Il trucco del radical chic

Michele Serra scrive oggi dell’uso a caso del termine “radical chic” (uso analogo a quello che si fa di “fighetto“).

Tra le varie amenità lette in questi giorni a proposito del programma di Fazio-Saviano, imperdibile un giudizio raccolto sul “Giornale” secondo il quale il cast Roberto Benigni-Antonio Albanese-Paolo Rossi costituirebbero “il tipico menù radical-chic”. Benigni, come sanno anche i sassi, è figlio di contadini toscani. Albanese di un muratore siciliano emigrato in Lombardia, Paolo Rossi di un operaio di Monfalcone. Artisticamente parlando di “chic” non hanno un bel nulla. Benigni si muove da sempre tra la merda e Dio, figurarsi se ha tempo per i salotti. Albanese è un espressionista potente e feroce, alla Grosz. Paolo Rossi un affabulatore nero, un comico scostumato e viscerale. Tutti e tre sono di popolo e fanno arte popolare, parlano all’analfabeta quanto all’intellettuale.
Perché, allora, radical chic? Perché è una formuletta comoda per inscatolare le cose senza guardare quello che c’è dentro. Un professore di destra, in un dibattito di qualche anno fa, mi diede del radical-chic perché parlavo male del Festival di Sanremo e bene dei film di Kubrick. Gli chiesi se conosceva almeno una canzone di Sanremo, mi disse di no, che non aveva mai visto il Festival. Gli feci notare che io potevo cantargliene a memoria almeno un centinaio, quasi tutte disgustose. Chi era, tra noi due, quello chic?

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16 commenti su “Il trucco del radical chic

  1. Lazarus

    Benigni con la moglie amministra varie società tra immobiliari e finanziarie, la più lucrosa delle quali fattura 60 milioni di euro. Più che tra merda e dio direi che ormai si muove tra cda e banche. Buon per lui e la moglie ovviamente, gli auguro di triplicare il capitale in futuro, se lo merita. Ma stando ai fondamentali il radical chic è anche colui che predica bene e razzola male.

  2. riccardo r

    @ Lazarus:
    1- “radical chic” o “nazional popolari” lo si è a prescindere dalla quantità di soldi fatturati annualmente.
    2- Benigni razzola male? Semplicemente perché ha fatto i soldi?
    3- Benigni si muove tra cda e banche? Che ne sai?

  3. rafeli

    Bella l’immagine dell’inscatolare senza guardare. Ma cosa c’entra di chi sono figli?

    Secondo questo principio Marchionne e’ il figlio laureato in filosofia di un maresciallo dei carabinieri abbruzzese.

  4. pfra64

    “radical-chic” è uno dei tanti, soliti modi per delegittimare chi pensa.
    Per la destra invece il non leggere libri è motivo di vanto.
    Anche per questo in Italia siamo messi come siamo, e ci rimarremo purtroppo per un pezzo.

  5. epimenide

    @pfra64: a parte il fatto che con quel che dici sembri riconoscerti nella definizione di radical-chic, che ne sai tu manicheo e un po’ semplicistico elettore di sinistra di cosa ne penso io (ipotetico ma non troppo elettore destrorso) circa il vanto o meno di leggere libri?

    Per il resto quoto in pieno rafeli e riporto il parere di un amico fraterno del titolare del blog:

    “…Chi era, tra noi due, quello chic?»
    Tu, caro micheleserra.
    Il radical chic,… è senza alcun dubbio quello che canta a memoria canzoni che trova disgustose.”

    Grazie dello spazio concessomi

  6. pfra64

    @epimenide

    non mi riferivo al singolo elettore o la singola persona della destra, anche la destra ha ed ha avuto degli intellettuali.
    Mi riferivo alla classe dirigente, che ha pensato bene di scansare questi intellettuali o perlomeno metterli in ombra, così come i giornalisti pensanti che sono stati rimpiazzati da altri nel ruolo di riferimento mediatico del pensiero di destra, per farla breve la destra legge Feltri e non Ferrara.

    Questo vale per tutte le componenti della destra, dalla radice di Forza Italia a quella di An.
    Qualche mese fa Tremonti si è pubblicamente associato alla sua platea irridendo chi legge i libri e vantandosi, appunto, di non leggerli.
    Non credo però che Tremonti non legga libri, credo piuttosto che abbia strizzato l’occhio alla platea che conosce molto bene.

    La Lega non si esime da questo andazzo, anni fa ha vinto il Bossi celodurista da caserma sul Miglio pensatore.

    L’elettorato però c’entra perché non si può non notare quanti voti abbia portato questa linea del non-pensiero e del distacco dalla cultura.

    PS non mi ritengo né radical né chic.

  7. epimenide

    @pfra64

    Pensiero di destra? Ma che di diavolo parli?
    C’è chi legge e chi non legge; e c’è chi si guarda allo specchio e capisce la vera importanza di parole come destra e sinistra.

  8. Pingback: links for 2010-11-11 « Champ's Version

  9. LorenzoM

    il trucco dei radical chic è il riflesso del radical chic: se ti definisci di sinistra, ti sei contaminato, sei “de sinistra” . Appena dici una cosa che non condivido allora sei radical chic. Qualunque cosa.
    Indipendentemente dal fatto che quando passa una canzone di Sanremo, tu spenga la radio, tu cambi su radio3 o che tu la tenga accesa.
    Radical chic, gne gne gne!
    Cfr. quel genio di Rocca.

  10. brandavide

    vabè buttiamola in vacca definitivamente:
    di destra è chi legge sotto la media;
    di sinistra è chi legge ma non capisce;
    de sinistra è chi legge sopra la media, ma in quel sopra la media ci stanno un 80% di litizzetto, fabiovoli, odifreddi messianici e travaglio/gomez, che sarebbe come dire che su 10 passi culturali ne fanno 7 che vanno indietro.
    I Centristi consapevoli sono invece quelli che capiscono quello che leggono.

  11. pandarock

    Serra fraintende: il fatto che Benigni, Albanese ecc non siano d’estrazione radical chic non significa affatto che il menù non possa essere radical chic. Del resto le Pantere Nere non erano certo dei radical chic, ma la loro presenza alle feste degli attici newyorchesi suggerì a Tom Wolfe l’invenzione del termine “Radical Chic”.
    Ciò non toglie che personalmente reputo ripugnante “Il Giornale”.

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