Il libro di Enrico Mentana (“Passionaccia”) si legge tuttodunfiato, come si dice. Per la curiosità di sapere com’è andata con Mediaset, per l’interesse delle sue valutazioni sulle condizioni del giornalismo televisivo e non, e perché è scritto senza spazio per annoiarsi o distrarsi.
Ma anche perché alla fine, in un capitolo che è insieme un po’ estraneo ai precedenti, ma ne è anche il coronamento, Mentana racconta con grande efficacia e un colpo di scena drammatico una storia sua, una storia di tutti, e un dettaglio che letterariamente e giornalisticamente lascia a boccaperta. La storia di tutti è quella dell’assassinio dell’agente Custra a Milano nel 1977 e dell’individuazione del responsabile Mario Ferrandi da parte del giudice Guido Salvini (raccontata due anni fa anche da Mario Calabresi nel suo libro). Il dettaglio che lascia a boccaperta è che Salvini e Ferrandi da giovani erano stati amici. La storia di Mentana, è che erano stati amici suoi. Il racconto non ve lo rovino, che quello di Mentana è molto più impressionante del mio.
Le vite degli altri
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