Ieri erano 40 anni esatti dalla morte di Franco Serantini, ucciso dal pestaggio della polizia durante una manifestazione di sinistra a Pisa il 5 maggio 1972, dopo due giorni di sofferenze in carcere. È un paese che celebra qualunque anniversario con grande (e a volte legittima) enfasi, ma di Serantini mi pare non si sia ricordato nessuno. Al Post volevamo pubblicare le pagine del bel libro di Corrado Stajano, ma c’è un problema di diritti e non siamo riusciti. Poi la giornata ci ha travolti, e non siamo riusciti nemmeno noi nel nostro piccolo a supplire a questa impressionate mancanza: che rivela quanto quella storia sia dimenticata e quanto nessuno abbia voglia di ricordarla: sarà che non ci sono eccitanti polemiche da alimentare.
Almeno a Pisa, se ne ricordano:
il 7 maggio prossimo ricorrerà infatti il 40° anniversario della morte di Franco Serantini, anarchico di soli vent’anni, brutalmente percosso da alcuni agenti del 2° e 3° Plotone della 3a Compagnia del 1° Raggruppamento celere di Roma mentre – il 5 maggio 1972 – partecipava a una manifestazione antifascista di protesta contro il comizione dell’allora onorevole Giuseppe Niccolai dell’Msi. Franco venne poi trasportato al carcere “Don Bosco” di Pisa e lì, nonostante la sua disperata richiesta di cure, venne prima interrogato e solo in seguito sottoposto a una visita medica.
Il 7 maggio lo trovarono morto nella sua cella. Il certificato di morte parlò di “ematoma intracranico post-traumatico”, ma l’avvocato Giovanni Sorbi che all’epoca prese parte all’autopsia parlò di “corpo devastato” dai colpi.
Franco Serantini viveva nel Collegio Pietro Thouar, nella piazza che oggi, per la maggior parte dei pisani, porta il suo nome. Dopo la morte gli amici e i compagni di Franco, insieme a gran parte della città, lo hanno voluto ricordare apponendo una targa sull’edificio dove Franco aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita e ponendo nella piazza un monumento di marmo a memoria.
Da quel momento per tutti gli amici di Franco, e per tanti pisani in generale, la Piazza San Silvestro è diventata di fatto il luogo deputato alla memoria di Serantini. Nel 2011 la Biblioteca che porta il nome di Franco, ha promosso una petizione on-line perché gli fosse intitolata la piazza. Più di un migliaio le firme raccolte, ma l’Amministrazione comunale a quella voce ancora non ha prestato orecchio.
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Chapeau! Per un pisano che era un bimbo e un pisano che non era un eroe, ed è stato quasi dimenticato.
Grazie Sofri per averlo ricordato e per aver mantenuta viva la memoria. Consiglio a tutti coloro che sono (beati loro) troppo giovani per aver vissuto quel periodo di leggere il libro di Stajano, una testimonianza davvero straordinaria che non può non colpire profondamente chiunque abbia un cuore e una coscienza. E il ricordo deve andare a anche a quegli eroi sconosciuti che hanno impedito che la vicenda fosse insabbiata, a cominciare dai funzionari comunali che si rifiutarono di stilare un certificato di morte (naturale) falso e di autorizzare la sepoltura senza nemmeno un’autopsia.
Oggi ho imparato qualcosa che non sapevo, grazie.
“il sovversivo” di stajano, letto rocambolescamente da ragazzino in un’edizione einaudi stropicciata che era passata per molte mani, è stata una delle letture che hanno formato la mia coscienza politica e, di fatto, mi hanno cambiato la vita.
bene. bastano anche poche righe.
fine anni ’80, passavo da piazza San Silvestro ogni mattina per andare a lezione alla Marzotto.
ogni volta che guardavo il monumento a Serantini sentivo come il rumore di fondo di quegli anni ’70, dei cortei, delle cariche… un po’ di coscienza civica si è formata anche informandosi su cosa era successo in quella piazza.
Far conoscere, informare, intitolare piazze, mettere targhe serve, serve molto, non bisogna far cadere nell’oblio…
Grazie
Di nome avevi Franco,
cognome Serantini;
i nazi-celerini
ti han fatto morir.
Ti hanno preso in piazza,
gridavi “No al fascismo!”,
ma un figlio di nessuno
questo non lo può gridar.
Avevi solo vent’anni,
vivevi l’anarchia,
ti han coperto d’odio,
di botte e sangue. Sì!
Chiuso nella tua cella,
cercavi invano aiuto,
ma a un figlio di nessuno
l’aiuto non si da!
Così, la tua vita
te l’han strappata via.
Ridi, Democrazia
fascista e non Cristiana.
E tu, Scudo Crociato,
bestemmi anche al Cristo:
sei scudo del fascismo
di ieri e oggi, ancor.
Contro questo fascismo
che ha il segno della morte,
Franco, la tua sorte
ci chiede l’unità!
Una unità di classe,
sopra gruppi e partiti,
una unità in coscienza
di nuova resistenza.
“Tenetemi nel cuore!”
ci grida Serantini,
“Tenete questo amore,
è amore per lottar.
Tenetemi nel cuore,
compagni e cristiani!
Tornate, partigiani,
ed io non morirò!”
Grazie per questo post.
La lapide è rimasta lì, anche ora che l’intero complesso è stato restaurato e passato alla gestione della Normale. E mi ha dato l’occasione di raccontare a mio figlio la storia di un suo coetaneo di quarant’anni fa.
E’ vero che le lapidi servono, e anche i post come questo: trasmettono memoria.
Il cinque di maggio del Settantadue nella citta’
di Pisa in Italia in mezzo alla citta’
alcuni miei concittadini armati
agenti della polizia repubblicana scatenati
coi fucili rompendogli le ossa del cranio hanno ammazzato
e a calci un giovane manifestante chiamato
Franco Serantini. A quelli che lo hanno ucciso
il governo ha benedette le mani con un sorriso.
Alla radio hanno parlato dei nostri doveri.
La gente ha altri pensieri.
Negli anni della mia vita le vittime innocenti
hanno coperto di corpi i continenti
e ogni giorno il potere squarcia e distrugge chi non
accetta chi non acconsente chi non si consuma con
rabbia o devozione. Lo so perche’ io
guardo dalle due parti come un ridicolo iddio.
Non voglio impietosire, non lo mostro denudato
con la fronte nera che i grandi gli hanno spezzato.
E potrei farvi piangere saprei farvi gridare
ma non serve al difficile lavoro che abbiamo da fare.
Per questo queste parole non sono poesia
se non per una rima debole che va via
di riga in riga sibilo e memoria
o augurio o rimorso di qualcosa che fu gloria
o pieta’ per nostra storia feroce
canto che serbo’ un nome voce che amo’ una croce.
Non c’e’ ragione che valga il male ne’ vittoria una vita.
La mia lo sa che fra poco sara’ finita.
Ma se tutto e’ un segno solo e diventano i destini
uno solo e noi portiamo Serantini
finche’ possiamo.
Franco Fortini
[L’ospite ingrato. Primo e secondo, Marietti, Casale
Monferrato (Al) 1985]
Capito qui proprio perché cercavo info su Serantini… non ne sapevo nulla.
Ne approfitto dunque per segnalare l’articolo pubblicato oggi sul Manifesto. In ultima pagina, è la trascrizione di un intervento di Corrado Stajano, del 2011, in cui si ripercorre la triste vicenda di questo ragazzo, dall’infanzia ta Sardegna e Sicilia fino alla militanza a Pisa