Ieri, dopo la notizia della scarcerazione dei giovani arrestati negli scontri di martedì a Roma, si è formato un ampio fronte di italiani che ha protestato contro quella scarcerazione. Ovvero, molte persone in Italia – in ruoli di responsabilità pubblica o no – moltissime persone, hanno detto che era sbagliato, hanno detto che non si doveva, hanno detto che andavano tenuti in prigione e che era una vergogna o uno sbaglio quella decisione di in giudice.
Bene. Quanti di quelli che hanno protestato conoscono indizi e prove a carico di ciascuno degli arrestati? Io non credo siano pochi, credo siano zero. Cosa sanno di ognuno di loro, di questo o di quello, di quali condizioni abbiano portato al loro arresto, di quali contestazioni vengano loro mosse? Io credo zero. Cosa li spinge a ritenere esattamente formulato un qualunque fermo di polizia in una giornata di casino e sbagliato il giudizio a freddo di un giudice? Io credo un pigro tic che ha staccato temporaneamente il cervello. Hanno protestato tutto il giorno – e lo faranno ancora – perché volevano vedere tenute in carcere persone di cui non hanno la minima idea, né delle accuse rivolte contro di loro, né se per uno siano gravi, o per un altro inesistenti, e per un altro ancora mezzemmezzo. Andavano tenuti in carcere. Così.
Qualcosa avranno fatto
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Io sono di Genova e ho un ricordo vivido del G8 e delle nefandezze che sono state fatte da uomini dello Stato.
Un amico mi raccontò di essere andato con la sua compagna e i di lei genitori in un cineforum a vedere un documentario su quei giorni, in cui vennero ricostruiti gli abusi, gli errori più macroscopici e grottechi (ammesso che fossero in “buona fede” e non eterodiretti) eccetera.
La cosa che lo sconvolse di più fu che le reazioni indignate da parte dei di lei genitori (volti, commenti, disappunto) si avevano solo in corrispondenza delle azioni violente di chi manifestava.
In pratica un delinquente che si comporta da delinquente (semplifico per sintesi eh, sia chiaro) fa incazzare, un uomo delle istituzioni che si comporta da delinquente, no.
Mentre per me vale esattamente l’opposto.
Un ragazzo magari “difficile” che va in piazza e tira le pietre mi comporta un giudizio più indulgente. Una persona che ha il monopolio dell’uso legale della forza e che ha una funzione delicatissima in una democrazia deve essere limpido come un cristallo.
Bravo Sofri, condivido tutto, e vedo che dopo gli ultimi giorni di sbarellamento sei tornato in te.
Caratterialmente io sono meno indulgente, ma resto sempre esterrefatto quando un poliziotto va al di là del suo ruolo: la sua divisa rappresenta il mio paese e tutti quei bei valori simbolici eccetera.
Contemporaneamente sento dentro di me anche tutto lo scoramento dei giovani che stanno vivendo questi momenti così disarmanti; io che forse giovane non dovrei dichiararmici più (44 anni e 3/4…).
C’è però un elemento di fondo pratico che aggiungerei alla tua considerazione: durante le manifestazioni, quelli che veramente sanno “muoversi” sono mentalmente pronti anche allo scontro; dietro questi ci sono tutti gli altri, anche i manifestanti pacifici doc che magari vogliono vedere come andrà a finire e incoscienze simili.
Quando la polizia carica, quelli che sanno “muoversi” scappano rapidamente e forse anche in maniera organizzata; i curiosoni che invece stanno dietro, vengono spesso presi alla sprovvista, oppure non reagiscono perché ritenendosi innocenti immaginano che la polizia li ignori inseguendo invece gli altri…
Ecco perché spesso i giudici rilasciano gli arrestati: non ci sono prove, elementi, indizi, nulla, perché nulla è stata la loro partecipazione attiva.
Ciao,
Alessandro
Che poi è lo stesso populismo indignato che chiede che i famigerati “giudici” che hanno fermato Mohamed Fikri e tenuto ingiustamente in carcere per due giorni debbano pagare col sangue per questo errore. Un gravissimo errore, per carità, ma una situazione diametralmente opposta a quella di Roma.
