Siamo tutti paese reale

L’altra sera ho incontrato un mio amico di destra, e dopo un po’ mi stava già spiegando che i colti e ricchi milanesi del centro votano a sinistra e le signore abruzzesi della periferia invece votano Berlusconi, e che le signore abruzzesi la sanno più lunga. La solita noiosa pretesa che esistano due italie non è tanto quella attribuita alla sinistra (i colti buoni e gli ignoranti cattivi) ma viceversa questa assai più trasversale: che esista un’Italia popolare, sincera e apprezzabile e una artificiosa, intellettuale/ricca e ipocrita.

Non è un pensiero di destra, ma appunto trasversale: in quanto populista e demagogico attecchisce sia a destra che a sinistra, dove è pieno di gente che ha lo stesso giudizio del mio amico di destra. E infatti a sinistra prosperano molto la retorica del “paese reale”, del “contatto col territorio”, e l’idea che gli italiani si dividano tra mondine e stilisti: e chi la propala di solito somiglia molto più a uno stilista che a una mondina, per quanto voglia credere il contrario.

È un tema abusato ma anche imbattibile: perché le semplificazioni vincono sempre e la complessità è difficile da accettare. Ma una cosa particolarmente buffa nella presunzione di conoscenza del paese reale da parte di queste analisi è che viene immaginato solo attraverso i suoi microcosmi estremi e quasi da giardino zoologico, escludendo tutto quello che c’è in mezzo. Salotti milanesi di intellettuali di sinistra e casalinghe abruzzesi, circoli di cineasti e pensionati che leggono Feltri, ricchi banchieri e immigrati sulle gru. Mentre è vero non solo che questi sono solo alcuni di mille microcosmi di cui è fatta l’Italia, e che non esiste nessun “paese reale” (tutto il paese è reale, compresi i geek tutto il giorno su blog e Friendfeed e le famiglie che aspettano telefonate da Arcore per le loro bambine). Ma è anche vero che i “microcosmi” più numerosi, le maggioranze visibili degli italiani, sono “medie” rispetto a questi estremi, e nessuno le cita mai. Classi medie a passeggio per i centri delle province il sabato con le scarpe di Della Valle e i giubbotti firmati, giovani che escono dalle stazioni ferroviarie la mattina dopo aver visto l’Isola dei famosi, adolescenti domestici giocatori di videogames, sono persone che le prime pagine del Giornale o di Repubblica non le vedono per mesi, e che sono definite “politicamente” solo dal loro essere soggetti degli stessi consumi. Per il resto non sono né meglio né peggio di Umberto Eco, della signora abruzzese, di Sallusti o di un immigrato tunisino: anzi, alcuni sono meglio e alcuni sono peggio e alcuni siamo noi. Ma sono tanti, simili e diversi, e sono loro a definire – piuttosto indifferenti – chi governa l’Italia: non le macchiette cachemere/grandefratello che si inventano i commentatori di destra o sinistra abituati a pensare che gli italiani siano soltanto i loro colleghi che hanno visto la sera a cena o il fruttivendolo che hanno incrociato la mattina.

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22 commenti su “Siamo tutti paese reale

  1. marcocampione

    giustissimo. c’è un corollario per questa teoria: quelli che ti dicono “l’ho sentito al bar” come se ti stessero dicendo che lo ha detto “il paese reale”. Il paese reale fa colazione in molti posti. Al bar, a casa, in ufficio, in albergo… C’è perfino un paese reale che non fa colazione

  2. Francesco

    Giusto.
    E soprattutto: il Paese Reale, non fa mai (davvero, proprio mai) colazione in quello specifico bar!

  3. albertog

    Dì al tuo amico di destra che si ricorda male: era il pastore ad essere abruzzese, la signora era di treviso (e il bracciante lucano).

  4. albertog

    Sono d’accordo con il post. E’ curioso che proprio a “destra” ci sia questa tentazione di fare sociologia, una tentazione che di solito viene rimproverata alla “sinistra”. (metto fra parentesi destra e sinistra perché sono categorie che già il “18 Brumaio” di Marx dimostrava ambigue, ma in Italia oggi grosso modo si capisce che cosa si intende).

