Caro Giuliano, se tu insegni alla gente che il proprio pensiero si esprime attraverso i metodi e i toni del tifo, poi quando quel pensiero non c’è più, resta il tifo. Ciao.
Nessuno di noi che lavoriamo con impegno dalla parte del male, vista la fragilità imparaticcia del bene, si augurava questo esito infelice e argilloso. Ma lo si era ben visto già nell’ultima campagna elettorale, e prima nella stentata vita del governicchio Prodi, e nella farragine senza senso in cui affonda l’opposizione, mentre la maggioranza dà nutrimento allo spirito di divisione che la possiede: ormai una parte del paese, ed è quella di maggioranza, vuole sentire rappresentato a tono solo e soltanto il proprio tifo, e in particolare il nero nulla che si annida in ogni stato d’animo fazioso, la noia esistenziale e il profondo schifo che suscitano gli altri in chi si senta attaccato nella propria identità e dignità, qualunque cosa queste due parole significhino per il cittadino Joe, per il campione del rancore sociale e politico che ormai occupa la scena senza rivali.
(dall’editoriale di oggi del direttore del Foglio)
Bellissima osservazione, Luca.
Direi che la modalità di confronto che Ferrara deplora sia stata introdotta da Berlusconi, dal momento in cui è entrato in politica, e mi pare la colpa e il lascito peggiore di quest’uomo nefasto per l’Italia. Non sono atteggiamenti o modalità discese dal cielo e inevitabili: le si è volute, è da chi è plateale.
Già, bellissima e giustissima osservazione. Ma a chi è rivolta? Quando si dice se “tu insegni”. Ma tu chi? Se è Berlusconi, io sono d’accordo. Se è Ferrara, non sono d’accordo. In politica, ma anche fra i giornalisti, chi si può serenamente chiamarsi fuori da questo “tu”? Bel casino.
Allora, uno s’innamora, profonde tifo e parole appassionate all’Amor Suo che, idomita bisbetica, lo fa cornuto: “E dovevi pensarci prima, che la donna è donna”. Me pari un prete, me pari.
E poi: “insegni alla ggente”? Etichetta untina, e pretestuosamente pedagogica; meriterebbe un sano ed elitario sberleffo fogliante. Mah, t’è venuta così, un po’ micragnosa.
È lo stesso Giuliano che faceva il capotifoso per la FGCI, poi a Rete 4, quindi per il I governo Berlusconi, poi a La 7, poi dalle pagine del Foglio mascherandosi da intellettuale papista, e che infine inveiva, pure a torto, contro una collega per lesa maestà? Quello che non perde occasione per glorificare il più sozzo e immondo degli alleati del suo Dio in terra?
Allora meglio uno che mi rutta in faccia e dà apertamente del porco a me e ai miei antenati, ma che almeno so essere rincoglionito.
A proposito, i miei antenati sono quelli che costruivano cessi quando i suoi vivevano sugli alberi e si dipingevano ancora la faccia di blu.
Silvestri lo diceva così:
“..lo slogan è fascista di natura..”.
(ma che c’entrano le micragnose facce blu degli antenati?)
Quale pensiero?
Rispondo solo a una cosa: chi usa il termine “pedagogico” attribuendogli un’accezione negativa ha messo una tale distanza tra sé e la mia possibilità di comprenderlo, che non saprei cosa rispondergli. E non sono in pochi, non me ne voglia quindi l’esempio in questione.
Intendo solo che Ferrara e il Foglio ‘insegnano’ tanto quanto Sofri e il Post – e valgono entrambi la lettura, per me – qualunque cosa si intenda in questo insegnare.
Se poi i toni del tifo, peraltro palesati per tali e non prorio gratuiti, spesso arguti, non sono da usarsi perchè il lettore che li fa propri non sa più distinguere le ragioni altrui o le indecenze proprie, il limite credo stia in quest’ultima, malintesa, appartenenza curvaiola. Poi certo, la risposta, pur pubblica, è anche un discorso a due, e qui le sfumature si fanno sostanza.