Il commissario governativo che sta guidando Bologna in assenza del sindaco, il prefetto Annamaria Cancellieri, è stata a dare un’occhiata al famigerato Pratello, la strada della città indicata come “centro della movida notturna” e sentina di degrado e disordine cittadino, e il suo commento è stato questo:
“I locali erano molto pieni ma era un ambiente molto tranquillo. Mi è sembrata una piccola strada di Parigi, molto bella, molto vivace, con la gente che mangiava. Un po’ piena di graffiti che non mancano mai. Era molto tranquilla, ma sicuramente il rumore per quello che abitano di sopra c’è”
La trovo una reazione inaspettatamente intelligente, di questi tempi.
Non dico che si debba avere una reazione isteirca. Però il problema di chi ci abita esiste. E mi meraviglia che sia considerato così poco. Che non ci si voglia mettere nei panni dei residenti. Capisco il piacere della vita serale in città. Ma anche dormire, leggere, chiacchierare, guardare la tv in casa propria, e magari con le finestre aperte è un diritto. E forse su un piano più essenziale.
Immagino si faccia riferimento al giretto della Cancellieri di tarda ieri sera, visto che l’ho incrociata proprio al Pratello con uno stuolo di giornalisti e fotografi.
Peccato che fare un giro al Pratello il lunedì sera sia davvero poco attendibile (era tutto vuoto, chissà cosa avrebbe detto dei volumi se fosse passata di sabato), ma forse è meglio così, ci mancano solo altre ordinanze comunali oltre alle famigerate in vigore dall’era Cofferati.
Per tanti anni sono stato tra quelli che erano “sotto” e un po’ di rumore lo creavano. Epperò sentivo di solidarizzare con quelli che invece erano “sopra” e che volevano dormire. Anzi a dirla tutta non ho mai capito quali fossero le ragioni dei casinari. Facciamo casino perché Sì? Boh, non ricordo.
Facciamo casino perchè siamo giovani ci godiamo la vita e abbiamo bevuto. Circa.
Posto che dormire è un diritto sacrosanto, bisognerebbe interrogarsi su alcuni “dettagli” di questo degrado (etichetta che a Bologna da un po’ di tempo viene appiccicata un po’ a casaccio).
In altre città europee l’università si fa carico delle esigenze – fisiologiche, direi io – degli studenti, anche dopo la fine delle lezioni.
Bisogna essere un po’ sadici per dire a una persona che il suo diritto di dormire tranquillo non esiste.
Ma bisogna esserlo altrettanto per dire a un ventenne – sono migliaia, pagano tasse universitarie e affitti stratosferici – che a Bologna deve solo aprire il portafoglio e per tutto il resto deve recarsi altrove.
Quando sono arrivato a Bologna le piazze (S.Francesco, S.Stefano, piazza Maggiore) erano sempre piene, negli ultimi anni si sono svuotate a furia di ordinanze e sequestri. I locali storici di via del Pratello (quelli che non hanno già chiuso) sono soggetti a restrizioni continue.
Qualcuno dormirà meglio, ma siamo sicuri che non ci sia il rischio di sgretolare un’identità costruita in decenni?
Parliamo di una città i cui splendidi e famosissimi portici sono nati per aumentare i metri quadrati ed accogliere gli studenti dell’università che Carducci ha definito la più antica d’Occidente.
A furia di allontanare gli studenti, il silenzio rischia più che conciliare il sonno, di diventare assordante.