Lettera da Varsavia

Salve
Abito a Varsavia da un paio di anni e la mia famiglia acquisita e’ polacca. Mastico un po’ di polacco ed ho quindi accesso, seppur parziale, alle fonti di informazione polacche.
Al contrario di quanto scritto da Sergio Romano, credo sul Corriere, e da altri opinionisti/giornalisti su altri quotidiani italiani, nei giorni successivi all’incidente qui in Polonia nessuno ha mai sostenuto la tesi complottistica.
E cio’ nonostante i rapporti non idilliaci con i russi e la vaga tendenza dei polacchi ad autoflagellarsi e ad autocommiserarsi.
Tutti sono rimasti abbastanza stupiti dagli sforzi diplomatici russi e dalla copertura mediatica dedicata all’evento dalle emittenti russe – fino alla grande sorpresa per la decisione di trasmettere in prima serata sull’emittente nazionale russa il film di Wajda su Katyń – decisione incredibile, se si pensa che fino ad un paio di anni fa ancora i russi non ammettevano le loro responsabilita’ sull’eccidio.
Sulle cause dell’incidente, fin dal primo giorno e’ stato tenuto in considerazione il temperamento del presidente Kaczynski, il quale in un precedente viaggio aveva fatto pressione sul pilota perche’ atterrasse nonostante le condizioni non ottimali, il pilota aveva deciso di atterrare altrove e poi subito dopo il viaggio era stato licenziato.
Mi rendo conto che la notizia potrebbe non interessare molti, ma ho avuto un certo moto di rabbia mista a delusione quando ho letto il titolo dell’articolo e l’ho confrontato con la realta’ dei fatti. Politicamente Kaczynski non era condiviso da buona parte dei polacchi, ma il dramma umano rimane e vederci costruire sopra delle superficiali congetture e’ abbastanza sgradevole. La saluto cordialmente

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7 commenti su “Lettera da Varsavia

  1. Esau Sanchez

    Sì, però, basta con ‘sta storia: i giornali italiani, i giornali italiani, i giornali italiani…

    E allora in Inghilterra che cosa dovrebbero dire, dove certi quotidiani sì che le sparano grosse (vedi il prestigiosissimo Times). E pure in America non sono mica tutti il Washington Post e il New York Times…

    Ovunque ci sono sciatterie, imprecisioni, esagerazioni, mettersi li’ a giudicare e’ esercizio divertente, ma quando si sta dall’altra parte della barricata – dentro i giornali – le cose cambiano perche’ uno si confronta ogni giorno con difficoltà, querele, interviste che saltano, e via dicendo.

    E i giornali italiani fanno anche tante, tantissime cose buone: e speriamo che abbiano ancora lunga vita. Che poi sarà lunga la vita anche di quelli che li prendono come spunto per dire la loro.

  2. kriss

    A me sembra che la lettera sia sufficientemente pacata e rigorosa. Cosa che non si può dire di molti (troppi) giornali italiani che ormai (almeno nei titoli strillati e sciatti) sono diventati illeggibili. O quasi. Poi, sinceramente, non leggo più un’inchiesta come si deve da secoli, a parte il ciarpame da CSI de noartri quando c’è un delitto pruriginoso.
    Gli amici e famigliari che vivono all’estero segnalano ogni giorno piccoli e grandi disgusti di questo tipo. Tutti che remano contro? Tutti disfattisti? Tutti emissari delle forse del MAle contro quelle del Bene (il giornalismo italiano)? Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò, perche era principe e signore dentro.

  3. tuscanfoodie

    Esau, una domanda: quale sarebbero pero’ da noi i Washington Post e i New York Times? Perche’ il Corriere e Repubblica – che dovrebbero essere forse i nostri giornali piu’ prestigiosi – mi pare siano anche quelli nei quali le notizie vengono abbastanza travisate.

    Esempio recente: un articolo sul corriere diceva che la sperimentazione Kindle in un’universita’ americana non aveva funzionato, e che tutti gli studenti avevano rinunciato al kindle. Sono andato sulla fonte citata americana, e ho scoperto che vi si diceva esattamente il contrario, e cioe’ che NESSUNO studente aveva restituito il Kindle.

    Cosi’, per dire. se non ce la fanno a capire l’inglese – che dovrebbe essere lingua abbastanza conosciuta – figuriamoci col polacco.

    Poi oh, ci sta tutto nella vita.

  4. Massimo

    Sì, è capitato anche a me di leggere su Rep o il Corriere articoli, specialmente scientifici, e poi scoprire che la fonte diceva cose del tutto diverse. In quei casi non era frode o malafede, semplicemente chi aveva tradotto non conosceva l’inglese e/o la terminologia utilizzata.
    Spero almeno che fossero dei precari da 800 euro al mese, ché se erano giornalisti col contratto full c’è da spararsi.

  5. Esau Sanchez

    @tuscanfoodie. Da noi non ci sono il New York Times e il Washington Post perche’ non siamo un Paese grande (o un grande Paese) come gli Stati Uniti.

    Piuttosto, è semmai più preoccupante che, con tante anime agguerrite fuori dai giornali, non ci siano ancora giornali elettronici o blog in grado di incidere davvero nell’informazione, invece di criticarla/riportarla.

  6. Pingback: Links for 14/04/2010 | Giordani.org

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