  5. Knup

    Per quanto sia d’accordo col senso generale, nel caso specifico potremmo dire invece che è un’errata traduzione di termini nei risultati di alcuni studi su atteggiamenti politici. In america infatti questi si fanno parlando di “conservative” e “liberal” che è ben diverso sia da democratici e repubblicani ma soprattutto da destra e sinistra.

    Poi è vero, uno studio scientifico è per sua stessa natura discutibile ma a quanto mi risulta per il momento i risultati tendono a confermare questo “mito” dei cittadini tendenzialmente liberali e “paesani” tendenzialmente conservatori.

  6. ilbarbaro

    Nato e vivente a Roma, sono cresciuto in Abruzzo da genitori abruzzesi. Ho votato PCI una sola volta in vita mia, “perché Berlinguer era una brava persona”, in occasione di quelle europee in cui divenne, per un attimo, il primo partito d’Italia. Mio padre e mia madre, invece, so per certo che non l’hanno fatto neanche allora. Né io, né loro abbiamo mai votato per la destra, foss’anche DC, o, men che mai, per Berlusconi. Conosco abruzzesi residenti a Roma e in Abruzzo che lo hanno fatto, ma questo non priva loro, me e i miei di un’identità, tanto meno regionale, né ce la attribuisce.
    Avessi un “amico”, e di amici, veri, di destra ne ho anch’io, che mi facesse un discorso del genere, prima ancora che arrampicarsi sugli specchi in improbabili difese del suo nume, gli toglierei perfino il saluto.

  7. Simonluca Merlante

    Ok, tutto giusto. Poi però (noi di sinistra) non facciamo i lamentosi quando diciamo che per Berlusconi tutto è marketing e la politica è marketing e Berlusconi usa le ricerche di mercato anche per decidere le scarpe la mattina.
    Perchè le ricerche di mercato sono l’unico metodo che si ha per capire cosa fa sto esercito invisibile di Cittadini Reali. E’ un metodo impreciso, partigiano e un po’ puzzolente, ma funziona. Sull’opportunità di costruirci sopra una offerta elettorale e appiattirsi alle richieste del popolo, poi se ne può parlare… se si è disposti, ogni tanto, a perdere.

    (e mi autodenuncio a Francesco Costa per aver citato Berlusconi dove se ne poteva fare a meno…)

  8. ro55ma

    D’accordissimo sull’analisi ma mi manca un pezzo di finale: detto e ribadito che le cose stanno così, quella “classe media” che dappertutto decide i governi, e che contiene tutte quelle sfaccettature che nessuna visione populista e demagogica può ridurre a piccole macchiette, cosa si dovrebbe fare per rappresentarla meglio, ammesso che invece non ci sia da “addomesticarla” per farsi eleggere e poi dedicarci invece a quelle cose alte, di principio, fondamentali, delle quali, alla classe media, non potrebbe fregare di meno ? O è l’inverso….? Ops.

  9. Senza Parole

    Tema interessante.
    Luca, come ti sei sentito quando la canzone di Vecchioni che a te non piaceva, ha vinto Sanremo?
    il mio ragionamento e’ stato: se il televoto e’ truccato, perche’ avrebbero dovuto far vincere Vecchioni. Se il televoto e’ giusto, come e’ possibile che abbia vinto Vecchioni (che ho letto sul Post che ha cantato una brutta canzone).
    L’altor giorno da Fazio l’ho sentita. Nulla di speciale per me. Ho chiesto lumi alla mia compagna, di gusti musicali un po’ meno intellettuali di me, e mi ha detto che e’ una bella canzone. Belle le parole, bella la canzone.

    Hai capito che capacita’ che abbiamo di essere in sintonia con il paese, io e te?

