La politica del “closet”

Da ieri mi faccio domande sulla questione sollevata da Andrew Sullivan rispetto agli orientamenti sessuali di Elena Kagan, nuovo giudice della Corte Suprema americana. In realtà me le faccio da un sacco di tempo: e soprattutto se le fanno in moltissimi con maggiori approfondimenti e riflessioni di me. Ma a me il tema interessa non solo perché è interessante di per sé – i gay hanno il diritto alla riservatezza sul proprio essere gay o hanno il dovere di non nasconderlo? – ma perché è un caso notevolissimo di impossibilità di prendere una posizione certa e giusta: e perché discuto da tempo di come su moltissime questioni sia impossibile prendere una posizione certa e giusta “in generale” (e a volte persino in particolare).

La storia è questa. Si dice che Elena Kagan sia gay. Se lo è, lei lo nasconde. Come in ogni scelta del genere, la considerazione è quindi se sia un suo diritto, e siano fatti suoi, o se il tenerlo nascosto sia un implicito avallo delle discriminazioni, della vita nel “closet”, come dicono i gay americani: se sia una viltà nei confronti delle battaglie per l’emancipazione degli omosessuali, una sottrazione alle proprie responsabilità in questo senso, un’involontaria ammissione di inferiorità. Sappiamo infatti che i passi avanti sul rispetto dei gay si devono anche, e molto, alle scelte di pubblicità fatte da molti omosessuali importanti, che con coraggio ed esempio hanno messo bigotti e ignoranti di fronte alla normalità della loro condizione. E sappiamo che Elena Kagan è oggi una delle donne più importanti, autorevoli e potenti degli Stati Uniti. Sapere che questa donna è omosessuale sarebbe una conquista notevole, e se c’è qualcuno che se lo può permettere senza rischiare persecuzioni – o rischiandole avendo le spalle larghe – è lei.

Però sono sgradevoli gli outing prepotenti, come quello che Sullivan vuole mettere in piedi. La storia dell’outing di Rock Hudson mi aveva molto colpito, a suo tempo: una violenza, eppure prodiga di lezioni positive per tutti. Nessuno dovrebbe costringere Elena Kagan a parlare dei suoi orientamenti sessuali, ma il giorno in cui siano irrilevanti è ancora lontano. Insomma, non credo sia giusto pretendere da nessuno che dica di essere omosessuale, mai. Ma sperarlo, in alcuni casi, è comprensibile.

update: ora ne ha scritto sul Post, Ivan Scalfarotto, motivando con più equilibrio e lealtà l’opinione di Sullivan.

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7 commenti su “La politica del “closet”

  1. Pingback: Kagan e coming out « ed ora guardiamo oltre…

  2. Francesca

    Non le pare che questo “SI DICE” (Si dice che Elena Kagan sia gay) cambi completamente le cose?

    Non le pare che ci sia una bella differenza (di civiltà, per esempio) fra affermare: “Chi è gay dica di essere gay, tanto più se è una figura delle Istituzioni”, e affermare “poiché SI DICE che sia gay allora dovrebbe dichiarare il suo orientamento sessuale, qualsiasi esso sia”?

    E perché allora non doverlo dichiarare se SI DICESSE che è straight?

    O dovrebbe dichiarare chiunque il suo orientamento sessuale (qualsiasi) semplicemente perché è candidato ad una carica nelle Istituzioni, come si dichiara la propria cittadinanza?

    Come diavolo potete pensare che le grandi questioni della vita civile debbano dipendere da un SI DICE, o che possano essere nella mani di chi per un motivo qualsiasi ha il potere di trasformare un SI DICE in una coercizione a dichiarare qualsiasi cosa, tipo “SI DICE che mangi carne il venerdì e partecipi a messe nere”?

  3. CiroIpp

    Non esiste. Forzare qualcuno a rispondere ad una domanda del genere e’ criminale. Ci sono implicazioni personali e private che trascendono dal pubblico di una persona. Ci sono barriere culturali che non possono essere affrontate con un articolo su un giornale o un servizio in tv. Ci sono temi non possono prescindere dalla maturita’ della societa’: e la civilta’ umana ha toccato picchi piu’ alti in ambito sessuale rispetto alla situazione “occidente 2010”. E poi cosa sarebbe? Una domanda alle intenzioni? Oppure occorrerebbe entrare nello specifico? Il livello di intimita’ raggiunto? Ammissione di , un ancora punibile in parecchi stati, sodomia? Il momento in cui sara’ irrilevante per un omosessuale parlare del proprio orientamento sessuale coincidera’ con quello in cui sara’ irrilevante conoscere i gusti sessuali di tutti: immagina quante famiglie resisterebbero all’urto. E, battute a parte, ad ogni modo scomparirebbe del tutto la domanda “sei gay” in un una gamma di grigi molto piu’ sfumata di quello che si voglia credere (o dipingere per campagne politiche). Visto che per te la domanda sarebbe legittima: in una scala eterosessuaritmica (sigh) da 1 a 100 dove ti poni? E tua moglie? Vi ho sempre considerato entrambi “parecchio omosessuali” (quindi nessuna sorpresa vi siate sposati :) ). Sai SI DICE che…

  4. Pingback: Ci sarebbe tipo la crisi economica. « Caffé al banco

  5. Francesca

    Ha per caso cambiato il testo di questo post?

    Vabbé.

    Allora, a proposito di “SI DICE”: non era lei che ha riferito di non so quale relatore al “festival del giornalismo” che parlava di “SI DICE-” o “SAREBBE-journalism” che affligge i giornali (italiani) detti ‘mainstream’?
    Non è almeno in parte su questa questione che ha messo su “Il Post”, giornale off- o side-stream?

  6. Dombrechi

    Credo che questo post sia una cagata.
    Il problema non è se va a letto con uomini, donne, frullatori o capre, il problema è se fa bene il suo lavoro. Una volta tanto, a mio parere, il Signor Sofri sballa le quote.

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