Non si può essere garantisti o giustizialisti a seconda di come tira il vento (se non sei il direttore de Il Giornale, chiaramente).
Onestamente non trovo cosi’ scandaloso che qualcuno trovi sbagliata la decisione del giudice. Intanto i fermi sono stati convalidati e cio’ significa che esistono chiari ed forti elementi sul fatto che abbiano commesso reati. E poi tra pochi giorni verra’ votata la riforma Gelmini ed e’ prevedibile che ci saranno altre manifestazioni con possibili altre violenze e percio’ rischi di possibile reiterazione del reato.
Sicuramente il magistrato avra’ valutato bene tutti gli elementi decidendo per il meglio, ma non mi pare che chi contesta la decisione sia un marziano forcaiolo.
Luca Witt., hai perfettamente ragione. In un paese anglosassone. Forse. In Italia, sai che la tua è una provocazione, perché la realtà qui è completamernte diversa e appellarsi a principi che non sono condivisi mi sembra velleitario. La maggioranza, a destra come a sinistra, pensa che ci sia una giustizia superiore alle leggi, che ognuno poi declina come vuole, ma che in questo caso porta una parte del paese a dire: se sei in piazza, sei già un delinquente, anche se non hai fatto altro. La logica è: se sei in piazza sei la fazione avversa, sei il Capuleti di turno, non serve altro per darti una coltellata (metaforicamente parlando). E affidarsi alla responsabilità delle istituzioni, dopo aver visto La Russa ad Annozero, ormai non serve più. La realtà è cambiata. P.S. come dall’altra parte ci sono persone che pensano: se sei in piazza, sei dalla mia parte, quindi tutto ti è giustificato.
Pingback: Tenere la gente in galera a prescindere | Il blog di lucacicca
P.P.S Come provocazione però funziona. E’ evidente che non viviamo nel paese civile in cui pensavamo di vivere, e l’evidenza è data proprio dal contrasto fra le tue parole, che dovrebbero essere scontate, e il fatto che invece bisogna ripeterle quasi nello stupore di chi ascolta: “Ma come, l’avete visto anche voi in tv che cosa hanno fatto!”.
gli è che gli intolleranti andrebbero sterminati
A me sembra che la gente che protesti a sproposito. Ma non per quello che dice Luca, perche’ questi signori sono tutti stati rinviati a giudizio, i processi si celebreranno nei prossimi mesi, quindi il sospetto concreto che qualcosa abbiano fatto esiste eccome.
Ma perche’ in questo paese si sta in galera se una sentenza ha stabilito che dobbiamo scontare una pena, o se esistano motivi cautelari legati alla possibilita’ di fuga o di reiterazione del reato.
A me sembra che sostenere che qui possa esserci reiterazione non sia campato in aria. Potevano nel caso essere trattenuti per quello, non per una sorta di “anticipo di pena per evidenza di reato ripreso perfino dalla TV” che mi sembra quel che la gente reclama ma che e’ la barbarie del diritto.
Da condannare invece la protesta di chi vorrebbe la gente in galera
Anche dopo 40 anni di questi rituali, mi pare che la sindrome dei “compagni che sbagliano” non guarisca mai nei sinistri, anche in coloro che non hanno nulla in comune con questi teppisti da stadio e che dovrebbero mostrare tutta la distanza possibile da loro. Quanto ai magistrati, mi pare innegabile una certa indulgenza, se non compiacenza, verso costoro.
Condivido con Luca. Io ci vedo solo una bella occasione succulenta per attaccare i giudici in chi ha interesse a farlo.
Anche nel caso in cui quei giovani si siano inc*******ati delle suore durante la manifestazione, non si può dire “ah che schifo dovevano stare in galera”, se non hai IDEA del perchè siano stati fermati, caso per caso.
Da quel che si legge sui giornali viene contestato alla maggior parte di loro il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Lo stesso reato di cui Maroni, che tanto si indigna oggi, fu riconosciuto colpevole in primo grado, appello e cassazione.
