Grazie per il pensiero

Marino Sinibaldi mi ha mandato questa risposta a quello che avevo scritto ieri. In coda aggiungo ulteriori brevi riflessioni.

Caro Luca, grazie per il pensiero così saggiamente costruttivo sul tema destra e sinistra, polarizzazioni, differenze, eccetera. Al di là delle inclinazioni caratteriali –magari la mia è diversa dalla tua, meno precocemente matura e misurata-, è impossibile non vedere come un paese pietrificato nelle sue contrapposizioni è difficile da vivere, noioso da raccontare, impossibile da governare. Se non altro per una banale ragione matematico-elettorale: se i voti non si spostano, le maggioranze non cambiano -anzi ormai non esistono. E non c’è legge elettorale che tenga. Persino gli tsunami isolani (che brutta metafora nella regione di Messina, l’unica città italiana dove uno tsunami catastrofico arrivò davvero!) non spostano voti da destra a sinistra. Chi non si riconosce più nel proprio campo lo abbandona ma si lega le mani piuttosto che riconoscere l’altro. Solo l’irruzione, a questo punto inevitabile e da questo punto di vista perfino salutare, di qualcosa di inedito, estraneo, vagamente barbarico, consente di sconvolgere e mettere in movimento situazioni congelate. Perciò, come darti torto quando irridi il campanile, la famiglia, il noi contro voi?
Però c’è una cosa che sta succedendo in questi giorni davvero strana e, ahimè, istruttiva. Avremo visto insieme centinaia di puntate di Report. Siamo saltati sulle poltrone, storditi da una girandola di scandali vergognosi, truffe spaventose, malversazioni e appropriazioni rivelate da quello straordinario programma ogni santa domenica. Poi ci siamo regolarmente stupiti e indignati per l’assenza di reazioni. Pensavamo, noi più ingenui e magari soltanto i primi tempi, “domani scoppia un casino” ma non è scoppiato regolarmente nulla o quasi. I lunedì sono strascorsi tristi come al solito. Ora, è bastato che una di queste inchieste colpisse la pancia dell’opinione pubblica di sinistra (la pancia che prima di altri ha intercettato Di Pietro) perché l’esito cambiasse. Reazioni tempestose, richieste rabbiose di chiarimenti e di giustificazioni perfino in presenza di sentenze giudiziarie che in altri tempi e davanti ad altri scandali avrebbero messo immediatamente –e ingiustamente, a mio avviso- a tacere chiunque. Stavolta no: grazie a Report, quella leadership viene appassionatamente, pubblicamente messa in discussione. Un segno dei tempi, forse: la misura è colma, l’indignazione verso i partiti non si arresta di fronte a nessun totem. Ma più ancora un segno delle parti. E, nonostante i tuoi auspici, della loro resistente diversità. Perché (come in altri casi ma stavolta più spettacolarmente) è bastato mettere in discussione la moralità di una parte e dei suoi rappresentanti per turbarla in profondità. E perché la pancia dell’altra metà dell’opinione pubblica ha invece, a Report e altrove, inghiottito per anni e anni letteralmente di tutto, accettando ogni scandalo che la riguardasse con una indifferenza allegra e festosa (anche quando non ha indossato teste di maiale, per divertirsi ancorpiù). Non c’è bisogno, credo, di citare casi particolari. Risalendo lungo la propria memoria, ciascuno troverà il momento in cui si è chiesto davvero come facessero “gli altri” a sostenere, poniamo, che sì, lei è la nipote di Mubarak, non si discute, va bene così (e persino, per così dire, a metterla per iscritto votandola, questa verità). Qui c’è, scavato da anni e ancora sotto i nostri occhi, un solco che il tuo pensiero, così benintenzionato, costruttivo e necessario, non riesce, mi sembra, a colmare. E una contraddizione che l’indispensabile ricerca di condivisione se non altro istituzionale non riesce a elaborare. Così, senza ricorrere a nessuna obsoleta e odiosa superiorità, finche resisterà questa asimmetria chi ha un carattere meno conciliante del tuo non considererà normale quello (le distanze che si accorciano, le false differenze che cadono) che lo è per te. E che un po’ piacerebbe anche a me.

Caro Marino, grazie, hai diverse ragioni ma non tutte. Sarò schematico:
1. Che ci siano idee, comportamenti, scelte, migliori e peggiori non c’è dubbio. E anche che io e te pensiamo che quelle migliori siano più frequenti da una parte. Ci sono le differenze. Tu sostieni, direi, che “comportarsi bene” è una cosa che avviene più frequentemente a sinistra, di fatto: e l’esempio nipote-di-Mubarak è lampante.
2. Però più frequentemente non è sempre. E ci sono molte persone nella politica di centrosinistra con cui sento davvero poca vicinanza politica e umana.
3. E soprattutto, le due valutazioni sono indipendenti: il mio “pensiero” preferito pretende di guadagnare consenso ai comportamenti nobili, e di ottenere, a partire da occasioni di condivisioni, che sempre meno persone tacciano di fronte alla nipote di Mubarak. E simmetricamente, che sempre meno persone abbiano la galera altrui come progetto di miglioramento della società, per esempio. La gara a chi è stato più bravo è forse addirittura un ostacolo rispetto a questo, chiunque la vinca. I buoni non vinceranno sconfiggendo i cattivi attraverso la verità eventuale (“siete cattivi!”): i buoni vinceranno quando saranno maggioranza.

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