È possibile che, come suggerisce Massimo Mantellini, sia un’inclinazione al far diventare ogni cosa un evento strumentale ed enfatico, spettacolo di indignazione, ad aver generato le campagne di figurine eccetera in presunta difesa di Anna Frank.
È possibile che invece sia stata una sincera buona intenzione, mescolata a una ingenua e condivisa necessità di “fare qualcosa”, forse per se stessi più che per Anna Frank o per le persone discriminate.
Ma – lo metto a verbale in un angolino, per non far sentire soli altri come me, se ci sono – la leggerezza con cui stiamo trasformando una storia e un’immagine uniche e drammatiche nella storia del mondo in un “contenuto” da social network, in un aneddoto da prepartita, in immagini colorate con Photoshop, e in pomeriggi radiotelevisivi, non mi pare esattamente coerente con quella storia e il significato che le avevamo dato. “In difesa di Anna Frank”, potevamo lasciare che restasse Anna Frank.
In difesa di A. F.
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