Impietoso

Luca Ricolfi sulla Stampa spiega “che «questi dirigenti» dell’Unione hanno fatto di tutto per perdere le elezioni.

Sapevano che Prodi non era il loro leader più popolare, eppure hanno imposto lui. Sapevano che in tanti avrebbero voluto veder nascere il Partito democratico, eppure ne hanno ancora una volta rimandato la nascita. Sapevano che quattro regioni erano in bilico, e nondimeno hanno bloccato ogni tentativo di farvi nascere liste civiche. Sapevano che l’elettorato rimprovera al centrosinistra soprattutto l’assenza di concretezza, eppure hanno scritto il programma più lungo e astratto che la storia repubblicana ricordi. Sapevano che gli italiani sono preoccupati per l’economia, eppure li hanno spaventati con ogni sorta di annuncio e contro-annuncio sulle tasse. Sapevano che sul fisco, sullo Stato sociale, sulla legge Biagi, sui Pacs, agli italiani sarebbe piaciuto conoscere le vere intenzioni del futuro governo prima del voto, eppure hanno preferito rimandare tutto a dopo, tenendosi le mani libere. Sapevano che a molti elettori piacerebbe conoscere in anticipo il nome del futuro ministro dell’Economia, e invece l’unica cosa che hanno fatto intendere è che sul nome di Mario Monti ci sono veti e perplessità di ogni specie. Sapevano che in tanti aspettavamo un grande motivo per votarli, eppure l’unico motivo che hanno saputo indicarci è il fumoso slogan della «serietà al governo».

Se oggi di tutto questo si parla poco è solo perché, alla Camera, la dea bendata – palesemente comunista anche lei – ha assegnato all’Unione lo 0,07% di seggi in più. Ma che cosa faremmo e penseremmo oggi se quel pugno di voti fosse cascato dall’altra parte, o se una verifica delle schede dimostrasse che ha vinto la Casa delle Libertà? Più che di un pareggio politico, quella del 10 aprile è stata una doppia disfatta. Berlusconi è stato sicuramente bravo a recuperare, a rimobilitare il suo elettorato, ma se ce l’ha fatta è anche perché il volto dell’Unione, specie da quando ha cominciato a parlare di tasse, è stato così inquietante e foriero di incertezza da convincere molti a tornare alle urne nonostante la delusione per il quinquennio berlusconiano”

La Stampa

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