Ieri mattina, poco dopo la morte di bin Laden, mentre tutti i giornali del mondo si chiedevano se ci fossero delle fotografie dell’attacco, è circolata in rete una foto di bin Laden con la faccia tumefatta e sanguinante. In molti siti internet del mondo non è stata pubblicata: non perché avessero già capito che fosse falsa, ma perché non avevano elementi sufficienti per sapere se fosse vera. Tra questi il Post, dove abbiamo dato notizia nel liveblogging che alcuni siti la stavano mettendo online ma che era molto sospetta.
Tutti i siti di news italiani l’hanno invece subito pubblicata con grande spazio. Non starò a fare grandi riflessioni se si sia trattato di ingenuità o di deliberata indifferenza: ho scritto molte altre volte come la penso. Poi, mentre veniva dimostrata la manipolazione di una vecchia foto e la falsità di quella nuova, i siti dei giornali italiani hanno continuato a spacciarla per vera molto a lungo. Il percorso è stato poi il solito in questi casi – ormai frequentissimi – con l’introduzione della parola “giallo” nei titoli, e poi la ricostruzione di una nuova notizia intorno alla falsità della foto con totale rimozione della propria partecipazione alla sua diffusione.
E vedo che stamattina sui giornali la foto falsa occupa di nuovo grande spazio, con commenti che la fanno diventare una notizia in quanto falsa. Però la foto falsa di bin Laden morto non è una notizia: la potrebbe fare chiunque, un fotomontaggio oggi facile, e se ne fanno tantissimi ogni giorno (che a volte arrivano sui giornali, come con “Sarah Palin su Vogue”, e “Liz Taylor nuda”). Se non fosse stata pubblicata da importanti mezzi di informazione sarebbe sparita come molte altre. La notizia è infatti che sia stata ripresa e data per vera per molto tempo, ieri mattina, e che in tanti giornali abbiano voluto cascarci. Questa sola è la storia che meriterebbe commenti e analisi dai giornali di oggi: o anche semplicemente il racconto di cosa sia successo e come abbiano deciso di raccontarla per vera. Anche senza autocritiche – le autocritiche non si chiedono – ma solo per spiegare cosa sia l’informazione oggi e come funzioni. Vogliamo fare che funziona così? Va bene, le cose cambiano: ma spieghiamolo ai lettori.
E soprattutto, senza dire ancora che si tratta di una “bufala di internet”: quelli che le hanno dato diffusione anche questa volta sono le testate giornalistiche tradizionali, i professionisti, gli iscritti all’ordine, i garanti della qualità dell’informazione, eccetera. È un bel tema.
Aggiornamento: battaglia persa. Poche ore dopo questo post i siti di molti quotidiani italiani hanno pubblicato un’altra foto palesemente falsa, con lo stesso credito data alla precedente. L’ingenuità non è più evidentemente una delle possibilità.
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Quello che mi ha infastidito di più è stata non tanto (o non soltanto) la superficialità nelle verifiche, ma lo stesso fatto di sbattere la foto in home page, a otto colonne (digitali).
Va bene era il cattivo, va bene è morto, ma non vedo la necessità di pubblicare una foto così orribile appena sotto la testata. A prescindere che sia vera o falsa.
E’ inutile, stupido, e semplicemente cattivo giornalismo. E’ voyerismo della peggior specie, morbosità, e nient’altro. Certo non informazione.
E’ un bel tema che mi pare già esaurito da anni. Da quando precisamente si studiava all’Università la modalità con la quale sono costruite le notizie (Leggasi tra tanti F. Tonello “La nuova macchina dell’informazione 1999 Feltrinelli). Oggi con la possibilità di avere accesso in tempo reale all’informazione le testate giornalistiche composte dagli iscritti all’albo, invece di approfittare di questo strumento e scavare, colmare le lacune e FARE informazione, si accontentano di consultare aggregatori, blog e email e pubblicare distrattamente perché la pubblicazione nell’era dell’informazione istantanea ha perso la sua importanza. L’ha persa proprio come l’esempio qui sopra dimostra. Si stampa una gran bufala. Pazienza. Non è successo nulla. Anche se si tratta del primo quotidinao italiano. Non si rimette in discussione tutto il processo. Non si fanno delle scuse ai lettori (che comunque non ne meritano avendo acquistato il prodotto). Si chiude un occhio e si tira avanti.
Tanto il giorno dopo…è un altro giorno.
Indipendentemente da chi le produce, e se fosse il contrario di ciò che sostiene Eco: la rete scopre più facilmente le “bufale”.
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