Le balle sull’eutanasia

Sono andato a un programma tv dove a un certo punto si è abbozzata una discussione sul tema del racconto di Saviano su Welby, ma i tempi di queste cose in tv l’hanno resa una chiacchiera sbrigativa e priva di senso, durante la quale ho cercato di dire questa cosa, banale, ma che andrebbe scritta ogni giorno un centinaio di volte.
Non esiste una contrapposizione tra i sostenitori dell’eutanasia e i contrari. Non esiste alternativa tra i racconti di chi ha desiderato di morire, e quelli di chi non lo ha voluto. Saviano non ha dato voce a una sola di due opinioni equivalenti. No.

L’alternativa che esiste è tra chi vuole avere una scelta e chi non vuole concederla. È tra la libertà e il divieto. Chi si trova a desiderare di poter morire e chi invece non lo vuole non sono sullo stesso piano, in Italia: i secondi possono fare ciò che vogliono, i primi no. Nessuno è “per l’eutanasia”, formula stupida che rende stupido chi la usa. Ma alcuni sono invece perché non sia vietata a chi la chiede. E per questo Saviano ha raccontato di Welby e non di storie diverse, l’altra sera: malgrado le richieste di qualche scellerato sostenitore di una par condicio del dolore. Perché Welby ha avuto negato un suo diritto di scelta, una sua libertà.

Se le nostre leggi vietassero ad Antonio Socci di poter tenere in vita sua figlia, se imponessero alle persone con malattie terminali di staccare la spina, sarebbe un uguale simmetrico obbrobrio: e sarebbe ammirevole chi andasse in tv a raccontare la storia di Socci e di Caterina e a difendere i loro diritti negati. Ma in Italia è il contrario: e Saviano ha difeso le vittime di una mancanza di libertà.

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50 commenti su “Le balle sull’eutanasia

  1. f

    poi si vedono gli stessi difensori a oltranza della vita che, dopo aver bollato la parola eutanasia come pratica nazista, utilizzano tranquillamente, magari nella stessa intervista, il mantra “staccare la spina a un governo moribondo” senza curarsi minimamente del cortocircuito semantico.

  2. ilbarbaro

    Letto, approvato e sottoscritto. Tuttavia, per completezza dell’informazione, andrebbero citati nome e canale della trasmissione, ospiti intervenuti e loro orientamento sulla materia. O forse tra costoro c’erano proprio Socci e magari Facci e Giovanardi?

  3. Pingback: Daily Digest for November 20th | DonatoMola.net

  4. Raffaele Birlini

    Sono sicuro che qui si stia parlando di diritto a suicidarsi in modo professionale, utilizzando sostanze chimiche in grado di garantire un decesso rapido e indolore. L’eutanasia però è un’altra cosa, è il diritto di uccidere una persona che ha espresso il desiderio di venire uccisa. Uccidere una persona che ha firmato una liberatoria è diverso dall’uccidere se stessi nel miglior modo possibile.

    Non sono sottigliezze morali da gesuiti, non è cercare il pelo nell’uovo dell’azzeccagarbugli. Si tratta di una differenza importante quella tra omicidio e suicidio. Un conto è sostenere che si deve avere il diritto di porre fine alla propria vita, specialmente per evitare dolore e una lunga agonia, un altro paio di maniche è invece sostenere che esistono casi specifici in cui diventa non solo legale uccidere qualcuno ma obbligatorio per qualcuno (il medico? il padre? la moglie’ chi deve vestirsi da boia per legge?) procedere all’esecuzione. Un contraddittorio serve eccome in questioni così delicate che hanno pesanti implicazioni etiche e morali.

    Se invece si scambia laicità con amoralità allora è logicamente corretto uccidere chi ne fa richiesta, tu saresti capace di staccare personalmente la spina a qualcuno senza sentirti in colpa, senza rimorsi di coscienza? Hai mai fatto l’iniezione letale al tuo cane, per esempio? Io sì, e non sono sicuro che riuscirei a farla a un essere umano per quanto la parte razionale di me gridasse che è la cosa giusta da fare. Ti sembrano davvero argomenti semplicissimi che non meritano un contraddittorio, un approfondimento, una discussione tra favorevoli e contrari?

  5. Shylock

    “Hai mai fatto l’iniezione letale al tuo cane, per esempio? Io sì, e non sono sicuro che riuscirei a farla a un essere umano”.

    Se non capisci la differenza tra poter scegliere di fare qualcosa o no ed essere _obbligati_ a farlo/non farlo, non vedo cosa ci sia da discutere.

  6. Alessio Breviglieri

    A Raffaele Birlini: il tuo intervento non è però legato alla critica che ha fatto Luca, né è un argomento molto comune nelle discussioni in TV e sui giornali. Qui si critica un fraintendimento. La discussione non è tra chi sceglie la vita e chi sceglie la morte, su cosa sia meglio scegliere o addirittura su cosa sia giusto o obbligatorio.
    La discussione verte sulla possibilità o l’impedimento a scegliere una delle due opzioni.

    Sottolineo inoltre che a livello teorico questa esigenza prescinde dal “punto di vista del boia”. Ovvero a me interessa che a livello dei principi sia garantito che la mia scelta di morire è lecita. Se poi nessuno può o vuole materialmente uccidermi, allora credo che non vada obbligato perchè andremmo ad intaccare un suo valore fondamentale per salvaguardare il nostro.

