Sofri, quello anziano, sul Foglio di oggi.
Nei giorni scorsi sono stato interpellato sull’onore reso dal presidente Napolitano a Pino Pinelli e l’incontro al Quirinale. Non avevo niente da dire in pubblico di un avvenimento che doveva essere riservato alle sue vere protagoniste, per un verso, e per l’altro riguardare tutti gli italiani. Che si ricordasse Pinelli come una vittima – e doppiamente vittima – della strage del 12 dicembre, poteva suscitare due sentimenti opposti: di amarezza, per un riconoscimento che ha dovuto attendere quarant’anni, o di gioia, per un gesto commosso e commovente. In me prevale senz’altro il secondo sentimento. Se ne scrivo oggi, è per il pessimo impulso che ha spinto qualcuno a scrivere il suo slogan sui muri del giornale dove lavora Mario Calabresi. Lo slogan è identico a quelli pronunciati da persone come me quarant’anni fa. Quello che io penso oggi non potrebbe essere scritto a caratteri cubitali su un muro, ha avuto bisogno di un certo numero di pagine e a quelle rimando. Non invidio gli autori attuali dello slogan, che probabilmente vanno orgogliosi di una loro coerenza. Ma la scelta dei luoghi in cui sono andati a rivendicarla è la peggiore possibile.
Pingback: CattivaMaestra