@Sauron: son stati troppo indulgenti anche con Maroni, visto che in carcere non ci è mai andato?
Ok, d’accordo con Luca.
Ma forse occorrerebbe un altro post dal titolo:
“Qualcuno qualcosa avrà fatto”
Sante parole. Ricordiamocele la prossima volta che si dà dei giustizialisti così, un po’ caso, a gente che chiede di mandare in galera noti e comprovati grandi ladri.
Condivido in toto. Credo che il titolo sia un riferimento ad una triste frase molto usata qui in argentina negli anni ’70 “algo habrán hecho”.
Hai ragione, pero` e` innegabile anche una cosa: qualcuno a roma ha fatto delle cose che sono inaccettabili in democrazia e quel qualcuno e` a piede libero. Magari non si trattava dei 22 fermati, pero`, allora, la magistratura deve indagare e condannare chi si e` reso protagonista delle immagini che abbiamo visto, magari anche velocemente. Garantismo non e` giustificazionismo.
Il mio pensiero completo qui: http://democraticallyspeaking.wordpress.com/2010/12/17/rispetto-per-la-magistratura-ma/
Tanto vero che, pur con le debite proporzioni, mi indispettiscono gli appelli per salvare oggi Sakineh, ieri Paula Cooper… i condannati a morte. Ma un appello serio per eliminare la pena di morte, ovvero il problema “a monte”…, no?
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Eppure Maroni sa cosa vuol dire essere pestati dalla polizia semplicemente se ci si trova in un posto sbagliato, oppure ha fatto finta quando si è fatto trasportare in barella con il collare che gli bloccava il rachide cervicale? Oppure le botte in testa hanno lasciato il segno?
il concetto di punirne uno per educarne cento ha sempre attecchito nelle teste di molti
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La DIGOS assalta la sede della Lega
Umberto Bossi tira il fiato e si concede una battuta con i cronisti: «Grazie a tutti, oggi vi siete riscattati». Ha appena salutato Roberto Maroni steso in barella, gli ha sussurrato: «Coraggio, siamo forti» prima che lo infilassero in un’ambulanza. Ha la camicia sbrindellata, i pantaloni strappati, la faccia pallida, l’espressione preoccupata. Fuma dagli occhi: «E’ un atto di puro fascismo, il regime ha perso la testa. La nostra risposta non può che essere gandhiana. Adesso la secessione è più vicina».
La DIGOS (Dipartimento Investigativo dei Gruppi Operazioni Speciali) ha fatto irruzione nella sede della Lega in via Bellerio, con un mandato di perquisizione irregolare, ha perlustrato da cima a fondo i locali infrangendo vetri, sfasciando porte chiuse, strattonando e aggredendo alcuni parlamentari leghisti; ha mandato ko Roberto Maroni che ha ricevuto una buona dose di gomitate e colpi in testa e ai testicoli. Ma questo è il finale di una tragicommedia che inizia all’alba.
ORE 7. Quattro agenti della polizia giudiziaria si presentano a casa di Corinto Marchini (capo delle «camicie verdi» della Lombardia) con un mandato di perquisizione e imputazioni gravi: attentato alla Costituzione, violazioni del codice penale che prevedono anche l’ergastolo. Gli agenti rivoltano le stanze. Sequestrano una decina di camicie (verdi, ovviamente), e alcune bandiere della nazione padana. Portano via anche un organigramma delle sedi del servizio d’ordine. (Va sottolineato che le «camicie verdi» non sono un’organizzazione militare ma, al contrario, operano disarmati solo alle manifestazioni pubbliche per assicurarne la conclusione pacifica).
Poi si fanno accompagnare in via Bellerio, pretendono di entrare nell’ufficio di Marchini. Vengono respinti alla portineria: nella sede della Lega non esiste nessun ufficio di Marchini. Gli agenti di polizia non insistono, aspettano nuovi ordini dal Procuratore della Repubblica di Verona.
