Fiume (cr. Rijeka; 154.043 ab. nel 2005) è una città della Croazia, capoluogo della regione litoraneo-montana (Primorsko-goranska Županija), sede universitaria e arcivescovile. Situata sull’Adriatico (Golfo del Quarnero) e terza città del Paese per popolazione, ne è anche il porto principale.
Già appartenente all’impero Austro-Ungarico fino al 1919 e italiana dal 1924 al 1947 (capoluogo dell’omonima provincia), dal 1947 al 1992 fece parte della Jugoslavia; è croata dal 1992.
Il suo nome latino originario è Tarsatica (da cui il nome del rione Tersatto); successivamente si chiamò Vitopolis e Flumen; per quanto riguarda le altre lingue ufficiali dell’ex impero Austro-Ungarico, in tedesco il suo nome era Sankt Veit am Flaum o Pflaum (sebbene oggi sia accettata la forma croata), in ungherese originariamente Szentvit e oggi Fiume, in sloveno Reka; infine, in friulano è chiamata Flum (più propriamente Sant Vît di Flum o Flum dal Cjarnâr) e nei dialetti locali croati è Reka o Rika.
La Stampa ha raccontato del progetto di reintrodurre nel campionato italiano di calcio la squadra di Fiume. Non sarebbe il primo caso di una squadra non italiana che gioca nel nostro campionato: mi viene in mente il San Marino, ma forse è l’unica. Ma la differenza è sensibile: nel caso del Fiume, la squadra non rappresenterebbe gli abitanti della città, ma gli eredi dei profughi fiumani che la lasciarono all’arrivo dei partigiani di Tito, quando cessò di essere una città italiana. Il progetto chiede alla Lega Calcio di ammettere la squadra a giocare in Prima Divisione, avendo come base la città di Torino e un piccolo stadio torinese.
Basil Brush è una volpe antropomorfa, nota soprattutto come personaggio della tv britannica in programmi per bambini. È di solito incarnato in un pupazzo manovrato dall’interno con una mano, ma è stato raffigurato anche in cartoni animati e strisce a fumetti. Il personaggio è stato in tv dagli anni Sessanta a oggi.
Basil Brush è andato in onda anche in Italia, ma ho scoperto per caso la sua esistenza. O meglio, l’ho scoperta per le solite ragioni che mi portano su tutte queste pagine di Wikipedia: curiosità successive.
È uscito il nuovo film di Baz Luhrmann, regista australiano di solido culto (e solido successo commerciale) grazie a “Moulin Rouge” e “Romeo + Juliet”. Si chiama “Australia”, e i critici l’hanno un po’ stroncato, descrivendolo come un polpettone romantico epico – “una via di mezzo tra Via col Vento e La mia Africa” – con gran panorami australiani sullo sfondo. Loro sono Nicole Kidman e Hugh Jackman, tutti australiani come Luhrmann. E la cosa che mi sono chiesto io, in tutto questo, è “che accidenti di nome è Baz?”. In effetti, Wikipedia dice che Luhrmann si chiama Mark Anthony: ma il soprannome glielo diedero per la sua somiglianza con un topo della televisione.
Indignation è un romanzo di Philip Roth, pubblicato negli Stati Uniti il 16 settembre 2008.
Ambientato in America nel 1951, il secondo anno della guerra di Corea, racconta la storia di Marcus Messner di Newark, New Jersey, al primo anno di università al Winesburg College, in Ohio. Marcus ha scelto Winesburg invece della sua città, dove si era iscritto inizialmente, per sfuggire alle paure e alle ansie di suo padre nei confronti della vita adulta di Marcus e dei pericoli e le incertezze che attendono suo figlio.
L’ambientazione a Winesburg è un omaggio al libro “Winesburg, Ohio” di Sherwood Anderson.
È un altro bellissimo libro di Philip Roth, e purtroppo Einaudi lo pubblicherà solo nell’autunno del 2009: i lettori italiani si stanno ancora godendo “Il fantasma esce di scena”, e i tempi commerciali hanno un senso. C’è un dialogo centrale tra Marcus e il preside che da solo vale tutto il libro: Marcus non tollera che per superare l’anno si debba rispettare l’obbligo di frequenza alle funzioni religiose, e cita Bertrand Russell con la passione e l’efficacia di un ventenne, e il preside attacca Russell non potendo attaccare l’ateismo. Il confronto tra i due è scritto da dio. Roth a Newark ci è nato, 75 anni fa. L’anno prossimo non gli daranno il Nobel, in favore di un poeta venezuelano, o bengalese: ma chissenefrega. Roth senza il Nobel è come De André che non ha mai vinto Sanremo.
Frank Langella (Bayonne, New Jersey, 1 gennaio 1940) è un attore statunitense di cinema e teatro. Ha vinto tre Tony Awards. Alto 193 centimetri, la sua figura è indissolubilmente legata a quella del Conte Dracula, personaggio che ha interpretato nel 1979 nel film di John Badham, Dracula, dopo esserlo stato a Broadway.. Recentemente ha interpretato Perry White nel blockbuster Superman Returns (2006).
L’attore, di origine italiana, fu nominato al Golden Globe nel 1971 come “nuovo attore più promettente” (Most Promising Newcomer) per il film Diario di una casalinga inquieta (1970). Assieme Christopher Lee e Richard Roxburgh, è uno dei pochi attori che ha interpretato sia Dracula che Sherlock Holmes. Ha convissuto con l’attrice afroamericana Whoopi Goldberg, con la quale si è separato nel marzo 2001.
