Per se stessi e quindi per tutti

Può darsi che dell’individualismo di questi decenni – buono o cattivo che sia – si debba farsi una ragione trovando dei modi per convertirlo a buone cause, ovvero cause che siano soddisfacenti per tutti gli altri Io in circolazione.

Per stimolarli e indirizzarli proficuamente verso una specie di ricostruzione del nostro paese bisogna investire sulle ambizioni dei singoli e sulle solidarietà «di classe» e di gruppo. Non miglioreremo l’Italia per gli altri, per quelli che non conosciamo, per gli oppressi vecchi e nuovi: la miglioreremo per noi e i nostri simili – oppressi a nostra volta dalla perdita di una paglia –, per quelli con cui sentiamo di condividere qualcosa e che vorremo siano sempre più numerosi: se non lo diventeranno, vorrà dire che non avevamo capito niente e non eravamo solo minoranza, eravamo pure fessi, altro che élite.

(Un grande paese, 2011)

L’aveva fatta più semplice Margaret Thatcher nel 1988, scopro ora:

«Un uomo scala l’Everest per sé stesso, forse, ma arrivato in cima pianta la bandiera del suo paese»

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5 commenti su “Per se stessi e quindi per tutti

  1. Michele Mauri

    Voglio continuare a credere che un uomo scala una montagna per passione, per un senso di irrequietezza, per l’insopprimibile desiderio di sfidarsi. Il resto è retorica sciovinista. Sulle vette, come nel resto della vita. http://alternativanomade.wordpress.com/

  2. saintex

    la qual cosa poi sarebbe “la mano invisibile”:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Mano_invisibile

    “[…] Successivamente, dopo Léon Walras e Vilfredo Pareto, è stata normalmente intesa come metafora dei meccanismi economici che regolano l’economia di mercato in modo tale da garantire che il comportamento dei singoli, teso alla ricerca della massima soddisfazione individuale, conduca al benessere della società.”

  3. saintex

    prego :-)

    La “mano invisibile” è un concetto davvero importante in Economia, il primo a formularlo fu proprio Adam Smith (di fatto uno dei padri dell’Economia in quanto scienza): sosteneva che il ricco, pur essendo egoista ed avido, cercando di acquisire ricchezze è portato da una “mano invisibile” a fare l’interesse della società tutta: per Adam Smith la “mano invisibile” è la Provvidenza.

    Successivamente la “mano invisibile” viene identificata come i meccanismo del mercato medesimo e non più come la provvidenza.

    L’altra cosa interessante (e “tangente” a queste riflessioni) è che per quanto l’Economia sia oggi percepita come una disciplina fredda e quasi matematica, in realtà le grandi teorie economiche nascono tutte da grandi pensatori che si ponevano dubbi morali e sociali (si chiama “Economia politica” non per niente…)

    Ad esempio Adam Smith oltre alla “Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni” (cioè la “Ricchezza delle nazioni”) scrive la “Teoria dei sentimenti morali”; non parliamo poi di quale erano le preoccupazioni di Marx, perché tutti le conoscono (Marx è tra gli autori “classici” della disciplina economica); un altro grande autore è Marshall, uno dei padri della teoria marginalista, oggi dominante in tutte le università (è la “scuola neoclassica”), tuttavia Marshall è un matematico e la sua speculazione economica nasce dal desiderio di capire il motivo della miseria nell’abbondanza: http://en.wikipedia.org/wiki/Alfred_Marshall

    Ah! siccome ho letto “Un grande Paese” e conosco le tue teorie, potrebbe interessarti anche il fatto che un altro grande economista, “Vilfredo Pareto” (altro padre dell’economia neoclassica), formula, guarda un po’, una “Teoria delle élite”. Link:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Vilfredo_Pareto
    Cito da wikipedia:

    “- Chi è al potere è anche, necessariamente, il più ricco: chi sta in alto non gode solo di potere politico, ma di tutta una serie di privilegi,
    – L’élite svetta per le sue qualità, che possono essere sia buone che cattive,
    – Le élite sono tutte colpite da una decadenza piuttosto rapida,
    – Una élite che non si rigenera è destinata a perire brevemente (traspaiono, qui, retaggi tipici del darwinismo sociale),
    – Elementi di ricambio per le élite possono provenire dalle classi rurali, le quali subiscono una selezione più forte rispetto alle classi agiate; le classi agiate tendono a salvare tutti i loro figli, facendo sì che rimangano in vita anche elementi deboli e non adatti. Questo significa che l’élite al potere avrà in sé anche gli elementi peggiori e ciò la destina a peggiorare,
    – Ricorso alla metafora del fiore: l’élite è come un fiore, appassisce, ma se la pianta, cioè la società, è sana, essa farà subito nascere un altro fiore.”

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