    Se tu hai visto qualcuno che sostiene che il medico (o chi per lui) sarà obbligato a uccidere chi ha espresso questo desiderio, allora ti dico che su questo punto si dividono due concezioni.
    Ma ciò che le accomuna è la lotta contro chi nega anche a livello teorico che scegliere sia possibile.

  7. giovaorama

    Penso di aver capito qual è la trasmissione.

    Concordo pienamente. Il problema in questo tema come in altri (fecondazione assistita ad esempio) è impedire alle persone di scegliere/decidere secondo propria coscienza in nome di una etica/coscienza superiore.

    Quel che sfugge ai contrari è che nessuno vuole costringerli a fare le medesime scelte, mentre mi si impone di subire le loro scelte!

  8. Tony

    Concordo pienamente con Giovaorama. E’ sempre la stessa storia, nesuno obbliga chi non vuole abortire o chi non vuole fare l’inseminazione artificiale, o non vuole staccare la spina a farlo. Viceversa si vuole impedire a chi la pensa in modo diverso di essere libero di scegliere. Mi rammarico che i nostri politici più laici, nei molteplici dibattiti, non mettano abbastanza in evidenza questo semplice fatto. Di solito cadono nella trappola di chi li vuole far passare come una specie di criminali.

  9. Raffaele Birlini

    @Shylock @Alessio Superato evidentemente lo scoglio pseudologico del ‘non esiste contrapposizione’, vediamo di fare chiarezza sul punto dello ‘scegliere’. Scegliere di morire è suicidio e nessuno te lo può impedire, al massimo impediscono che ti vengano procurati i mezzi per una ‘dolce morte’. Anche scegliere di venire uccisi da qualcun altro nel caso si finisca in coma si può, l’esecutore materiale finisce in prigione se viene scoperto perché uccidere qualcuno, anche se questo ti implora di ucciderlo, è illegale. Per cui la questione non è la libertà di scegliere che viene negata a qualcuno, tutti sono liberi di scegliere, basta che vadano incontro alle conseguenze delle loro scelte. La questione è rendere legittima la scelta di chi uccide una vittima consenziente che ha dichiarato di voler essere uccisa e solleva da qualsiasi responsabilità l’esecutore materiale. Quindi ma quale libertà di scegliere?

    Nella pratica sappiamo bene che esistono dottori che ti allungano l’overdose di morfina, e grazie di esistere se mai fossi in una situazione disperata prego di incontrarne uno. Sappiamo che ci sono medici che evitano di operare quando non servirebbe a niente se non a prolungare sofferenze. Sappiamo che è sottile il confine fra la non-più-vita e la non-ancora-morte di chi ha ancora funzioni vitali solo grazie alla tecnologia medica. La deontologia professionale impone di fare il possibile per tenere in vita il paziente e di non fare nulla che possa peggiorare le sue condizioni o addirittura ucciderlo. Davvero vi sembra un argomento che potrebbe risolvere un bambino o un abituale frequentatore del bar sport? Davvero pensate che non ci sia bisogno di discuterne perché è chiaro che se qualcuno (dev’essere parente? di che grado? solo amico? medico? giudice?) vuole porre fine alla vita di un’altra persona deve poter ‘scegliere’ di farlo? Magari in base a parametri scientifici, a prescindere dal fatto che il futuro de cuius abbia o meno espresso una volontà a riguardo? Parlate seriamente o adesso mi dite che ci sono cascato e che mi stavate prendendo in giro e ci facciamo sopra una bella risata?

  10. bad actor

    @Raffaele Birlini.

    Permette che la sua definizione di eutanasia sia arbitraria? Che l’obbligatorietà sia una sua aggiunta personale alla ricetta? Che la libertà materiale, la libertà giuridica, la libertà etica siano piani da non confondere indebitamente? In calce al suo ultimo commento un dubbio? Scegliamo o no? Di quella fallibile e mutevole cosa chiamata volontà, dobbiamo tenere conto? O no? E se non per la morte per il diritto di voto? Sono confuso…

  11. Shylock

    Raffaele, sei scientemente e volutamente scorretto.
    Per quanto mi riguardava, visto che i miei polli li conosco, la cosa era evidente già dalla scelta terminologica di ‘boia’ ed ‘esecuzione’, credo che ora diventi evidente a chiunque quando prima affermi:
    “La questione è rendere legittima la scelta di chi uccide una vittima consenziente che ha dichiarato di voler essere uccisa e solleva da qualsiasi responsabilità l’esecutore materiale.”
    Ma poi chiedi:
    “Quindi ma quale libertà di scegliere?
    […]
    Davvero pensate che non ci sia bisogno di discuterne perché è chiaro che se qualcuno (dev’essere parente? di che grado? solo amico? medico? giudice?) vuole porre fine alla vita di un’altra persona deve poter ’scegliere’ di farlo? Magari in base a parametri scientifici, a prescindere dal fatto che il futuro de cuius abbia o meno espresso una volontà a riguardo?”

