Sul partito di Conte

Dato che ho un buon curriculum di previsioni politiche sbagliate di cui non voglio dimenticarmi, incollo qui a futura memoria quella che ho consegnato a Maurizio Stefanini per il suo ritratto di Conte sul Foglio di lunedì.

Né partito proprio, né Opa sui Cinque stelle è invece l’impressione di Luca Sofri, direttore del Post. “Non mi sembra che finora Conte abbia mostrato una grande capacità di aggregare e gestire persone intorno a sé. Si parla molto di questo partito di Conte, ma fino a questo momento Conte intorno a sé ha costruito soltanto Casalino”. Però ammette che stiamo parlando di un quadro difficilmente decifrabile e anche difficilmente prevedibile. “Quattro anni fa, chi avrebbe mai immaginato di dover discutere sulla possibilità di costruire un partito da parte di uno sconosciuto come Conte?”. E anche lui gli riconosce una straordinaria capacità di “costruire un grande consenso popolare. Ma un consenso senza intermediazione, mentre invece un partito è intermediazione”. Ma non è proprio questo consenso a spingere per la creazione di questa intermediazione? “Per ora lo spinge piuttosto a usarlo come capitale per trattare con interlocutori strutturati e continuare a vendere soltanto sé stesso e niente di più. Sicuramente Conte ha una qualità abbastanza rara e anomala di questi tempi: è un leader che non litiga. Io in linea di principio sono critico su un consenso popolare basato solo sulla capacità di un leader di essere elegante e a modo,  ma riconosco che in tempi in cui i leader emergono per la loro capacità di urlare, può essere una dote”. Soprattutto se di un leader selezionato dal partito che strillava più di tutti… “Infatti è un paradosso interessante, anche se è vero che i Cinque stelle non sono stati solo Vaffa. Di Maio ha molti difetti ma non l’aggressività dei modi, e in passato i Cinque stelle hanno sostenuto anche personaggi abituati a parlare a voce bassa, tipo Rodotà”.

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