronto, in un partito democratico come il Partito Democratico. Gli avversari di Walter Veltroni, loro sì, alle primarie hanno a loro volta ottenuto quote notevoli di legittimazione democratica: se oggi Fassino ritenesse di “stemperare il clima” tra Veltroni e Rosy Bindi – ce ne fosse bisogno – la sua iniziativa avrebbe un senso. Staremmo parlando di due rappresentanze fondate. Ma perché le diffidenze di Massimo D’Alema – con tutto il rispetto e l’ammirazione eccetera – dovrebbero incatenare e bloccare il dibattito nel PD più di quelle di un qualunque membro della Direzione Nazionale quale lui è insieme ad altri duecento e passa? Prendete Irene Tinagli: si è dimessa dalla Direzione Nazionale, ha spiegato perché, ha chiesto risposte, e ha avuto esplicite solidarietà. Ma nessuno nella segreteria le ha risposto, da Veltroni in giù, e Fassino non si è preoccupato di stemperare il clima tra lei e il segretario. Nel frattempo Massimo D’Alema, che non ha ritenuto di sollevare un’obiezione o un dubbio quando ha partecipato alla recente riunione della Direzione Nazionale – il contesto adatto, no? – chiede chiarimenti in diretta al Tg1.
Che il PD sia alla deriva e in cerca di una spina dorsale è chiaro a tutti – fuorché a Goffredo Bettini che qualche giorno fa ha chiesto “dove sono gli errori?” – ma questo non giustifica la condiscendenza generale nei confronti di atteggiamenti complottardi e golpistici. Se D’Alema voleva guidare il partito, poteva candidarsi alle primarie: in molti allora chiedemmo che opposizioni vere a Veltroni si manifestassero. Se con più pudore vuole che lo guidi qualcuno diverso da Veltroni, deve individuare un qualcuno che abbia il fegato e la faccia di farsi avanti da solo: un futuro leader raccomandato da un vecchio leader è un ossimoro.

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