Ho visto un film americano con Ben Stiller e Naomi Watts che si chiama “While we’re young“: ha cose prevedibili e un po’ banali qua e là, ma anche diverse idee e intuizioni spiritose e brillanti. È una commedia che prende in giro da una parte gli infantilismi dell’avere vent’anni (con declinazione attualissima sulla razza hipster) e dall’altra gli spaesamenti ingenui di chi supera i quaranta. Le simpatie alla fine sono per i secondi, con un certo fatalismo: e ci sono gag in cui sarà facile che vi riconosciate.
Poi però c’è anche questa scena, che registro qui soprattutto per ragioni personali: e il mio riassunto contiene degli spoiler, quindi se siete sensibili al tema anche quando si parla di una commedia, state alla larga.
Ben Stiller fa il regista di documentari e ha appena scoperto che il suo giovane allievo Adam Driver lo ha ingannato per farsi aiutare in un proprio documentario in cui alcuni fatti sono inventati e falsificati, ed è indignato e scandalizzato perché non è questo il modo in cui si fanno i documentari, non si raccontano cose false, non si trasformano certi passaggi per rendere il racconto della realtà più efficace, non si inganna il pubblico: ed è arrabbiato per essere stato imbrogliato e reso complice della falsificazione. E quindi ha deciso di rivelare agli altri coinvolti nel progetto – sua moglie Naomi Watts che produce il documentario, suo suocero grande e ammirato regista di documentari a sua volta, il finanziatore ricco e fesso del progetto, tutti a tavola per un’importante serata di gala – l’imbroglio e le falsificazioni, costringendo Adam Driver a confessare.
Ma Driver balbetta qualcosa, dice e non dice, minimizza, così Ben Stiller decide di spiegare lui agli altri tutte le bugie del film, costruite per rendere più efficace una sostanza vera non abbastanza “forte” da sola, secondo Driver: “ci vuole un prima e un dopo, la gente ama un prima e un dopo”, dice per giustificare di avere inventato il prima e il dopo.
Ma gli altri, di fronte allo sbugiardamento, guardano Stiller imbarazzati, gli dicono di calmarsi, esprimono qualche disappunto nei confronti di Driver, ma Stiller si rende conto che nessuno di loro è scandalizzato o preoccupato quanto lui, nemmeno il suocero che pure ha appena tenuto un discorso sull’importanza dell’autenticità nel documentare e raccontare la realtà. “Se la sostanza è vera, che sarà mai qualche falsificazione?”, gli fanno capire più o meno esplicitamente, o anche “sono dettagli, abbellimenti, ma che importanza ha?”. Si capisce che pensano che lui sia invidioso, o eccessivamente rigido, e che stia rovinando un buon prodotto per delle pignolerie. Persino sua moglie, che lui interpella in cerca di un’estrema complicità, gli dice: “Lui è uno stronzo, ma il film è buono”.
E persino noi spettatori ci chiediamo, pur con la simpatia per Stiller, se non stia esagerando, e alla fine che vuoi che sia, la verità.
Ecco, volevo ricordarmi questa scena.