L’era della post logica

È un interessante ed effettivamente prevedibile sviluppo della post verità: una volta eliminato ogni valore della verità e dei dati di fatto, sta diventando normale e accettato esporre argomentazioni palesemente contraddittorie, infondate, illogiche, e sta diventando inutile opporre a queste argomentazioni delle ragioni logiche che in altri tempi le avrebbero “smontate” e annullate. Le tesi e le opinioni non si stanno più solo scollando dalla realtà dei fatti, ma dalla stessa logica e plausibilità. Se negli ultimi anni ci era sembrato che ormai si potesse dire “fuori piove” anche se c’era il sole, con sprezzo della realtà visibile, adesso l’impressione è che si possa anche dire “fuori piove, esco con una carota così non mi bagno”.

Il più visibile campione di questo “bispensiero” orwelliano è Matteo Salvini, ma soprattutto perché occupa molto la scena: in realtà è una tattica dialettica che si sta molto diffondendo, da quando ha smesso di essere perdente (ovvero da quando qualcuno ti diceva “ma che stai dicendo? come fa una carota a coprirti dalla pioggia?” e allora tu lasciavi perdere, imbarazzato, e ripiegavi sull’ombrello, tra le pernacchie dei presenti). Salvini che ripete il tormentone degli “attaccati alla poltrona” mentre si affanna in ogni modo a ricostruire situazioni che lo conservino ministro, o ce lo riportino; Salvini che adotta lo slogan “mai col PD” senza che quell’ipotesi sia mai apparsa, e senza che nessuno sia in grado di dire cosa significhi; Salvini che urla al tradimento degli elettori e all’inciucio per l’alleanza PD/M5S, dopo un anno di alleanza Lega/M5S; Salvini che dice “noi non insultiamo nessuno”, seriamente; Salvini che viene smentito su Savoini in Russia, e però continua a ripetere versioni implausibili; Salvini che ordina ai sindaci leghisti di disobbedire sulle unioni civili, poi minaccia i sindaci progressisti di conseguenze penali e personali se disobbediranno sul decreto sicurezza e poi suggerisce di nuovo ai sindaci leghisti di disobbedire sulla dislocazione dei migranti; Salvini che dice “A chi coinvolge i bambini nella polemica politica io non ho niente da dire”, e poi si presenta sul palco di Pontida esibendo una bambina per polemica politica; eccetera.

Bispensiero, o bipensiero (in inglese doublethink), è un termine in neolingua coniato da George Orwell per il suo libro di fantascienza distopica 1984, utilizzato dal Partito del Grande Fratello (il Socialismo Inglese, o Socing) per indicare il meccanismo psicologico che consente di credere che tutto possa farsi e disfarsi: la volontà e la capacità di sostenere un’idea e il suo opposto, in modo da non trovarsi mai al di fuori dell’ortodossia, dimenticando nel medesimo istante, aspetto questo fondamentale, il cambio di opinione e perfino l’atto stesso del dimenticare. Chi adopera il bispensiero è quindi consciamente convinto della veridicità (o falsità) di qualcosa, pur essendo inconsciamente consapevole della sua falsità (o veridicità). Il bispensiero è ipoteticamente essenziale nelle società totalitarie che, per definizione, richiedono un’adesione costante di fronte a mutevoli linee politiche.

Non sto parlando – c’è una differenza – di semplici falsificazioni di fatti: sto parlando di retoriche, propaganda, tesi, che non stanno in piedi e crollerebbero all’obiezione di un bambino, ma che oggi diventano indifferenti invece a qualunque obiezione più ovvia (cito solo en passant Bibbiano: diventata un’accusa vincente e popolare contro un partito senza nessuna ragione sostenibile; solo per un’accusa di abuso di ufficio – magari anche fondata, figuriamoci, vedremo – contro un amministratore di un piccolo comune, ovvero quello che in un anno succede a mille amministratori di molti partiti in mille comuni).

E non sto nemmeno parlando di incoerenza, cosa vecchia e sempre presente nella politica: i deputati del PD che dicevano “mai col M5S” se oggi glielo ricordi sono imbarazzati, accampano ragioni, dicono che bisognava fermare la Lega, che le cose sono cambiate, si rendono conto di essere in un angolo e si arrabattano, in difficoltà. La logica li frega, ancora. Quando impareranno l’approccio Salvini, ignoreranno del tutto le contestazioni e andranno dritti dichiarando “siamo fieri dell’alleanza con il M5S, un partito di competenti per il bene del paese” e ribatteranno “Salvini vuole solo limonare con i commessi del ministero: basta limonare! basta con la lobby gay leghista!”.

Tutto questo mi sembra una cosa nuova, a cui molti di noi ingenui e ancora succubi di un’idea razionale del dibattito continuano a reagire candidamente con obiezioni sensate, fondate, figlie del reale e della logica. Quando intanto il reale e la logica non hanno più nessun valore: del metodo scientifico avevamo già demolito la parte di raccolta dati (vediamo tre persone e ne contiamo otto), ora stiamo demolendo anche la costruzione della tesi conseguente (abbiamo otto persone – o tre – e proponiamo una partita di calcio a undici).

E non fermatevi a Salvini: lui è quello che ha il palcoscenico maggiore per proporre a modello questa comunicazione impermeabile a ogni demolizione: del modello si stanno impadronendo in molti – lui stesso l’avrà imparato da Trump e Bannon – fino all’ultimo dei piantagrane di passaggio su Facebook. Come con la post verità – che non significa solamente che si dicono bugie, ma che la verità non ha più un valore maggiore delle bugie -, la post logica non è solo inganno, ma è la perdita di valore della logica e delle ragioni, che diventano inutili a smentire l’inganno. Si è avverata, tra i seguaci dei post logici, quella che una volta era una nota barzelletta per prendere in giro la cieca fiducia dei militanti del PCI nelle istruzioni del partito.

Un bambino scruta il padre che sta leggendo l’Unità sulla poltrona del soggiorno, e gli chiede se sia vero che gli asini volano. Il padre sorride e gli risponde con condiscendenza che no, gli asini non possono volare, “dove l’hai sentita?”. E il bambino risponde: “l’ho letto qui, sul tuo giornale”. Al che il padre balbetta qualcosa fissando la pagina del giornale e aggiunge: “Beh, volano… diciamo che volicchiano”.

Si può sostenere qualunque cosa, e non renderne mai conto, al tempo della post logica.
Volicchiano.
Bispensiero.
E noi fessi a ribattere. Con argomentazioni logiche.
Fessi.

 

 

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