Una pietra sopra

C’è una cosa che è cresciuta nelll’ultimo anno nelle teste di molti sostenitori del Partito Democratico: ed è che quel progetto sia fallito. Sia senza speranza. Non abbia più possibilità di riuscita. Che il Partito Democratico non possa più essere lo strumento del cambiamento politico dell’Italia, che se mai arriverà non passerà da lì (e quindi forse mai arriverà).

Questo pensiero, mi accorgo a parlarne in giro, ha declinazioni e sviluppi diverse nelle teste di ognuno, ma due forme principali che si sovrappongono. Una è quella per la quale il progetto originario del Partito Democratico, le ambizioni e pianificazioni di cambiamento radicale che avevano portato alla sua nascita, siano morte con la gestione Bersani-D’Alema. Che la loro lettura dei destini e del senso del partito discenda senza soluzione di continuità da quelle imposte a PCI e DS, e quindi che il PD si ritrovi a essere solo un nuovo nome dello stesso partito, guidato dalle stesse persone con i modi che lo hanno visto perdere praticamente sempre: modi che possono essere anche condivisi e sensati per alcuni, ma sono appunto storicamente sconfitti. E quindi per quanto si possa apprezzare questo PD, il cambiamento e la vittoria non verranno da lì.

L’altra forma della riflessione è quella che dice che anche il PD come era stato immaginato, e come era stato guidato in una bella campagna elettorale, un buon risultato elettorale e un catastrofico e inane declino da Walter Veltroni, non avesse chances, col senno di poi. Che quel progetto nascesse morto a causa della sua inevitabile necessità di nascere su radici troppo diverse e rigide: che costruire il nuovo sul vecchio non poteva che portare o a una vittoria del vecchio (come è stato) e al fallimento del progetto PD, o a una vittoria del nuovo al prezzo di perdere pezzi, voti, potere, per molti anni. Se mai poteva funzionare, il PD poteva funzionare solo ripartendo da zero, ricostruendosi davvero e non facendo concessioni ai ricatti di chi non lo voleva: e a questo prezzo avrebbe funzionato soltanto dopo anni, decenni forse.

L’Italia è piuttosto spacciata. Non rinasce di certo domani, non rinasce dopodomani, non rinasce da sola o per mano delle attuali leadership e forze politiche: se mai rinasce, sarà tra molti anni e cominciando a lavorare da subito in quell’ottica e non travolti dall’immediato o dalle elezioni di aprile. È così da molti anni ma la sinistra ha sempre lavorato solo sulle elezioni di aprile, pensando prima a vincere in qualche modo e poi a rimettere in sesto se stessa. Così ha sempre perso, e così sta facendo ancora. L’unica eccezione è stato il primigenio, articolato, lungimirante e disposto al sacrificio, progetto del PD: ed è stato un fallimento anche quello.

Probabilmente non c’è niente da fare e l’unica soluzione è probabilmente perdente anche quella, e irrealistica di certo: ma l’unica soluzione è che i pochi bravi e lungimiranti rifacciano un partito da zero senza compromessi e mirino a vincere le elezioni nel 2031. Ma ci vuole voglia e coraggio, e siamo tutti stanchi. Ci arrabatteremo.

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34 commenti su “Una pietra sopra

  1. Pingback: Luca Sofri. La pietra. Il PD | Il blog di lucacicca

  2. Luca Ciccarelli

    Forse basterebbe riuscire a portare avanti una mozione degna di questo nome al prossimo congresso. E candidare una persona brava e lungimirante, non affidandosi al Marino di turno.

  3. valeriofiandra

    Ho come l’impressione, rafforzata dopo il passaggio chez fazio iersera, che Vendola giochi già sul POST Diluvio, venga da elezioni rovinose o da altri ( peggiori ) cataclismi nazionali e globali.

    Forse la/le persone brave e lungimiranti cui allude Luca Ciccarelli dovrebbero prendere le analisi e le *narrazioni* di NV, cercare di mettere insieme una pars construens e proporsi, da fratelli maggiori e non da patrigni all’elettorato che a una buona coniugazione di parole e programmi potrebbe perfino ri crederci. Forse.