    Nessuno qui ha sostenuto questo, bensì l’esatto contrario: la scelta in questione è innanzitutto quella del morituro, poi quella di chi l’aiuta a morire.
    Invece tu prima sostieni che costui non dev’essere obbligato a fornire il suo aiuto, poi che dev’essere obbligato a NON fornirlo.
    Come volevasi dimostrare.
    Tu dici: oh, sì, tu sei libero di decidere di morire se non ce la fai più, ma nessuno è libero di decidere di aiutarti, perché dopo deve andare in galera. Oppure può farlo di nascosto, che non si sappia e non si dica che noi non difendiamo la Vita, salvo quando quelli che rischiano di crepare tra lenti e atroci tormenti siamo noi, ché allora un aiutino di nascosto lo chiediamo e lo accettiamo volentieri.
    Questa è ipocrisia della più bell’acquasanta, figliolo: c’è una morale privata e una pubblica, una per te (bella elastica) e una per gli altri (spietata e inflessibile).
    Per non parlare del “prescindere dal fatto che il futuro de cuius abbia o meno espresso una volontà a riguardo”, paventando scenari che nessuno propone, anzi: sei TU che vuoi prescindere dalla volontà espressa dal de cuius, obbligandolo a crepare secondo la TUA morale (che dichiari tranquillamente di non voler seguire, quando toccasse a te).

  12. Thoreau

    @Raffaele Birlini

    “Davvero vi sembra un argomento che potrebbe risolvere un bambino o un abituale frequentatore del bar sport?”

    Non capisco cosa c’entrino bambini e frequentatori abituali di bar sport con la questione del post. Immagino che Lei non volesse dire che chiunque non sia medico è come un bambino oppure che chi sia obbligato, per qualunque ragione, ad una frequentazione regolare ospedaliera sia un frequentatore abituale, per qualunque ragione, di bar sport.
    Potrebbe argomentare per favore?

  13. Raffaele Birlini

    Sono scientemente e volutamente scorretto, devo argomentare, sono ipocrita. Tanto per cambiare io non attacco personalmente nessuno e mi ritrovo a difendermi da persone che non usano nemmeno il loro nome per polemizzare. Avete ragione voi. Ho torto io. Don’t feed the trolls. Ciao.

  14. bad actor

    @ R. Brini: Peccato. Sono sicuro che aveva argomenti più validi di un banale “don’t feed the trolls”. Ammetterà però di aver un po’ gigioneggiato, semanticamente? Cordiali saluti.

  15. Shylock

    Raffaele, insomma tu non vedi ipocrisia nel sentenziare:

    “Anche scegliere di venire uccisi da qualcun altro nel caso si finisca in coma si può, l’esecutore materiale finisce in prigione se viene scoperto perché uccidere qualcuno, anche se questo ti implora di ucciderlo, è illegale. Per cui la questione non è la libertà di scegliere che viene negata a qualcuno, tutti sono liberi di scegliere, basta che vadano incontro alle conseguenze delle loro scelte.”

    E subito dopo aggiungere:

    “Nella pratica sappiamo bene che esistono dottori che ti allungano l’overdose di morfina, e grazie di esistere se mai fossi in una situazione disperata prego di incontrarne uno.”

    Insomma, trovo giusto e sacrosanto che gli orridi ‘boia’ che aiutano gli altri a morire con dignità vadano in galera, sennò signoramia dove andremo a finire; ma spero tanto di trovarne uno per ME, perché IO non voglio crepare secondo la morale che a parole propugno e che voglio venga imposta dallo Stato.

  16. Raffaele Birlini

    @Shylok o comunque ti chiami, sono anche così ipocrita da dire che non si può legalizzare l’omicidio di un pedofilo anche se io ammazzerei un pedofilo che facesse di mio figlio la vittima della sue morbose attenzioni. Parla dell’argomento, non delle persone. Anche se sono ipocrita a te che te ne frega, sei mia madre? E tu, non hai difetti? Non si attaccano le singole persone per difendere le proprie opinioni.@bad actor gigione pure, grazie, altrettanto. Madonna che covo di trolls. Addio.

  17. Shylock

    @Raffaele, mi spieghi che valore si può dare alle tue opinioni se tu per primo non le rispetti?
    ‘Trollaggio’ sarebbe stato se ti avessero detto: eh, però tu evadi le tasse; zitto tu, che ti puzza l’alito, etc. Qui invece si parla esclusivamente dell’argomento e delle tesi a sostegno, assai ambigue, che hai portato tu.

    “sono anche così ipocrita da dire che non si può legalizzare l’omicidio di un pedofilo anche se io ammazzerei un pedofilo che facesse di mio figlio la vittima della sue morbose attenzioni”.

    Infatti è lo stesso, identico discorso che facevi prima: TU ti arroghi il diritto di fare il giustiziere, gli altri invece si devono sorbire il ghigno del pedofilo in aula, che magari uscirà dopo un paio d’anni.
    TU vuoi l’overdose di morfina per te, la stessa dose che vuoi negare a tutti gli altri.
    Insomma tu e solo tu ti vuoi porre al di sopra del bene e del male. Con che diritto?
    Magari ce lo spieghi, prima di dirci addio per la 14a volta?

  18. Raffaele Birlini

    @Shylok Allora non fai apposta, non ci arrivi davvero. Ti faccio un esempio da prima elementare, vediamo poi se la pianti, visto che ti scivola addosso l’esempio del non darti del vigliacco perché usi uno pseudo per offendere al posto di argomentare la tua opinione. Ovvero, per venirti incontro, usi il vecchio trucco dei fascisti intellettuali, o dei campi di rieducazione comunisti, come preferisci, dello screditare il portatore dell’opinione per demolire la validità della sua opinione. Sei un troll che si divete a insultare, per giunta incapace di usare il suo vero nome.

    Se io sono ipocrita, non lo sono ma ammettiamo che tu abbia ragione, e allora? cambia qualcosa sulla validità della mia opinione, motivata e ragionata, sulla legalità dell’eutanasia? No, non cambia niente.