ORE 11:45. Arriva l’on. Roberto Maroni. Parla con il dirigente di polizia, il clima è disteso. Fa impressione vedere dall’altra parte della barricata un ex Ministro dell’Interno.
ORE 13. C’è una conferenza stampa volante di Maroni: «Le perquisizioni ad alcuni esponenti della Lega sono un atto politico degno dei tribunali speciali fascisti, sono un’intimidazione contro la Lega, neppure Craxi è stato trattato così». L’avvocato difensore di Marchini, Matteo Brigandì, interviene: «La DIGOS non è entrata nella sede della Lega perchè non aveva un regolare ordine di perquisizione».
ORE 15. Marchini va in trattoria a pranzare e dice: «Sono venuti a casa mia solo perchè non potevano prendersela con Bossi».
ORE 17. E’ il putiferio. Otto agenti si presentano alla portineria, sventolano un foglio di carta fresco fresco. Maroni legge e scrolla la testa e chiede al funzionario:
«Ma questo è una copia dell’originale, lei l’originale l’ha visto?».
«Si, l’ho visto», replica il poliziotto.
«E’ stato a Verona in queste ore? Il mandato di perquisizione gliel’ha consegnato il procuratore?».
«No, me l’hanno mandato via fax».
«Allora lei dice il falso e questo mandato non è valido. Qualcuno chiami i Carabinieri, per favore, qui voi non avete diritto di entrare. E’ violazione di domicilio!»
ORE 18. La Digos non aspetta più. Ha perso la pazienza e forse anche la testa. Sfonda un cordone fatto di parlamentari. Gomitate, spinte, calci. La polizia si fa strada con la forza, entra nel corridoio della sede. Sulle scale incontra Umberto Bossi, che chiede spiegazioni. Maroni: «Hanno un atto di perquisizione fasullo, qui non possono entrare, è una violazione gravissima, sono entrati nella sede di un partito politico, non si era mai visto».
Bossi non apre bocca, è pallido come un cencio ma si accoda ai suoi uomini. Tutti corrono verso il sotterraneo e fanno muro davanti a una porta a vetri. «Questo è il mio ufficio, voi non potete entrare!» avverte Maroni.
A regola, lì non si può entrare: è violazione dell’immunità parlamentare.
Ma la DIGOS se ne infischia, forza, spinge. Lo scontro è violento, delirante: Bossi e Maroni ricevono gomitate e botte in testa.
Ci si può vergognare di essere italiani. [Infatti ci sentiamo PADANI, sono gli italiani a fare queste cose- nota].
Volano pugni, schiaffi, insulti. Gli agenti vanno avanti come panzer ed entrano nell’ufficio di Maroni, che ritengono essere di Marchini. Non trovano ciò che speravano o immaginavano, ma nel frattempo Maroni è steso a terra, in mezzo ai vetri, supino.
(Enza Cusmai, il Giornale, 19 settembre 1996).
Li avrei tenuti dentro per aver distrutto le ragioni di chi protesta per aver dato credito ai maiali mafiosi che ci governano. Perfortuna le leggi non le fanno i cittadini con la pancia. Non le ultime però. le ultime le fanno con organi ancor più bassi, bassi come la morale l’ietica la professionalità l’onestà di chi le fa.
C’è di peggio, ieri ho letto su fb il commento all’accaduto da parte di un conoscente.
In sintesi per lui il daspo è poca cosa, bisogna ritornare all’olio di ricino, a delle sane manganellate, e se non basta mettere al muro questi che vanno manifestare.
La cosa che sconvolge è che il tipo in questione è un militare e non si fa vergogna di dire certe cose sulla vetrina di fb e non è un caso isolato
C’è di peggio, ieri ho letto il commento all’accaduto di un collega, in sintesi sostiene che il daspo sia poca cosa, che ci vorrebbe l’olio di ricino, delle sane manganellate, e se non basta allora si dovrebbe metterli al muro.
Detto da un militare su una bacheca fb senza vergogna, lascia veramente a bocca aperta!
ops scusate l’errore :)