  4. suzukimaruti

    Mah, da strenuo elettore del PD (che lo vota a prescindere, salvo casi estremi [Livia Turco, Fassino, i teodem]) sono un po’ depresso.
    La realtà è che la costruzione di un partito non può iniziare con una sconfitta (e guardando i numeri elettorali del PD veltroniano, direi che è iniziato con una bella sconfitta, non con una Caporetto).
    Soprattutto se sulle ferite della sconfitta si getta il sale dell’autocritica distruttiva e quello dei media controllati da Berlusconi (che sono riusciti a far passare una retorica del “noi vinciamo perché siamo fighi, noi siamo fighi perché vinciamo”, al punto che il principale attacco politico del PDL al PD è proprio quello: “sapete solo perdere”).

    Da lì in poi è andato tutto a rotoli. E la Caporetto è avvenuta lentamente.

    Attualmente non vedo soluzioni praticabili. Credo che alla fine risolverà tutto il vero e unico fattore d’innovazione che c’è in Italia da qualche decennio: la morte. Dobbiamo aspettare che muoia Berlusconi, che vadano in pensione le cariatidi del PD, che Bossi salga ai verdi pascoli e che il paese si trovi di fronte, forzatamente, all’irrompere del nuovo e al decadere delle vecchie certezze, tanto luride quanto amate.

    Bisogna aspettare. E’ una vita che lo facciamo, forse è il nostro destino: “aspettano che è tutta una vita che stanno ad aspettare”.
    Che tristezza.

  5. mico

    Certo che è giusto, il problema è cosa farne. Io butto lì qualche affermazione senza troppo argomentare che il tempo è scarso.

    Non è solo un partito da rifondare, è tutta una nazione. Il partito avversario non è un partito in fin dei conti, quindi non ci sono partiti. Non ci sono partiti per mancanza di politica, per mancanza di capannelli in piazza e voglia di discutere.

    Un partito, se ci fosse, sarebbe fondato su un libro. Il PCI era fondato sul Manifesto. Il PD è il meglio di sé quando fa finta di essere ancora il PCI. Intorno a quale libro si aggrega il PD?

    Se il comunismo è morto e sepolto con i suoi errori storici non per questo è morto il desiderio di giustizia, di probità e gestione comune. Il problema è che questi valori si situano nel contesto di una comunità sociale con un contratto sociale condiviso. Non è questa l’Italia (torna al punto uno).

    La Lega pensa che una secessione geografica basti a dividere l’Italia peggiore dall’Italia migliore, ma temo si sbagli. I furbetti del nord non sono di meno. Ma la secessione ci vorrebbe e bisognerebbe che l’Italia migliore prendesse l’egemonia culturale e indicasse quello che noi vorremmo essere. Putroppo sto leggendo il libro di Severgnini e non posso fare a meno di notare che ha spesso ragione nel dire che B. riflette il paese.

    Anche di sinistre ce n’è una migliore e una peggiore, una fatta di odio per chi ha avuto fortuna e successo, l’altra di attenzione per chi non ha ali per iniziare a volare. Molta sinistra di oggi naviga non in idee salutari e feconde, ma in supertizioni e vacche sacre ereditate e acriticamente usate come ideologia.

    Sopra a tutto campeggia il fatto che nessuno crede in un progetto di gestione del paese per il bene comune. Con l’aria che tira è già tanto salvare la propria famiglia dal baratro.

    Detto questo, se un partito è da rifare, come molto probabilmente è, ci vorrà un libro. Quale libro?

  6. Baykal

    Luca, credo che tu abbia finalmente detto quello che molti pensano, e si augurano. I Bersani e D’Alema non andranno mai a casa, e forse davvero l’unica soluzione è ricominciare da un’altra parte, con nomi e facce nuove. Si, forse vinceremo nel 2031, in fondo mancano solo 20 anni, abbiamo tempo per prepararci…

  7. Hytok

    Basterebbe fare le primarie, candidare Bersani, Vendola e altri che se la sentono, e sostenere il vincente alle politiche, senza rancori o correntismi. Nemmeno a me Vendola piace al 100%, ma se oggi qualcuno ha la possibilità di vincere le elezioni, è solo lui. Con l’appoggio di PD e IdV. Altro non si può fare.

  8. daniele.c

    secondo me il pd c’aveva senso solo nell’orizzonte del bipolarismo come partito a vocazione maggioritaria. E non perché fossi un veltroniano. Se, come sembra profilarsi, il bipolarismo morirà con berlusconi, e la necessità sarà sempre quella di collocarsi entro una coalizione, non capisco quale senso possa avere un partito la cui ragion d’essere è mettere insieme democristiani ed ex comunisti. Ma perché un moderato dovrebbe votare la copia sbiadita di un vero partito di centro? E perché, io che sono di sinistra, dovrei votare un pd sempre arretrato rispetto a posizioni progressiste perché costretto continuamente a negoziare con la sua anima centrista? Non ha senso.