    Usi le maiuscole, mi accusi di arrogarmi diritti, pormi al di sopra del bene e del male, ma chi cazzo ti credi di essere? Mi hai scambiato per Dark Vader, sono la proiezione di tuo padre? Fatti vedere da uno bravo, non mi sembra normale scaricare sugli altri le tue paturnie in questo modo. Ciao per la 15ma volta, bel trolletto pacioccoso che si nasconde dietro uno pseudo.

  19. Shylock

    @Raffaele, sei fantastico (scusa l’offesa):

    “e allora? cambia qualcosa sulla validità della mia opinione”.

    Appunto: che io mi firmi Shylock, o Raffaele, o Pinco Palla, cambia qualcosa sulla validità della mia opinione?
    Poi sarei io quello che attacca la persona invece degli argomenti.

    “Usi le maiuscole”.

    Non sapevo fosse reato, comunque, per venirti incontro, te lo spiego in modo più semplice: si chiama ‘enfasi’, ma qui non posso usare corsivi o sottolineature per ottenere lo stesso effetto.
    Quello che voglio enfatizzare è che per _te_ (così non ti offendi?) esistono regole che debbono valere per tutti tranne che per _te_.

    Siccome non sei in grado di smentire questa mia semplice, oggettiva constatazione, che squalifica la morale che vorresti imporre agli altri ma che evidentemente, oggettivamente, non ritieni valida per te stesso, allora ti attacchi alla persona, ovvero fai con me esattamente quello che accusi me di fare con te:

    “visto che ti scivola addosso l’esempio del non darti del vigliacco perché usi uno pseudo”.

    A parte che stai facendo esattamente questo, mi stai dando del vigliacco:

    “bel trolletto pacioccoso che si nasconde dietro uno pseudo”

    Mi scivola addosso perché è solo un espediente per nascondere la manifesta contraddizione tra la tua morale privata e quella pubblica, tra quello che faresti tu e quello che invece vuoi che venga impedito agli altri di fare.
    Alla fine, stringi-stringi, la differenza sostanziale tra me e te è che io non pretendo di dire agli altri come devono crepare.
    Questa è la realtà, dopodiché puoi rivolgermi per cercare di nasconderla tutti gli insulti che vuoi:

    ‘trolletto’, ‘vigliacco’, ‘fatti vedere da uno bravo’.

    Siccome non sei mio padre, né ti conosco, né m’interessi, per me puoi dire quel che ti pare.

  20. Raffaele Birlini

    Shylok ti ho smerdato oltre ogni limite, più parli e peggio è, smettila di farti del male. Mi fa piacere di avere catturato la tua attenzione trollesca col mio commento ma non posso alimentare le tue ambizioni a un rapporto più intimo e profondo, sono già sposato, non mi interessa una relazione sentimentale con te. Un modo gentile per ribadire che sei un troll che al posto di argomentar ela sua opinione preferisce insultare chi ne ha una diversa dalla sua. Adesso se non ti dispiace ho altro da fare, non posso dedicarmi a tempo pieno alla cura dei troll, anche se ne incontro in giro da decenni, anche quando sono ridicoli, carini e paffuti come te. Ciao per la 16ma volta, trolletto da strapazzo.

  21. Shylock

    “Adesso se non ti dispiace ho altro da fare, non posso dedicarmi a tempo pieno alla cura dei troll, anche se ne incontro in giro da decenni”.

    Io invece è da quando avevo più o meno undici anni che non incontro più gente che quando non sa più cosa dire dice: hai perso! hai perso! ho vinto io! ciccabua:

    “Shylok ti ho smerdato oltre ogni limite, più parli e peggio è, smettila di farti del male.”

    C’era anche chi riteneva squalificante dare del gay all’altro, ma quelli purtroppo s’incontrano ad ogni età:

    “non posso alimentare le tue ambizioni a un rapporto più intimo e profondo, sono già sposato, non mi interessa una relazione sentimentale con te”.

    “Ciao per la 16ma volta, trolletto da strapazzo.”

    Non è un addio, è un Arrivedorci!

    http://bit.ly/bqWoAA

  22. ro55ma

    Peccato che abbia preso questa piega, la discussione è interessante ma, da molte ore, “fra sordi”. Ci provo ugualmente, peggio di quello dedicato al Raffaele non mi capita (forse:-)
    Il motivo per cui, fuori dal PaesellodittaturadelVaticano, ci sono decine di diverse regolamentazioni della materia eutanasia (e correlati) è quello per cui il Raffaele è stato un po’ lapidato: la cosa non è, in nessun Paese, una questione personale-intima-soggettiva. Non perchè quella sfera non sia importante-decisiva, ecc. ecc. ma semplicemente perchè l’eutanasia di noi stessi è una parte (neanche maggioritaria) della casistica. La “disponibilità” della vita, una volta superati i paletti etici, religiosi, ecc. si pone in modo spinoso e complicato non tanto (o solo) per la Tua vita ma per quella degli altri ai quali te, il dottore, mamma&papà, il giudice, l’oracolo… devono applicare tale disponibilità. Infatti ci sono Paesi dove puoi disporre dela vita di un neonato con la sindrome di Down o solo del nonno che l’ha lasciato scritto prima di finire sotto morfina per un canciroma devastante. In molti paesi si cerca di lasciare la maggior parte di queste decisioni a una “conciliazione umana” fra il medico e qualche parente stretto, mentre la legge, formalmente, vieta l’eutanasia (Canada) In Olanda, hanno meno “fisime morali” ed hanno regolamentato eutanasia passiva, attiva, ecc.
    Ridurre tutto ad una disputa fra clericali violenti e prevaricanti VS laici democratici “che semplicemente vogliono essere padroni di sè stessi” non è solo una semplificazione sbagliata, non regge nella realtà.

