Ho visto l’ultima puntata prima della sosta di fine anno di questo gioco su Rai Due che si chiama “Un minuto per vincere”, dove i concorrenti cercano di superare delle prove di abilità “microcircense”, centrando una bottiglia con delle palline, muovendo un biscotto coi muscoli della faccia, costruendo una torre di lattine, cose così. Che è divertente, Nicola Savino è bravo, e la parte svenevole-cialtrona dei talent-show (parenti, montaggi epici, drammatizzazioni ridicole) è più contenuta del solito. Mi sono chiesto se la sua efficacia discenda dalla formula di “Giochi senza frontiere”, che per i più giovani era un popolare programma in cui squadre avversarie provenienti da diverse città europee si sfidavano in prove del genere su scala maggiore, diciamo più “macrocircensi”. E quali siano invece le differenze: in “Un minuto per vincere” si è abbandonato l’europeismo e prevalgono italianità locali più familiari, e non c’è più il gioco di squadra, che limitava il protagonismo dei partecipanti. Ognuno è solo, con la sua storia e la sua capacità di “funzionare” in tv. E infine, si soffia su dei cartoncini invece di fare atletiche gimkane carichi di pesi. La Rai ha riconosciuto che siamo più individualisti, più campanilisti e più pigri di quanto proponesse “Giochi senza frontiere”.
Riflusso
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Detto questo ciò che mi aspetterei dalla RAI (azienda pubblica che finanzio) sarebbe uno slancio di “alfabetizzazione” culturale, un contrasto a questi individualismi pigrizie e campanilismi anzichè un comodo assecondamento…