I pezzi di Sanpa

Ci sono tante cose dentro la “docuserie” Sanpa che esce domani su Netflix e che racconta quindici anni della storia della comunità di recupero per tossicodipendenti di San Patrignano, dalla sua nascita alla morte del fondatore Vincenzo Muccioli nel 1995. Non le racconterò tutte perché vale la pena farsene prendere con occhi vergini se siete giovani abbastanza da non conoscerla, o con occhi appannati se ve ne ricordate solo i tratti generali e soprattutto da che parte stavate: San Patrignano è stata una grande anteprima di divisione nazionale promossa mediaticamente, prima che lo diventasse tutto.

Però per due cose la voglio consigliare: una sono i personaggi, rintracciati e coinvolti dagli autori del documentario (all’altezza delle migliori produzioni internazionali del genere), tanti e tutti a loro modo ipnotici ed eccezionali. Alcuni che muovono a grande ammirazione e solidarietà, altri a fastidio, altri ancora a indulgenza. Ma questi diversi sentimenti si accavallano, e questa è l’altra cosa.
L’altra cosa è la grande capacità di sottrarsi a quella divisione manichea – e lo sforzo di sottrarre chi guarda, con la sua collaborazione – e di mettere in crisi l’inclinazione spontanea e ingenua di tutti noi a cercare di individuare buoni e cattivi: inclinazione che nel corso delle cinque puntate viene continuamente spiazzata dall’ininterrotto alternarsi, scartare di lato, di aspetti diversi nel racconto di ognuno: ognuno palesemente dedicato a salvare se stesso nel proprio racconto ma al tempo stesso disponibile a rendere trasparente anche questo, e ad aggiungere un pezzo. Ecco, Sanpa è una storia non “in cui i pezzi vanno un po’ alla volta tutti a posto”, ma un po’ alla volta vanno tutti fuori posto, coi bordi appoggiati male l’uno sull’altro: come se il loro non combaciare creasse un’immagine finale più vera e convincente dei puzzle risolti. E costringe chi guarda a pensare che la qualità umana delle persone non è sempre sincronizzata con la qualità del loro far del bene per gli altri, e che ci sono sempre cose che non sappiamo nel nostro quotidiano giudicare.

 

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