Circolano in rete grandi discussioni sul significato della serata Raiperunanotte di ieri. Non parlo quindi dei commenti sul suo contenuto. Piuttosto dell’eventualità che il suo piccolo ma cospicuo successo di pubblico online segnali una “rivoluzione” o anche la prima tappa di un cambiamento. Lo vedremo, ma intanto io vorrei suggerire moderazione: l’attribuire un di più di notizia e sensazione a quello che avviene in rete solo per il glamour modernista della rete è una debolezza che i media si trascinano dietro da più di un decennio e almeno in rete non dovremmo venirne contagiati.
Quello che è successo ieri sera è che un programma tv è stato visto nei computer invece che nei televisori. Però era un programma tv , niente di tecnicamente o formalmente rivoluzionario. Alcuni – un piccolo gruppetto – lo hanno commentato su Twitter o Friendfeed: ma già lo fanno con i programmi tv abituali. Quanto a guardare la tv nel computer, lo facciamo in molti ormai con grande frequenza, si tratti di streaming o programmi scaricati.
Insomma, l’anomalia televisiva italiana non dovrebbe farci pensare che la televisione sia il contenitore: è il contenuto (lo stesso Zoro, è diventato tv senza spostare una virgola), anche se il mezzo è il messaggio e non tutti i contenitori consentono la social tv, chatroulette, i citizen video. Ma quello di ieri sera era un programma tv, con alti e bassi e parecchie autopacche sulle spalle: faceva giustamente riflettere sull’Italia, non sulla rete.
Teniamo anche conto che in molti hanno seguito il programma in tv su Skytg24
io stesso l’ho visto su repubblicatv, digitale terrestre.
però è vero: ormai sono più le cose che vedo in streaming che quelle sulla tv tradizionale: i “prodotti televisivi” che seguo sono praticamente solo le serie, e per quelle il download/streaming (anche a pagamento, eh) è il mezzo ideale di fruizione.
Secondo me non metti a fuoco il punto, quando dici che “un programma tv è stato visto nei computer invece che nei televisori.”
Il programma è stato visto nei bar, nei cinema e nelle piazze, come si faceva cinquant’anni fa con le prime trasmissioni tivù. E qualche cosa questo vorrà dire.
E poi, quando fai un programma tivù devi rispondere in termini di ascolti e contenuti a chi ti manda in onda, mentre ieri sera ognuno dei intervenuti rispondeva solo a sé stesso: anche perché gli ascolti non erano quantificabili, e questa mi pare appunto una discreta rivoluzione.
esatto: visto sul digitale terrestre era una puntata di anno zero con qualche ospite in più e un po’ più di spettacolo. tutto qui
Io credo che essenzialmente chi parla di rivoluzione non intenda tanto il fatto che sia stato un evento crossmediale, seppur di dimensioni finalmente “apprezzabili”, quanto il fatto che forse per la prima volta la Rete ha dimostrato di poter essere anche in un paese arretrato tecnologicamente come l’Italia il piede di porco per violare l’oligopolio Raiset sull’informazione e la diffusione di contenuti.
I giornali e ancora di più i libri sono letti da una minoranza, la gran parte delle persone attinge le proprie notizie dalla TV generalista, dove è sostanzialmente impossibile far entrare nuovi players.
Non è un caso che, da Grillo al “popolo viola” i più significativi movimenti d’opinione e ribellione degli ultimi decenni siano nati sulla Rete.
Io non credo che quello che è stato fatto ieri sera fosse solo un programma TV, e questo proprio in ragione dei contenuti, che non erano pensabili per un programma TV (pensate a Luttazzi che parla del sesso anale). Penso invece che rispondesse alla logica della rete, che fosse “interattivo” almeno nei termini minimi in cui un pubblico che reclama qualcosa ottiene dalla rete quello che non può avere dalla televisione pubblica (che, come gustamente ricodato nel corso del programma, in Italia è fatta a misura dei politici, non del popolo). Poi, oh, è un punto di partenza, mica d’arrivo. La televisione ci ha messo decenni a costruire un modello di comunicazione, non è che lo cambi tutto subito.
dati auditel danno santoro al 13% di share.
