Eravamo giovani, eravamo preparati, eravamo curiosi, e avevamo torto

L’intervista a Marco Benedetto che occupa oggi una pagina del Sole24Ore è piuttosto istruttiva. Benedetto è stato fino a pochi mesi fa l’amministratore delegato del gruppo Espresso e presso gli addetti ai lavori è una celebrità. Adesso è alla vigilia del lancio di un’iniziativa editoriale online, che sia il Sole che gli altri gironali che l’hanno annunciata faticano a capire esattamente e a spiegarla a noialtri (un aggregatore, un giornale online, un “quotidiano”, termine del tutto insensato rispetto al web): quel che è chiaro è che si chiamerà Blitz e la testata ricorda quella del giornaletto da teenagers di un quarto di secolo fa.
Ma quello che colpisce di più chi frequenta e conosce internet da tempo è la distanza tra i modi di concepire l’informazione, l’editoria e la rete di Benedetto e quella di noi che ci crediamo comuni mortali. Sono due mondi separati. Benedetto si avvicina a internet con un atteggiamento molto antico e datato, in cui il panorama di riferimento sono i successi di Dagospia e di Chi, e i pochi riferimenti americani non gli risparmiano di definire Nick Denton “un ex giornalista omosessuale del Financial Times” (molte valutazioni più congrue sembrano invece tratte pari pari da qui).
Sarebbe facile trovare insignificante un’iniziativa frutto di riflessioni così semplificate e anacronistiche come quelle che escono dall’intervista. Sarebbe facile dire “ma da che mondo viene”? Invece la ragione per cui la definisco istruttiva è che disegna e racconta un paese e un pubblico potenziale che forse è più vero e rilevante di quello familiare a chi segue più attentamente la rete, le nuove tecnologie e l’informazione internazionale.

L’intervista non è online, ne incollo alcuni passaggi.

“La diminuzione dei lettori non è colpa di internet, ma delle fotocopie. Non c’è rassegna stampa in cui manchino Repubblica e Corriere: ha idea di quante copie si perdano così?”
“Sul mio sito ad esempio con un clic ti stampi la pagina, e gratis”
“In America i giornali che vanno peggio sono quelli che hanno fatto i tagli più radicali”
“I miei siti di riferimento sono Drudge Report, un misto di cattiveria e veleno”
“Da noi oltre ai siti dei grandi giornali ce ne sono alcuni di eccellenti. E non penso solo al bravissimo Dagospia. Ci sono Affaritaliani, il Velino, Informazione…”
“Guardo con attenzione Chi. E guarda caso Chi non ha un sito internet…” (in consenso a una domanda di Paolo Madron che definisce Chi “il vero newsmagazine dei nostri tempi”)

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Un commento su “Eravamo giovani, eravamo preparati, eravamo curiosi, e avevamo torto

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