  23. enrigo

    Non basta firmarsi con nome e cognome (magari falsi) per non essere un troll, e mi pare che questo Raffaele abbia usato tutte le tecniche del troll. L’uso di parole come boia e esecuzione nel caso dell’eutanasia è il primo esempio. L’eutanasia è un omicidio, ma di un consenziente, che non ha i mezzi e le possibilità per suicidarsi. Non vedo perché parlare di esecuzione e di boia. Peraltro l’esempio del cane è improprio visto che il cane non esprime alcuna volontà. Nell’intervento successivo fa strani riferimenti a bambini e bar sport, per argomentare che è un tema complesso, l’eutanasia, che merita una discussione. Come se l’articolo volesse imporre addirittura la fine della discussione. Semplicemente invece wittgenstein sottolineava come un contraddittorio non è NECESSARIO in questo caso, e che portare una testimonianza di un malato che ha chiesto e ottenuto l’eutanasia (con tutte le difficoltà legali è quello che è successo con welby) non impone di dover invitare un prete che spieghi come la vita ci viene regalata generosamente dal signore e creatore e quindi non ne disponiamo. Ma la cosa che mi diverte è che se uno gli fa notare che è scorretto e ipocrita tira fuori il fatto che si insulta l’argomentatore per evitare di discutere l’argomento. Ma se l’attacco personale è riferito ad una parte del ragionamento diventa automaticamente un attacco all’argomentazione! Se uno mi dice una cosa e io gli dico “ma sei scemo?” è ovvio che mi sto riferendo alla cosa che mi ha appena detto e non a sue deficienze genetiche! Da allora poi è stato tutto un trollettino, paffutello, vigliacchetto che si nasconde dietro uno pseudonimo e via flamando allegramente. Alla larga, alla larga…

  24. ro55ma

    La realtà delle varie e molto diverse forme di regolamentazione in materia nega l’assunto di Wittgenstein sull’inesistenza di una scelta sull’eutanasia. Ridurre tutto alla sola libertà di disporre di se stessi chè non negherebbe agli altri di non farlo se lo ritengono sbagliato è solo una parte del problema, non Il Problema. Io sono d’accordo con l’eutanasia come diritto per me stesso di disporre con testamento biologico, ecc. della mia vita ma, lo scrivo io (e sua madre) per nostro figlio, fino alla maggiore età.. Ci sono persone, che hanno scritto di voler staccare la spina in una vione di prospettiva molto diversa dalla realtà contingente e sofferente della malattia e, in alcuni casi, lottano e continuano a lottare fino alla fine, nonostante fosse possibile evitarselo. Il pasticcio scoppia, a questo punto, quando uno che ha scritto il testamento biologico, perde conoscenza e qualcun’altro deve decidere… Voglio dire, @enrigo, puoi non chiamarla esecuzione e usare gli eufemismi che ritieni utili, ma se decidi di non lasciar vivere-soffrire-ecc. qualcuno che trent’anni prima ha scritto un testamento biologico, qualche problemino, sottile e tagliente te lo devi porre. Mio fratello, in Canada, prese la decisione per il figlio di 14 anni, terminale e devastato, della sua compagna, che non ce la faceva. Il dottore l’ascoltò e fece quello che doveva. Mio fratello vomitò per una notte. Lì l’eutanasia è vietata e gestita con attenzione nelle pieghe delle sale ospedaliere..

  25. franco

    Premesso che non ho alle spalle studi filosofici o di diritto, prego quindi di prendere le mie parole con beneficio di inventario.
    Dal mio punto di vista il termine “eutanasia” si può applicare solo quando un “altro” si arroga il diritto di decidere che la mia vita non sia degna di essere vissuta in base a criteri “suoi”. Dico subito, giusto per pignoleria e per evitare strascichi inutili che la pena capitale non ha nulla a che fare con questo discorso.
    Quanto agli aspetti “pratici”, mi rendo conto che chi deve eseguire le volontà di qualcun’altro (che nel frattempo potrebbe aver cambiato idea) ci stia peggio che male, ma purtroppo non se ne può fare a meno, poichè la vita ha innumerevoli sfaccettature non possiamo pretendere di esaminarle tutte prima di prendere una decisione perchè così non verremo mai a capo di nulla.