Uno non se lo ricorda, Frank Langella: è uno di quei nomi che compaiono in decine di titoli di coda, ma qual era? Adesso ha appena avuto il ruolo più notevole della sua vita, e come per Dracula se lo era guadagnato a teatro. Fa Richard Nixon nel nuovo film di Ron Howard “Frost/Nixon” che esce la prossima settimana negli Stati Uniti e a febbraio in Italia. È la storia dell’invenzione di una delle più pazzesche interviste della storia, quella che il conduttore televisivo inglese David Frost ottenne con le unghie e con i denti (e con parecchi soldi) dall’ex presidente americano pochi anni dopo il Watergate e le sue dimissioni. Quell’intervista è storica, perché fu la prima volta che Nixon confessò e ammise colpe e condotte illecite nel Watergate. Ma il racconto di quel risultato, poi divenuto dramma teatrale e ora film, segue le stesse tappe di un film di Rocky: impresa impossibile, forze inadeguate, Davide contro Golia, certezza della sconfitta, eroe nella polvere, e improvvisa resurrezione e trionfo. E il personaggio più affascinante è il cattivo, Nixon, e Langella è grandissimo. Peccato perdersene molto nel doppiaggio.
Nel football americano e canadese, gli offensive tackle fanno parte della linea di attacco. Come altri attaccanti di linea, il loro compito è bloccare gli avversari: ovvero tenere fisicamente i difensori alla larga dal loro compagno che ha la palla. La posizione del tackle è molto importante all’interno della linea offensiva. I blocchi sono rinforzati con passi rapidi e capacità di movimento. Prevalentemente, il tackle è responsabile della protezione più esterna. Se il tight end vuole completare un passaggio, il tackle deve difenderlo da chiunque non sia coperto dalla sua guardia o dal tight end stesso. Nella National Football League, gli offensive tackle spesso superano il metro e novanta e i 130 chili di peso.
In realtà il dato che mi interessava era quest’ultimo, per ragioni di similitudine. La riapparizione davanti ai miei occhi di un personaggio di cui non sentivo parlare da un po’, mi aveva ricordato quel ruolo del football di cui non sapevo esattamente il nome. La somiglianza con Luigi Crespi è prima di tutto fisica, ma probabilmente non solo. Di Crespi ci si ricorda la notorietà come sondaggista e pubblicitario di Berlusconi, e di come fosse molto ostentatamente devoto alla causa: ci fu una sua memorabile scena di esultanza in un fuorionda televisivo per i risultati del centrodestra nel 2001 (senza grande scandalo, Crespi si occupava di Forza Italia, e anche di far sapere agli italiani i risultati elettorali, con commesse televisive). Ogni volta che compariva pubblicamente si notava soprattutto una sua certa esuberanza sfacciata. Poi vide una luce ancor più luminosa e raccontò a più riprese dell’essere passato dall’ateismo al buddismo. Nel frattempo cadde in una disgrazia diffusa: si inimicò Berlusconi, e finì addirittura in carcere per la bancarotta della sua società.
Fin qui era quello che mi ricordavo, senza essermi tenuto molto informato. Ho rivisto Crespi in una condizione piuttosto notevole, risorto: alla guida di un’équipe di quattro persone che circondava il ministro Mara Carfagna prima di un’intervista. Teatralmente, erano piuttosto spettacolari: due uomini e due donne, tutti vestiti di nero, l’altro uomo somigliava a Crespi (in ragione dell’essere suo fratello, mi hanno poi spiegato). Il coaching del ministro era gestito da Crespi stesso, che la istruiva e le ricordava – come farebbe un allenatore al suo boxeur nelle pause tra un round e l’altro – cosa pensasse e di cosa fosse convinta. Gli altri aggiungevano sguardi e cenni di solido conforto. Mi aspettavo che il crocchio si separasse con dei cinque, o uno slogan urlato all’unisono, ma quello non è successo. Il ministro però, dopo, era caricato a molla.
Confesso che l’esibizione mi ha affascinato. Non ho trovato una voce di Wikipedia dedicata a Luigi Crespi, ma ho trovato il suo blog, che è divertente quasi quanto quello di Paolo Guzzanti (che non potete esservi perso: si chiama Rivoluzione Italiana). Negli ultimi giorni sul suo blog Crespi ha: attaccato Marano per non aver fatto vincere Belen all’Isola dei Famosi (Marano non lo avrebbe permesso perché Belen è extracomunitaria); contestato Berlusconi per il suo uso politico dei sondaggi (giuro!); pubblicato una poesia ecologista che si conclude con il verso “masticheremo i mobili laccati delle nostre case”; scritto un lungo post sui Templari, la loro attualità e ciò che gli hanno insegnato, a lui Luigi Crespi; annunciato la sua iscrizione a Facebook e il successo “che mi lascia stupefatto” del suo blog (al momento al numero 3134 nella classifica di popolarità dei blog italiani, quella di Blogbabel); ripetuto le sue critiche alla campagna di Daniela Santanché, in vista delle elezioni in “Abbruzzo”; composto un’altra poesia, di cui cito il passaggio “sufica e sublime la ricerca che porta alla scoperta del fiore che dentro di noi si apre al sole della luce, che irradia la via degli uomini dritti e spinati”.
Crespi ha dato di recente un’intervista a Vanity fair in cui racconta delle sue preoccupazioni quando venne contattato per lavorare col ministro Mara Carfagna: “ho pensato: se lavoro con una velina mi sputtano”. Chissà cosa ha pensato il ministro.
Altre voci che ho cercato questa settimana:
Golfo di Guinea
Chris Brown
Medusa
Enzo Jannacci
iTunes 8
Karen Russell
Verdura
Kitsch
Antonio Gramsci
Bad Plus
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