Per qualche anno, più di vent’anni fa, sono entrato e uscito tantissimo dal tribunale di Milano. Qualche anno dopo ne scrissi una specie di diario postumo, per tenere ricordo di quel periodo. Oggi sono andato per curiosità a rivedere quel racconto, che a un certo punto diceva così.
Ci alzavamo che era buio, ci alternavamo in bagno e con le cravatte, raccoglievamo sacchetti di carte processuali e giravamo l’angolo fino alla fermata. Bucavamo i biglietti, tre ogni mattina e altri tre al pomeriggio. Scendevamo otto fermate dopo e arrivavamo al tribunale da dietro. Passavamo i metal detector, litigavamo con gli agenti sospettosi, entravamo nell’aula col mosaico di Sironi, un orrore che pretendeva di rappresentare la giustizia, come la corte su cui incombeva.