300mila sul web.
“un piccolo ma cospicuo successo”.
Io ho visto raiperunanotte comodamente in poltrona davanti al televisore perché SkyTg24 ha trasmesso in diretta da Bologna.
Ho trovato Luttazzi all’altezza di Lenny Bruce, una performance urticante.
Se penso che la quasi totalità dei cittadini nutre il suo cervello solo ed esclusivamente di televisione, mi sento male. Quante generazioni si è già pappata la tv? E qualcuno ha il coraggio di fare i complimenti a internet, di riconoscere il valore di internet perché ieri la rete è stata usata per guardare una trasmissione televisiva. Assurdo. Viviamo in un romanzo di Philip Dick, circondati dai dinosauri.
Finalmente un commento che ridimensiona la serata di ieri sera: pensavo di essermi perso la rivoluzione per andare ad un pranzo di gala…
Comunque ai tempi della sospensione di Raiot la Guzzanti aveva fatto una puntata/spettacolo su internet che per quello che posso capire (non avendo visto la serata di ieri) non è stata molto dissimile da Rai per una notte.
L’unica differenza è che ai tempi non c’era Facebook, non c’era twitter e c’erano molti meno blog (il mio non c’era ad esempio) e che quindi il “buzz” è stato molto più ridotto.
Direi una evoluzione quindi.
Per Raffaele: io leggevo già qualcosa per conto mio, in maniera grossolana e istintiva, reduce dal disgusto trasmessomi da insegnanti ottusi, ma è grazie a Pickwick di Alessandro Baricco che ho scoperto la meraviglia e la ricchezza della lettura dei libri. Ed era un programma televisivo. :-)
Non è automatico che la TV sia cacca, dipende da cosa trasmette e perchè.
In merito a Reiperunanotte sono contento che sia andato in onda a prescindere dalla censura. E non sono uno spettatore abituale di Annozero. Di Report e Passepartout sì però.
@Jan Hai ragione, forse esagero, ci sono trasmissioni interessanti. Poche e spesso di notte (per un vecchietto precoce come me è notte alle 22 ormai ;))), ma ci sono e sono molto valide. Report è un ottimo esempio. Mi ricordo Pickwick, ai tempi la consideravo un’oasi nel deserto.
Il fatto è che il mezzo condiziona anche il contenuto: un programma come quello di ieri sera non sarebbe mai potuto essere trasmesso sulla RAI o su Mediaset.
Ma, scusate, quale rivoluzione? Quello di ieri non era né un programma TV né un programma Internet: era un evento a senso unico con uno share che sarebbe mediocre per una TV generalista, con nomi di primo piano, che si può fare due volte l’anno, se va bene. Altrimenti, chi paga?
Ripeto, ho l’impressione che la semplificazione “tv cattiva – internet buona” sia indotta soprattutto dall’anomalia italiana: la pessima qualità della programmazione televisiva non dipende dal contenitore, dipende dal disastro culturale e politico italiano. Non c’è ragione di pensare che internet offra cose migliori: ne offre di più, e questa è comunque una qualità, ma nessuno di noi ha visto in rete cose migliori di quelle che ha visto in tv nell’ultimo anno, tutto sommato, direi. Ed è difficile immaginare che il mercato in rete offra chances di investimento e produzione di qualità all’altezza. Insomma, non investirei tanto nell’abbattere la tv in favore della rete, ma nel cambiare l’Italia e i suoi funzionamenti. Certo, la prima cosa potrebbe servire alla seconda, sosterranno alcuni: ma sapete una cosa? Non credo.
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Quella di Santoro è stata una trasmissione TV trasmessa (anche) sulla rete. Nessuna innovazione, ok. La novità sta nel fatto che la rete ha svolto egregiamente il ruolo di piattaforma alternativa, supplendo alla chiusura (censoria) di quella tradizionale. Da oggi (ma anche da ieri) in poi i censori sanno che se chiudono (o se pensano di chiudere) una trasmissione in virtù dei suoi contenuti, quella – invece di morire – può sopravvivere e continuare ad essere vista in altro modo.
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