Il Partito democratico, per essere fedele alla sua vocazione, dovrebbe collocare Berlinguer nella sua vera cornice storica: era un comunista internazionalista, sapeva benissimo come si finanziava il partito (rubli e tangenti molto ben organizzate e lubrificate e nascoste alla vista), ma usava la questione morale e della diversità antropologica dei comunisti a fini di lotta politica e di potere, agitando quello che l’irriverente Pajetta definì il suo passaggio “dal materialismo al moralismo storico” come bandiera di una visione ideologica totalitaria della società e del primato del partito integro e puro.
E’ con questo augusto fantasma che volete fare un partito moderno, obamista, democratico all’americana? Non ho nessun motivo di vicinanza o di amicizia per difendere Bassolino e Velardi, la Vincenzi sindaco di Genova, Domenici e i fiorentini eccetera: qualcuno meriterà un giorno un processo, qualcun altro no, qualcuno sarà condannato e qualcun altro no. Ma tutti sono oggi sottoposti a inaudite vessazioni, pettegolezzi, oscure richieste di dimissioni preventive, campagne di diffamazione e di propalazione di mezze e opache verità. Tutti si trovano nella penosa situazione di gogna politica, ideologica e mediatica alla quale sono sottoposti in maniera ricorrente i “sospettati”. E’ una vergogna civile, altro che primato dell’etica, altro che repulisti. Niente è mai stato così torbido come l’uso politico e demagogico della questione morale, che oggi travolge le procure di mezzo sud e di nuovo il sistema dei partiti.
(Giuliano Ferrara, sul Foglio)