  9. ilbarbaro

    Il progetto resta valido; sono le persone chiamate a realizzarlo che non lo sono, perché non ci credono e lo hanno dimostrato a più riprese. Un partito nuovo deve alimentarsi di forze nuove e nel PD gli esponenti più nuovi dimostrano di essere vecchi più dei vecchi, per linguaggio, toni e modi.
    Chi è nuovo? Adinolfi? Con le sue fisime generazionali? Serracchiani? Con il suo linguaggio da nomenklatura? Renzi? Con il suo opportunismo da operetta?
    L’unica che ha dato prova di cercare di rinnovarsi, con alterno successo è stata (ed è tutto dire) Rosi Bindi. Nel PD c’è gente che crede ancora che per essere innovativi basti essere nuovi o cercare di sembrarlo, che so, dotandosi di iPad e iPhone o parlando di (e-)cinema e di (nuovi) libri.
    Vendola è solo il Berlusconi della sinistra, così come Di Pietro ne è l’alter ego universale.
    Leggo Furio Colombo e fatico a pensare che abbia ottant’anni, sento Letta e riesco benissimo a credere che li abbia lui.

  10. RicPol

    Uff… oggi e’ lunedi’ e Luca si e’ svegliato di cattivo umore. Cosi’ ci rovina la giornata con un tetro e amaro apologo sull’inevitabile fallimento di ogni possibile pd.
    Ora: posso tentare tre esercizi di semplificazione, senza che nessuno li prenda troppo alla lettera?
    Uno. Mi ricorda molto lo stoico pessimismo cosmico di certi tifosi del Toro, convinti che esista un’utopia del Campionato Perfetto, e che in quella utopia il Toro meriterebbe sempre di vincere quattro a zero – ma qui sulla terra ahime’ siamo destinati a soffrire. Che’ poi anzi, in fondo proprio la sofferenza ci nobilita (mai vincessimo il campionato, non diventeremmo la Juve?).
    Due. Mi ricorda anche un po’ (ed e’ un complimento, neh?) un certo ultimo Montanelli, che dopo aver teorizzato per decenni una destra nuova moderna e liberale che non c’era, quando poi qualcuno ha fatto un progettino di destra nuova moderna e liberale, anziche’ buttarsi dentro e dare il suo contributo a migliorare quell’abbozzo pasticciato, lo ha disconosciuto e attaccato. Fino a diventare l’improbabile alleato (non oserei mai dire: utile idiota) di una sinistra che gia’ allora pensava troppo ad arruolare improbabili alleati per sante alleanze antiberlusconiane. E nel frattempo quell’abbozzo pasticciato diventava un pasticcio senza scampo.
    E tre. Mi ricorda forse che in fondo anche Luca ha della politica un’idea ancora paternalistica: solo un partito di optimates costruito da zero (pochi bravi e lungimiranti, dice lui) puo’ incaricarsi di guidare la massa per la strada migliore. Ma i partiti non si creano da zero partendo da un “progetto”. Si accrocchiano alla bell’e meglio sporcandosi molto le mani, e si affinano lungo la via, facendosi guidare dalla gente nella stessa misura in cui cercano di guidarla. Senz’altro la generazione dei Renzi, dei Chiamparino – non so, di tutti quelli che piacciono a Luca, senz’altro quella generazione riuscira’ ad arrivare alle leve del potere e migliorare le cose. Ma ci riuscira’ solo passando per le lotte di segreteria e i congressi, facendo concessioni ai ricatti, mirando a vincere le elezioni di aprile oltre a quelle del 2031. E quando ci sara’ riuscita, quasi Luca non di accorgera’ che la cosa e’ avvenuta.
    Ma nel frattempo, si spera, avra’ dato il suo contributo per farla accadere, anziche’ pensare al Campionato Perfetto del 2031.
    Ci vuole voglia e coraggio, dice Luca. Ma forse un altro tipo di voglia e coraggio.

