Ma le attenzioni (e le polemiche) si sono concentrate su una foto appuntata sulla divisa: ritrae un eroe della resistenza libica contro gli italiani, Omar Al Muktar, noto come il “leone del deserto”. Non solo: l’ultimo discendente di Al Muktar, ormai ottantenne, è sbucato dall’aereo subito dopo il leader libico.
Da Wittgenstein, settembre dell’anno scorso:
Ho visto per la prima volta questo Lawrence d’Arabia dei poveri, tentativo ambizioso finanziato da Gheddafi di raccontare le mostruosità del colonialismo italiano in un film di epica spettacolarità che imita appunto il capolavoro con Peter O’Toole. Solo che a raccontare le mostruosità riesce molto bene, ma il risultato cinematografico è mediocre e noioso, malgrado il cast col botto: Anthony Quinn fa il leone del titolo, capo dei guerriglieri che resistono all’invasione fascista, poi ci sono Gastone Moschin, Rod Steiger, Oliver Reed nella parte del generale Graziani, Irene Papas, Raf Vallone e John Gielgud. Detto questo, è ridicolo che del film sia tuttora vietata la proiezione in Italia: non ha mai ottenuto il visto della censura su pressioni politiche – attribuite a Giulio Andreotti e all’allora ministro Raffaele Costa, ma si sarebbero poi ripetute – che ritenevano la ricostruzione sgradevole per l’onore dell’Italia. Il regista siriano del film, Mustafa Akkad – che era stato tra l’altro produttore della serie di film de paura “Halloween” – è stato ucciso assieme a sua figlia nel 2005 in uno degli attentati kamikaze di Al Qaeda ad Amman.
Ma ora:
L’11 giugno, in concomitanza con la storica visita di Muammar Gheddafi a Roma, per la prima volta in Italia verrà trasmesso il film sul condottiero Omar al-Mukhtar che guidò la resistenza libica contro l’esercito di Mussolini.
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