  26. enrigo

    no, franco, eutanasia non è liberarsi di un malato. Si parla di eutanasia quando si libera il malato terminale degli ultimi dolorosi momenti della propria vita, concedendogli una morte indolore, ma sempre dopo l’assenso di quest’ultimo. Di solito il malato terminale non ha i mezzi per darsi la morte (o ne è fisicamente impedito dalla malattia) e quindi si vorrebbe, i sostenitori dell’eutanasia, legalizzare la possibilità per il medico “pietoso” di porre termine a questa esistenza.
    Anche il dover disporre della vita di qualcun altro che magari non ha lasciato chiare disposizioni è un altro tema importante, sollevato con la vicenda englaro. In quel caso la figlia di englaro era in coma sicuramente irreversibile da 17 anni e aveva detto alla famiglia molto chiaramente che in quelle condizioni non avrebbe avuto senso per lei di continuare ad esistere. E’ chiaro che in questo caso (ma anche per l’eutanasia propriamente detta) i controlli della effettiva volontà del malato devono essere molto accurati, per evitare abusi, e nessuna legge mai IMPORRA’ di “terminare” un malato contro la sua volontà. Resta poi da decidere chi possa prendere tale decisione, ma sono dettagli da discutere una volta stabilito il punto che della nostra vita dovremmo poter disporre totalmente, e non possiamo farci imporre alcunché dallo Stato.
    Per ro55ma, il mio non è affatto un eufemismo! Esecuzione è un termine applicato alla pena di morte, ossia alla morte data dallo Stato per crimini gravi. Spiegami come può mai applicarsi al caso terribile di tuo fratello! Il testamento biologico in italia non esiste, se fosse una pratica diffusa non ci sarebbe il problema di dover ragionare su un pezzo di carta scritto 30 anni prima. Di solito peraltro, anche in assenza di uno scritto le decisioni della famiglia dovrebbero fare abbastanza testo (coi dovuti e approfonditissimi controlli, ovviamente), o vuoi sostenere che la compagna di tuo fratello poteva in realtà voler liberarsi del figlio?

  27. pifo

    @ro55ma,
    si lascia apprezzare il tuo tentativo di ricondurre il commento del post di Sofri ad una temperatura piú ragionevole. Hai ragione quando affermi che quanto proposto dal caso Welby ( e la contrapposizione della quale Sofri parla) non e´ il problema nella sua complessitá e completezza ma solo una particolare declinazione dalla quale non si dovrebbero derivare regole grammaticali generali.
    Un caso oppure “il caso”, nella sua specificitá, dovrebbe rimanere confinato (con l´eccezione delle aule dei tribunali) alle dimensioni umane della vicenda in se e non essere motivo di estrapolazioni di etica o politica.
    L´evoluzione civile di una organizzazione sociale, credo, si misura anche dalla sua capacitá di elaborare soluzioni giuridiche che prescindano dal caso singolo ma che si proiettino invece sullo spettro piú ampio possibile di situazioni, una volta fissati dei vincoli etici, di ispirazione laica, fondamentali.
    Questo enfatizzare invece in chiave assoluta il singolo caso fornisce solo possibilitá retorica agli estremismi.
    Se non esistesse il “caso” allora si che si scoprirebbe che tante contrapposizioni sarebbero in realta´… inesistenti.

  28. ro55ma

    @enrigo, anche terminare è un eufemismo, voglio dire, se in ballo c’è continuare o no a vivere basta scegliere un punto di vista diverso e quello che per mio fratello era “porre fine alle sofferenze”, per la madre del bambino era (anche) “sopprimere” e dover rinunciare al figlio che aveva messo al mondo. Comunque, mi pare si ritorni sempre al punto della “disponibilità della vita” propria e/o altrui e anche se molti pensano che dove c’è il testamento biologico sia “tutto risolto”, io credo che quel passo definisca solo l’inizio del percorso e non la sua fine. In giro per il mondo, alle regolamentazioni per legge di forme soft di eutanasia passiva (non accanimento, ecc.) seguono quelle più complesse e così via. E’ probabilmente giusto che accada ma rimango molto, molto preoccupato, del seguito e di chi rivendicherà, giustamente, che se c’è quella “disponibilità” nel pensiero e in ciò che riteniamo socialmente sopportabile, su quale basi dovrei proibire (od oppormi) alle soluzioni più dure (Olanda, Svizzera, ecc.). Le soluzioni eugenetiche scandinave, americane, (al di là dei problemi pre-natali dove ci si divide sulla “partenza” dell’essere considerati “viventi”) definivano una disponibilità della vita (altrui) per handicappati, nevrotici, ecc. stabilendo cosa “non era degno di essere vissuto a quelle condizioni di sofferenza, menomazione, ecc. che è lo stesso parametro adottato dalla legislazione olandese per consentire ad un genitore di sopprimere un bambino malato. Forse @pifo ha ragione, sulla possibilità di riuscire a governare le cose in modo meno emotivo oltre che laicamente fondato, ma a me le gambe un po’ tremano.

  29. enrigo

    ro55ma, la compagna di tuo fratello il figlio l’aveva già perduto, quello è il punto. In una situazione senza ritorno come immagino fosse, la vita del figlio era già ferma, già terminata. Peraltro dal momento che in realtà si tratta di legalizzare quanto si pratica da sempre in tutti gli ospedali non capisco perché le debbano tremare le gambe…
    Non ho capito bene, un genitore olandese può sopprimere il proprio figlio malato? Malato di che malattia? Mi dà una fonte?

    Pifo, sono i casi che bucano il muro di gomma di chi di queste cose non vuole parlare. Perché di queste cose che riguardano tutti parlano solo i radicali, e in tv dibattiti seri non si sono mai visti né sentiti. Nessuno pretende che il singolo caso faccia sempre giurisprudenza, ma d’altra parte la giurisprudenza si fa anche così, cercando di conciliare il diritto di tutti nei vari casi che si possono presentare.