  11. Andrea Martines

    Sono ancora convinto che per vincere occorra, almeno, dire le cose giuste. E non quelle che si pensa funzionino meglio, più o meno obliquamente, al di fuori della realtà dei fatti. Non si può rinfacciare continuamente i vertici del partito di dire cose sbagliate e poi non trarne l’immediata conseguenza che sia questo il motivo principale delle débacle, collezionando invece nell’analisi supposte ragioni storico-politiche. Che ci sono, beninteso, prima fra tutte l’anacronismo della formula fondativa “in un mondo post-ideologico le cose che ci uniscono sono più di quelle che ci dividono”. Ma dire “abbiamo provato tutto il provabile nelle condizioni date” per alimentare un disfattismo finale mi sembra fuorviante: ha mai ancora provato, questo partito, a dire le cose giuste, fondando su di esse il progetto politico?

    In primo luogo, ha mai riconosciuto e provato a contrastare non omeopaticamente la deriva democratica imposta progressivamente dal berlusconismo?

    Esiste qualcuno che si stia occupando di assemblare le molteplici “cose giuste” dette da Montezemolo, da Di Pietro, da Vendola, persino da Grillo, per intrecciarle in una narrazione “lineare” che parli direttamente dei nodi strutturali da risolvere per far invertire la rotta al paese?

    E’ un partito che gioca solo di sponda, e che per risollevarsi deve recuperare il valore della linearità, che al suo interno mi sembra ormai disperso.

  12. makkox

    a me questo sembra un messaggio di luminoso ottimismo e onestà. un punto da cui partire. nulla di oscuro o crepuscolare.
    neanche a dirlo che concordo punto punto.

  13. Loris

    sono d’accordo con Hytok. Va bene stare ad aspettare il 2031, ma nel frattempo si facciano le primarie e poi si sta TUTTI dalla parte di chi ha vinto. (non concordo invece con l’alleanza con l’idv, di cui apprezzo il progetto politico ma non il leader)

  14. ro55ma

    il problema è “che si è in quattro” a concordare punto punto e da cui ri-partire.
    La condizione di “sblocco” è che qualcuno faccia uno (o due) passi indietro e, contemporaneamente, altri facciano qualche passo avanti.

  15. punturo

    Lucidissimo e rigorosissimo pezzo Luca!
    Quasi da conservare quale memorandum su cosa non fare per il futuro.
    Condivido in toto.

  16. Luca

    Faccio un’obiezione ai sostenitori della linea “unanimista”, diciamo, quelli che “si sta tutti con chi vince le primarie”: che ne è del dissenso, del riconoscersi in certe idee piuttosto che in altre, in certe persone piuttosto che in altre? Io trovo invece assolutamente rispettabile che chi non si sente rappresentato da una leadership e da una linea rinunci a sostenerla, senza aderire a una linea “di bandiera” che non condivide.

  17. Massimo

    Le cariatidi del PD non faranno mai un passo indietro. Meglio fare un altro partito, da zero, e rivolgersi agli elettori e non alla nomenclatura e ai giornali-partito. Ci volessero anche venti anni, è l’unico modo per costruire qualcosa di serio. E, comunque, io non dispererei sulla capacità di attrazione delle nuove idee anche su un elettorato disilluso. Ricordiamoci quanto era disilluso ed a narici tappate l’elettorato DC e quanto ci mise a votare Berlusconi ed il suo partito inesistente.

  18. ro55ma

    @massimo: esatto, però il B. il money per costruire da zero la baracca, ce l’ha messo, intorno all’elettorato disilluso..
    Luca, capisco l’obiezione all’unanimismo ma solo se fatta per primarie open, altrimenti, dovrebbe essere solo buona regola democratica che chi perde “si adegua” alla maggioranza se i distinguo sono solo una parte del problema, ovviamente, altrimenti si è nel posto sbagliato, ma fin dall’inizio.

  19. Massimo

    Vero, i soldi, l’appoggio mediatico. Ma basterebbe che a Rep smettessero di fare i maoisti da giardino e già si sarebbe un pezzo avanti.

  20. riccardo r

    Il PD non è mai nato; alle riunioni dei circoli si ragiona ancora di ex-DS o ex-Margherita. Le cose (legittimamente) giuste per un cattolico sono semplicemente in antitesi con le cose (legittimamente) giuste per un sinistrorso alla Zapatero.
    C’ha provato l’unico che poteva riuscirci, Veltroni, con la sua nuova narrazione, e non ce l’ha fatta.

    Poi concordo con 18.Luca: se io aspiro a matrimoni gay e alle primarie vince Binetti, perché dovrei votarla come mia rappresentante?

