Il Wall Street Journal ha ricostruito il caso del “muffingate”: l’ufficio Ispezioni del Ministero della Giustizia americano aveva a settembre annunciato orgogliosamente un’inchiesta sugli sprechi all’interno del ministero, tra i cui risultati c’era anche la scoperta della documentazione amministrativa di una riunione ministeriale per cui si era provveduto alla colazione dei partecipanti pagando tra l’altro dei muffin (quei dolcetti americani che da un po’ vendono anche negli autogrill, qui) sedici euro ciascuno. Un po’ come in Italia con la recente produzione di scandalo intorno ai costi della politica – i giornali ultimamente sembrano privilegiare più i prezzi delle lasagne dei deputati che i grandi sprechi in investimenti pubblici – la storia aveva fatto il giro di tutti i media, a cominciare dal Washington Post e dalla CNN. Ma due giorni dopo il fornitore di quelle colazioni di lavoro aveva comunicato che sedici dollari (circa dodici euro) era in realtà il prezzo pagato per un’intera colazione, non solo i muffin. Ma a quel punto solo 37 dei 223 articoli usciti con la notizia – lo ha calcolato il sito Huffington Post – sono stati corretti o aggiornati dai media americani. Nessuna delle maggiori tv che aveva annunciato i muffin da sedici dollari ha per esempio informato i suoi spettatori che la storia era falsa.
L’articolo del Wall Street Journal conclude che gli sprechi ci sono e vanno combattuti certo, ma che il clima da “beccato!” che domina le scelte di giornali, siti e tv non aiuta a combatterli: “il competitivo mondo dei giornali in crisi di copie, i programmi televisivi in guerra tra loro, i blogger in cerca di attenzione non aiutano il giornalismo accurato e le analisi approfondite”.
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