  30. enrigo

    ro55ma, scusa, sono passato dal tu al lei senza criterio. Direi che su un forum ci si dà del tu…

  31. ro55ma

    enrigo: scusa dè chè?-)) volevo solo dire che il distacco che si presuppone possa esserci data la condizione di “senza ritorno”, ecc. penso non funga in realtà o, sicuramente, non funziona allo stesso modo per tutti; credo ci siano casi in cui l’assenso per “staccare la spina”, che il dottore deve comunque chiedere, avvenga, da realtà a realtà, con diverse modalità di coinvolgimento dei parenti, ecc. A me “tremano le gambe” all’idea che, quello che avviene nella pratica umana, solidale, (da secoli), con i dottori, possa essere trasformato in legge e istituzionalizzato, chè questo avverrà con la legalizzazione. Questo processo ha prezzi importanti da pagare (e, giustamente, ne “semplifica molto la fruibilità”) ma ci si sposta dall’ambito familiare e medico a quello legale e istituzionale. Io dico solo che, nel farlo, cambierano molte cose insieme alla rimozione di un “blocco” considerato, sbagliato, anacronistico, ecc. Per le fonti sul caso olandese dovrei ricercarle, metterle in fila, ecc. Abbi pazienza, ti assicuro che sono assolutamente rintracciabili in italiano e/o in inglese, se gli dedichi mezz’oretta ;-)

  32. enrigo

    Quello che si legalizza deve fare meno paura. Il cittadino costretto a violare la legge per una cosa che potrebbe essere un suo diritto (dal drogarsi al far finire le sofferenze di un paziente, così come dalla donna che vuole abortire alla coppia che vuole combattere la propria sterilità) diventa ricattabile, preda degli umori dello Stato, clandestino, questuante, e quindi automaticamente suddito.

  33. Stiv Alkene

    L’attuale esaltazione dell’autodeterminazione coincide con una sorta di mistica del soggetto che pone nella pura volontà il fondamento del diritto: ma questa impostazione, in assenza di criteri interpersonali oggettivi, porta soltanto ad un conflitto delle volontà. Nessuna scelta è da sola in grado di determinare un diritto, né può pretendere di essere, in quanto tale, tutelata dalla società (es. chi sceglie di rubare non può pretendere che la leggi tuteli questa sua scelta). Non si può discutere di direttive anticipate senza tener conto, inoltre, del carattere intersoggettivo dell’attività medica: al preteso diritto di morire si può contrapporre il diritto di non diventare omicidi, e il dovere, irrinunciabile, del pronto soccorso. Se si riconosce un diritto, si è tenuti a promuovere tutto ciò che è necessario perché venga attuato. Ma la morte è un fatto, non è un bene o un valore che la società deve o può mettere a disposizione dei suoi cittadini. La società è tenuta a tutelare dei diritti laddove li riconosca come beni e tale riconoscimento implica una prospettiva non puramente soggettiva. Non esiste, in linea di principio, alcuna obiezione al fatto che l’esercizio della libertà come autodeterminazione venga limitato ed anche impedito: tutte le leggi, infatti, in una misura o nell’altra, comportano una qualche forma di limitazione (es. non sono libero di uccidere, non sono libero di diffamare, non sono libero di evadere le tasse).
    Se non esiste un diritto di morire, esiste un diritto a morire con dignità: questa tesi rimanda al diritto di un accompagnamento del morente che si attui all’interno di un contesto solidale, capace di esprimere le connessioni interpersonali che sono a fondamento stesso della vita sociale e della formazione della personalità umana. Questo diritto rimanda, pertanto, al processo di umanizzazione del morire che è segno della civiltà, ma che è un atto dovuto e non soltanto qualcosa che può essere chiesto. Ma, allora, a che cosa servirebbero propriamente le direttive anticipate? Se si leggono i diversi progetti di legge risulta abbastanza chiaro che, quando non sono una sorta di introduzione alla legalizzazione dell’eutanasia o dell’abbandono terapeutico (cioè alla rinuncia a trattamenti che pure non sono sproporzionati o futili), risultano inutili. Nel progetto proposto dall’on. Marino, inoltre, le direttive anticipate diventano obbligatorie per tutti e, oltre a contemplare il possibile rifiuto della rianimazione, dell’alimentazione e dell’idratazione, danno l’idea che l’accanimento terapeutico sia definibile in base al tema della qualità della vita e ad una concezione discutibile della condizione umana. Nelle premesse di quel disegno di legge, infatti, si citano come esemplari, i casi americani, analoghi a quelli di Terry Schiavo, nei quali sono stati sospesi, a persone in stato vegetativo dei trattamenti tutt’altro che sproporzionati e futili, presentati come forme di accanimento terapeutico. La gravità di simile impostazione lascia aperto l’interrogativo circa il reale senso che si vuole dare all’esercizio della cosiddetta libertà di autodeterminazione. Ci si chiede, infatti, se si tratta di uno strumento formale o di una surrettizia introduzione di un criterio ideologico che considera degna di rispetto e di tutela soltanto un’esistenza umana in grado di manifestare le qualità cognitive. Nella storia dell’Occidente si è faticosamente compreso che la dignità appartiene all’essere umano, alla sua nuda condizione esistenziale, e non alle sue qualità transitorie. Proprio per il riconoscimento di questa intrinseca dignità, infatti, ci si è fatti carico della promozione della qualità della vita, qualunque fosse la situazione concreta dell’essere umano. Ogni qualità va commisurata alla concreta situazione fisica e clinica e la prassi medica avrebbe il dovere di intervenire prima di tutto riconoscendo la peculiarità della situazione concreta, promuovendo ciò che è proporzionato a tale situazione. Le direttive anticipate sono in grado di garantire, diventando legge dello stato, delle prassi rispettose della condizione umana senza avallare nessuna logica della rassegnazione e nessuna concezione ideologica dell’esistenza? Non è una domanda irrilevante, perché il cittadino che dovrà compilare un modulo, affidarlo a un notaio, fare delle scelte per il proprio futuro, nominare un curatore dei propri interessi, sarà indubbiamente condizionato, nelle sue scelte, dai consigli di un medico che gli spiegherà che cosa sta firmando e dovrà trovare garanzie affinché le sue scelte non vengano ingabbiate in logiche che trascendono l’orizzonte strettamente clinico. Nell’epoca della svolta epidemiologica, quando si vive più a lungo e si convive con malattie che richiedono mutamenti di prospettive, nuove forme di solidarietà e di tutela delle persone, le direttive anticipate sono davvero uno strumento adeguato, in grado di evitare ogni abbandono terapeutico e di promuovere una medicina attenta, come si ama dire, alla persona umana in quanto tale? I dubbi restano.

