Notizie che non lo erano e poi ti condannano

Stamattina a pagina 34 del Corriere della Sera è pubblicata la sentenza del Tribunale di Milano che condanna una giornalista del Corriere e l’allora direttore Paolo Mieli per un articolo di tre anni fa che accusava una società di viaggi di aver ingannato i clienti sulla reale distanza dal mare di un albergo reclamizzato. L’articolo è definito “diffamatorio” nella sentenza: “sul punto le dichiarazioni pubblicitarie erano veritiere e corrette”.

Tanti pensieri ci si potrebbero fare. Era un articolo assai marginale, come se ne pubblicano tanti ogni giorno, e l’informazione errata occupava due righe in mezzo a molte altre cose: figuriamoci se il direttore ne era vagamente a conoscenza, e va’ a sapere i reali dettagli della contesa. E però immaginate cosa succederebbe se per ogni informazione errata contenuta sui giornali ci fosse una denuncia e una sentenza di condanna successiva. I giornali italiani così come sono ora chiuderebbero, o cambierebbero: i direttori striglierebbero i giornalisti sull’accuratezza (invece di incentivarli sul sensazionalismo) e i giornalisti starebbero più attenti, e darebbero notizie vere.

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12 commenti su “Notizie che non lo erano e poi ti condannano

  1. m

    Condivido, sono per una piena responsabilizzazione dei professionisti, qualunque mestiere essi facciano. Non vedo perché in certi campi se sbagli puoi subire un processo penale, mentre in altri ambiti tutto è scontato e lecito. Ognuno dovrebbe essere in grado, in qualunque momento, di poter giustificare ciò che fatto, detto o scritto. In caso contrario è preferibile starsene fermi e in silenzio e forse si impara anche qualcosa.

  2. frenki

    Condivido, ma in parte anche no. Premetto che non ho idea di cosa accada al Corriere e in che situazione sia quella giornalista.
    Ma.
    In molti quotidiani e giornali, anche “nazionali”, il grosso del lavoro giornalistico è fatto da precari, magari contrattualizzati con un vecchio cococo. Ovvero: un lavoro a cottimo. Del tipo, un pezzo = 15 euro lordi. Sto parlando di uno dei contratti più favorevoli. E non importa se per farlo ci si mette 10 minuti o due giorni. Se non si scrive un tot non si porta a casa uno stipendio, nemmeno di sopravvivenza.

    Hai voglia a controllare sempre ciò che si scrive, ogni tanto le inesattezze capitano…

    Quindi “…i direttori striglierebbero i giornalisti sull’accuratezza (invece di incentivarli sul sensazionalismo) e i giornalisti starebbero più attenti, e darebbero notizie vere… “, molto bene, ma prima dovrebbero essere tutti “giornalisti”.

    ciau

  3. Saverio Fulci

    un giro di vite ci vuole. Troppo spesso gli articoli dei giornali denotano un pressapochismo scandaloso tutto volto alla notizia urlata. Vi ricordate l’influenza A?

  4. L.G.

    Un classico esempio di limitazione della libertà di opinione al pubblico, appunto limitata alla verità fattuale.

  5. pfra64

    Concordo sul giro di vite, aggiungo inoltre che anche i lettori dovrebbero ‘punire’ o almeno censurare comportamenti giornalistici smaccatamente strumentali, come le inchieste “ad orolegeria”, falsi scoop in cui compaiono tardivamente ed in sordina le scuse, e così via.

  6. Simonluca Merlante

    Probabilmente hai ragione per quello che riguarda i testi. Ma parliamo anche delle immagini? Molto più potenti in termini di impatto sul lettore, e le cui fonti sono ancora più raramente citate rispetto a quelle delle notizie “testuali”.
    L’ultimo esempio è quello della photoshoppata de La Padania che riguardava CGIL e rom: non ho idea se la notizia contenesse errori, ma certamente l’immagine era falsa. Si potrebbe far causa? Si dovrebbe?
    La questione può diventare anche più sottile: immaginiamo che un giornale ostile a Fini pubblichi, con riferimento al discorso di Mirabello, una vecchia foto di Fini che fa il saluto fascista. La foto magari è veritiera, ma se sprovvista di didascalia è chiaramente mendace: fa pensare che Fini abbia alzato il braccio all’ultimo comizio. Anche qui, è solo una questione di etica o si configura una vera diffamazione?

  7. piti

    I modi in cui l’informazione veicola delle bugie sono infiniti. Oggi sulla Stampa si parlava dello sciopero della metropolitana a Londra a causa dell’annuncio di 800 licenziamenti. L’articolo era tutto teso a far credere che uno sciopero di quel settore in quella città fosse una cosa inaudita. Quando soltanto un anno fa ce ne fu uno di 48 ore, che mise per strada tre o quattro mlndi persone, motivato da un rinnovo contrattuale giudicato insufficiente.
    E come si fa, a parte le doverose smetite di panzane puntuali e dimostrabili come quella di cui parl aquesto post, a recuperare ogni insinuazione fasulla?

    E siamo certi che i lettori vogliano la verità e non una conferma dei loro pregiudizi e continuerebbero a comprare un giornale che glieli demolisse?

  8. cristiano valli

    “E però immaginate cosa succederebbe se per ogni informazione errata contenuta sui giornali ci fosse una denuncia e una sentenza di condanna successiva”.

    guarda luca che succede. solo che in genere si sistema in via extragiudiziale e quindi non si arriva ad una condanna e non si sa. “il giornale” di querele ne riceve tante al giorno e l’ufficio legale smaltisce risarcimenti come se piovessero.

    conosco alcuni “professionisti” del settore che ogni volta che qualche testata li accosta in modo poco chiaro agli anni settanta, querelano. in genere nel giro di mezza giornata chiama l’ufficio legale offrendo ennemila euro per sistemare la cosa.

    i più solerti in tal senso sono gli ex-fascisti. che si deve stare attenti a dirglielo, ché del risarcimento per diffamazione hanno fatto una professione.

    però ribadisco che è una prassi quasi quotidiana. in genere caratteristica del direttore di testata giornalistica è quella di avere in corso ennecento procedimenti per gli anni a seguire…

  9. Luca

    Cristiano, posto che la mia era una fantasia e non un auspicio – ci mancherebbe la soluzione giudiziaria anche ai problemi del giornalismo – ti sbagli: tu parli solo degli errori che implicano diffamazioni e quindi un danneggiato diretto che sporga denuncia: anche in questo caso quelli che lo fanno sono una minima frazione rispetto a tutti i soggetti a errore o falsità. Se di me scrivono che ho 60 anni o che ho rischiato di morire nella vasca da bagno, io mica li denuncio. E però è una cialtronata.
    Poi ci sono tutti gli errori e le falsità che addirittura non riguardano persone fisiche potenzialmente querelanti, e allora ripeto che il caso in esame e quelli di cui tu parli sono un millesimo delle inesattezze da correggere nei giornali italiani.

  10. cristiano valli

    si scusa, hai ragione. è che non era immediato il passaggio dal concreto caso di diffamazione alla tua suggestione. o perlomeno non lo era per me.

    e comunque a me han dato dei soldi perché mi han definito pasdaran [che può esser diffamante solo in un mondo senza figure retoriche]. secondo me se ti danno del sessantenne qualcosa la pigli anche tu…

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