Nasce in California, in quella sorta di “distretto dell’innovazione” a tutti noto come Silicon Valley, presso l’Ames Campus della Nasa, la Singularity University. A dirigerla sarà Ray Kurzweil, tra i più accreditati futurologi del globo, sostenuto in questo suo progetto da personalità come Larry Page, fondatore di Google, Peter Diamandis, amministratore delegato della X Prize Foundation (una fondazione Usa che si occupa di progetti per lo sviluppo dell’umanità), Pete Worden, direttore dell’Ames Research Center della Nasa, Robert Richard e Michael Simpson, rispettivamente fondatore e rettore della International Space University. Presentata al mondo intero nel gennaio scorso, la Singularity University inaugurerà il suo primo anno accademico la prossima settimana e per i 40 studenti ammessi a frequentare questo primo ciclo di corsi sarà senz’altro un’esperienza formativa davvero fuori dal comune.
Ho parlato con Peter Diamandis, su Wired appena uscito.
Non è un nome in controtendenza “singularity university”, in tempi di partecipazione, di condivisione, di esaltazione della forza delle comunità?
Beh, non è che il nome sia la cosa più importante. Ma non si riferisce alle persone “singole”, quanto piuttosto a un concetto fisico, una cosa che parte addirittura dai buchi neri…
Ok, ma mi stavo chiedendo se un’accademia che cerchi di premiare e aiutare i talenti pensa quindi che la storia la cambino i singoli, piuttosto che i popoli…
Io credo che i grandi cambiamenti vengano dagli individui e dai piccoli gruppi capaci di prendersi grandi rischi e fare cose straordinarie. È molto raro che delle svolte storiche arrivino da una grande organizzazione. Quando avviene è perché un individuo o un piccolo gruppo di individui al loro interno si prende dei rischi e assume una leadership.
Ed è una cosa che puoi insegnare in una università?
Secondo me i veri leader, i pionieri, esistono. Noi vogliamo individuarli e attrarli: persone estremamente brillanti, i migliori nei loro campi. Vogliamo metterli assieme, farli conoscere, e aggiornarli su quel che avviene nei campi che non sono il loro. Perché le svolte avvengano all’intersezione di queste aree, la cui crescita è esponenziale.
Ma cercare di stimolare persone già così appassionate e motivate non è superfluo? La X-Prize Foundation concede enormi premi in denaro per imprese enormi che si compirebbero comunque, come il primo viaggio privato nello spazio: non sarebbe meglio finanziare progetti che altrimenti non sarebbero sviluppati?
Beh, non so. Sì, a fare i conti i nostri premi in denaro coprono da un decimo a un quarantesimo delle spese sostenute per i progetti che premiamo. Ma i soldi non sono la ragione per cui la gente partecipa, sono una credenziale che dà credibilità e visibilità alle nostre intenzioni.
E tra queste intenzioni tu sei sempre concentrato principalmente sull’esplorazione spaziale, che è la tua storia, o hai esteso le curiosità rispetto al futuro?
Ho due grandi passioni: resto affezionato all’allargamento delle frontiere dello spazio e molte delle compagnie di cui mi occupo sono dedicate a questo. Ma l’altro mio grande interesse è cercare dei risultati sulle grandi sfide dell’umanità: io credo che tutti i nostri grandi problemi – fame, povertà, malattie – si risolvono sostenendo e finanziando le persone più in gamba e permettendo loro di concentrarsi su queste questioni. Quindi sì, mi appassiona ancora molto cercare di risolvere i più grandi guai del mondo, e le cose che faccio vanno in questo senso.
E quindi spiegami dello spazio: ci appassiona per umana curiosità o perché questo può fare qualcosa per il genere umano?
Per me è la mia missione. Credo sia la cosa più importante per gli orizzonti del genere umano. Ho avuto l’onore di far volare nello spazio Stephen Hawking, e lui disse allora che non c’è un futuro per gli uomini se non esplorano lo spazio. Pensa a tutte le cose importanti sul nostro pianeta, le cose su cui combattiamo guerre, le materie prime, l’energia, il territorio: esistono in quantità infinita fuori da qui. Il futuro di queste risorse è lontano dalla terra.
Però non sempre le grandi scoperte scientifiche hanno fatto il bene dell’umanità intera…
Noi lavoriamo per il bene dell’umanità. E pensiamo che le tappe di questo percorso si raggiungano in piccoli gruppi e istituzioni, come quelli che sostieniamo con la Singularity University e la X Prize Foundation. Io non credo nei governi né nelle grandi società, rispetto a questo. Non sono in grado di cambiare il mondo con la velocità necessaria. Non si possono permettere i rischi necessari. Perché se falliscono, le conseguenze sono catastrofiche.
E come li trovano i soldi, i gruppi di cui parli?
I soldi non sono un problema, è pieno di soldi, in giro. Li trovano nella filantropia: ci sono molti milionari che spendono in macchine costose o in case in Italia: li possono spendere anche per risolvere i problemi del mondo, no? Poi ci sono le sponsorizzazioni, quelle che altrimenti investono negli eventi sportivi.
E in tempi di crisi non è difficile?
La crisi passerà. Sì, per un paio di anni spenderanno meno, ma noi non guardiamo al breve termine. Possiamo permetterci di rallentare per qualche tempo, non è importante.
Ho visto che avevi otto anni, te lo ricordi lo sbarco sulla luna?
Una vaga memoria, in realtà mi sono innamorato davvero della missione dell’Apollo 13, nel 1970.
E ti sei mai chiesto da ragazzo se magari fosse tutta una balla, come sostengono i matti cospirazionisti?
Una balla cosa?
Sai la storia che non sono andati sulla luna, e tutto quel mondo di congetture, ti ha mai incuriosito?
Ma è ridicolo! Mi meraviglio che tu me lo domandi!
Peter, mica sto cercando di convincerti, mi chiedevo se uno come te…
Ma figuriamoci: è pieno di imbecilli, in giro!
Ok, ok, non ti avevo domandato se pensi che le teorie siano vere. Lasciamo stare. È che quel film con Elliott Gould non era niente male…
Luca, tra dieci minuti devo andare. Vuoi davvero passarli a parlare di questo?
No?
Dai. Prossima domanda.
Va bene. Andare nello spazio è anche una cosa che ti incuriosisce e diverte personalmente?
Eccome. Tutte le volte che posso salire su una cosa che vola lo faccio sempre con grande eccitazione. Il mio obiettivo personale è di poter mettere piede sulla luna, al giorno. Uno dei primi astronauti privati sulla luna.
E quali ostacoli devi affrontare rispetto questi progetti?
Trovare i soldi. È più facile di un tempo, ma è la cosa che ci impegna di più. Bisogna convincere le persone che queste cose sono possibili, cambiare le idee dell’opinione pubblica sull’accessibilità dello spazio e sul fatto che questi progetti siano realizzabili.
Quindi la Singular University serve a diffondere nuove idee o ad allenare persone straordinarie?
La priorità è sulle persone. Prima un laboratorio di persone, poi un laboratorio di idee. Le idee vengono alle persone.