  34. enrigo

    Non capisco come si può paragonare la libertà di disporre della propria vita con quella di nuocere agli altri. Infatti rubare, uccidere, diffamare, non pagare le tasse sono atti che hanno vittime. Decidere come voler uscire da quest’unica esistenza che abbiamo a disposizione è un atto che riguarda unicamente noi. Di quale conflitto delle volontà stai parlando? Il diritto di non diventare omicidi? Ma mica si intende obbligare il medico ad effettuare l’eutanasia? Si intende concedere a chi lo vuole la legalizzazione dell’atto. Che la morte sia un fatto è frase ad effetto ma irrilevante, visto che si discute di avere la possibilità di una morte dignitosa. E comunque rivendico il diritto di morire, non credo sia giusto per la società negarmi il diritto di finire la mia vita.
    Le direttive anticipate sono le volontà del paziente, con chi si consiglia non sono affari del legislatore. In specifiche condizioni il testamento biologico deve fare testo. Non capisco quali dubbi restino. L’alternativa è invece quella di calpestare le volontà del paziente in nome di un ideologico (quello sì) sforzo di tenerlo legato ad una condizione che rifiuta.

  35. ro55ma

    “Le direttive anticipate sono la volontà del paziente” – ” o di una surrettizia introduzione di un criterio ideologico che considera degna di rispetto e di tutela soltanto un’esistenza umana in grado di manifestare le qualità cognitive. Nella storia dell’Occidente si è faticosamente compreso che la dignità appartiene all’essere umano, alla sua nuda condizione esistenziale, e non alle sue qualità transitorie.” @enrigo io non ho le tue certezze e le questioni “trasversali” poste da Stiv a me fanno riflettere, non mi convincono, non eliminano quello che vorrei (l’eutanasia) come diritto personale, mi lasciano il dubbio che risolverei solo una parte del problema e, ho paura che sia, la meno sostanziale.

  36. enrigo

    Quando le qualità cognitive sono finite, il paziente non ha più volontà, né coscienza. Dal momento che qualunque decisione sarebbe presa senza il suo consenso “attuale”, tra l’opzione teniamolo in vita a tutti i costi e l’opzione seguiamo le volontà di quando ragionava io non avrei dubbi. Il non scegliere significa imporgli (o a quello che di lui rimane) qualcosa, comunque.

  37. Thoreau

    Adamo ed Eva mangiarono dall’albero della conoscenza: a seguito di cio’ svilupparono la coscienza, la coscienza gli valse la dipartita dal paradiso prima e la prolificazione poi. Questa è la prima ideologia trans-nazionale che mi viene in mente per quanto riguarda il mondo occidentale. A partire da questa riflessione potrebbe essere tutto una questione di traduzione….

  38. franco

    A Stiv vorrei chiedere se, seguendo il suo ragionamento, ogni volta che qualcuno si suicida con i gas di scarico (giusto per fare un esempio) bisogna accusiamo di omicidio il benzinaio che l’ha rifornita, il concessionario che ha venduto l’automobile (o i precedenti proprietari in caso di veicolo usato)il camionista che l’ha trasportata, gli operai che l’hanno montata e tutta la dirigenza dell’industria che l’ha costruita?
    La smetto qui chè mi sembra di essere Branduardi

  39. stefano10

    In disaccordo con il post. Ogni ordinamento prevede limitazioni alla nostra libertà, per ragioni di convivenza civile o per affermare dei valori ritenuti prioritari. Senza il valore del sostegno ai meno abbienti, ad esempio, le aliquote fiscali sarebbero ingiuste.
    In questo caso c’è in ballo il valore della vita: la cosa più importante che abbiamo e che giustifica alcune rigidità.
    Il problema vero è se quella di Welby, Eluana, ecc. è vita degna di essere vissuta. Si tratta quindi di un dibattito culturale (qui Luca fa confusione) e su questo aspetto la trasmissione citata e i media in generale danno ampio spazio ai pochissimi che vogliono la morte e oscurano i tanti che si aggrappano a quell’esistenza che ritengono comunque degna. Così a colpi di mistificazione si cerca di influenzare l’opinione pubblica.

  40. franco

    Ho sufficienti anni per ricordare quando gli stessi toni venivano usati durante la campagna elettorale per il referendum sul divorzio.
    Personalmente non sono disposto ad accettare che qualcuno mi imponga il suo modo di vedere così come non voglio imporre il mio ad altri, semplicemente ognuno faccia quello che gli pare e “la legge” si limiti a stabilire delle norme “tecniche” che evitino e puniscano gli abusi e limitino al massimo le sofferenze del cittadino.

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