  10. riccardo r

    Concordo. Occorrerebbe ammettere, ogniuno di noi, che conosciamo solo una piccola parte dei mille microcosmi che convivono in Italia.
    E’ lo stesso discorso dire che i cittadini italiani sono migliori della classe politica che gli amministra; e perché? Su che basi si dice ciò? Quali cittadini, ché ve n’è di migliori sicuramente, ma anche di peggiori? A quale classe politica facciamo riferimento?

  11. alexmeia

    @Senza Parole
    Se non si è in sintonia con il paese reale, pazienza. Ma se non fossi in sintonia con la mia compagna o, peggio ancora, se identificassi la mia compagna con il “paese reale”, inizierei a preoccuparmi.

  12. giorgiocanali

    ..eppure nel sostenere che gli italiani siano “medie”, ancorchè virgolettate, si cade nella stessa semplificazione di sopra. La superstizione della media, la chiamerei. O anche veltronismo

  13. Mattia

    Se uno scienziato non cercasse di definire il mondo che lo circonda con categorie, anche se imprecise, sarebbe un cattivo scienziato. Se un “analizzatore della societa'” (per quanto orrenda la definizione) come Luca e altri non cercassero di osservare, definire e analizzre cio’ che gli sta intorno, farebbero un cattivo mestiere. Io, al contrario di quanto avete scritto, credo nelle categorie della massaia di voghera, dell’intellettuale cinico e il lumbard che fa i dena’…tanto per intenderci. Ci credo perche’ non saprei come altro spiegarmi la stasi mefitica della societa’ italiana che cambia tutto, anche i termini per descrivere se stessa, pur di non cambiare nulla.

  14. parmi

    direi che in questo post descrivi l’altra faccia della medaglia del “5 milion club” di Severgnini…e sono d’accordissimo…

  15. Luca

    @senzaparole: la scomparsa della differenza tra “capire gli altri” ed “essere gli altri” è un elemento centrale dell’idea contemporanea per cui non ci sono più modelli e qualità a cui tendere.

  16. odus

    Verissimo ed ovvio. Infatti, lo si vede dai risultati elettorali quando si va a votare.
    Dei quali poi moltissimi si meravigliano e imperturbabili – vedi il fatto, repubblica e annozero – tornano a fare le loro suddivisioni in buoni e cattivi, radicalchi del centrocittà e casalinghe abruzzesi della periferia.
    Se no, dove e come potrebbero cavare i soldi per pagare il fornaio?

  17. odus

    Verissimo ed ovvio. Infatti, lo si vede dai risultati elettorali quando si va a votare.
    Dei quali poi moltissimi si meravigliano e imperturbabili – vedi il fatto, repubblica e annozero – tornano a fare le loro suddivisioni in buoni e cattivi, radicalchic del centrocittà e casalinghe abruzzesi della periferia.
    Se no, dove e come potrebbero cavare i soldi per pagare il fornaio?

  18. albertog

    E’ un po’ off-topic, ma questa proposta cosiddetta dei conduttori Rai a targhe alterne potrebbe finalmente aiutarci a capire chi è di destra e chi di sinistra. Sarà necessario istituzionalizzare una definizione di destra e sinistra per attuare l’alternanza. Si potrà quindi verificare se i conduttori di destra sono signore abruzzesi o ricchi milanesi.

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  21. Domiziano Galia

    Ci saranno tutti i microcosmi che volete, ma alla fine della fiera si concretizzano politicamente in otto partiti e nei due macroschieramenti. Non saranno scelte esatte, saranno menopeggiste, ma quello è l’effetto reale che producono sul governo del paese.
    E la sinistra sbaglierà a ridurre il suo programma ad un contro Berlusconi, ma ciò non squalifica la questione di fondo.
    Se i tuoi valori sono lealtà, onestà, intelligenza, rettitudine e, possiamo scomodare il termine? bontà, la sinistra potrebbe non essere la scelta giusta, ma di sicuro Berlusconi è la scelta sbagliata.
    Non c’è proprio margine di dibattito a questo proposito.

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