  21. ro55ma

    22.riccardo: dovresti votarla perchè, uscita vincente dalle primarie, rappresenta, su tutti gli altri aspetti, anche te. Altrimenti significa che la “Binetti” era una delle candidate al posto di “leader-etico-2011” e non a quello di “capo del partito”.
    E’ il motivo per cui fra i laburisti o i democratici o nell’SPD tedesca ci sono soggetti che la pensano, su alcuni temi, in modo molto diverso (lavoro, religione, etica) ma sull'”impianto di società” per i rispettivi Paesi, la pensano allo stesso modo (più o meno..) e comunque, una volta scelto il leader, marciano compatti.

  22. Ivana

    È difficile non cedere al pessimismo e alla consapevolezza che non resti che attendere perché non posso fare altro che concordare con chi l’ha scritto prima di me: siamo ancora dietro a questioni tra ex Ds e ex Margherita, e non se ne esce…

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  24. aristarco

    Ho fatto campagna per Ignazio Marino, convinto che Bersani e D’alema fossero la peggiore sciagura che potesse capitare al PD e all’italia.
    Facendo campagna per Ignazio Marino ho scoperto che D’alema e Bersani non solo erano incompetenti ma anche che si facevano sostenere ANCHE da persone disoneste.
    Facendo campagna per Ignazio MArino ho scoperto, che anche in quel campo si facevano largo non i piu’ preparati ma i piu’ arrivisti, e i piu’ scaltri. Considerati perfetti fessi da tutti , hanno fatto carriera nel partito.

    Se qualcuno con un idea di marketing politico geniale, armato vera di passione civile chiama, forse vale la pena rispondere. Tanto il partito con vena maggioritaria ha deciso di suicidarsi.

    A patto di dimenticarsi le parole “sinistra”, “narrazione”, “moderati”, “centro” e “FIOM”. E “pierferdinando” .

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  28. Francesco

    Sono combattuto, da un lato sono concorde, ma poi penso che in fondo quello che manca sono i valori.
    Un po quello che si diceva prima, un libro, un insieme di sentimenti comuni che si sentono necessari e si propongono alla società.
    Quali sono i valori fondanti del PD? Quelli per cui se li sottoscrivi sopporteresti pure la Binetti e se non sei d’accordo sei tra gli avversari.
    Quelli per seguire i quali ognuno ha una ricetta (e anche una scala di priorità) diversa, poi si fanno le primarie e tutti seguono la ricetta di chi vince, perché comunque va nella direzione giusta.
    Questo manca, secondo me, ci sono, sotto sotto, ma non gli diamo nomi, non ne parliamo, non abbiamo il coraggio di definirli per paura che alla fine di comune non ci sia nulla.

    Ricordo di aver sentito uno dei leader attuali proporne tre (regole, merito, pari opportunità), dicendo che comunque è solo un primo tentativo.

    Credo che i “bravi e lungimiranti”, oggi, sarebbero quelli che ne formulassero una lista (e una narrazione, magari) e facessero di questo una piattaforma da seguire senza troppi compromessi, se per il PD (e nel PD) o da zero non sta a loro deciderlo.

    ps: ma gli innovatori del gruppo di Renzi, in quest’ottica cosa pensano?

  29. nicola f.

    secondo me la situazione è sicuramente nel complesso, tristemente, come descritta.
    Non capisco se in fondo si vuole ipotizzare anche che le scelte delle primarie siano state perdenti..
    in quel caso colgo lo spunto per dire che tutti questi ragionamenti non si possono fare senza tenere conto delle persone che sono state coinvolte in questa esperienza politica…
    Gia parlandone con amici ai tempi dell’uscita dal parlamento della sinistra a favore del nascente PD dicevo (e non ero il solo) le medesime cose che si dicono in fondo a questo articolo. Ma nessuno aveva la sfera di cristallo.. ma una sinistra così costituita non andava da nessuna parte…
    era semplicemente un evidente tentativo di portare in Italia un concetto molto più ‘appianante’ di ‘duopolio’ non tanto perchè l’italiano (votante e politicante) fosse adatto ad accettarlo (non siamo americani) ma sopratutto perchè la classe politica attuale non era in grado di gestire la complessità politica esistente. Occorreva ‘semplificare’ .. e quando le cose si fanno così non promettono nulla di buono.
    Infatti si è creato un mostro per niente coeso (ma se lo dicevi ti dicevano era normale avere idee diverse in un partito…..)
    Ora finalmente sempre più gente vede che il re è nudo..chi lo diceva da tempo è contento (anche se non ci si sente mai dire da nessuno ‘avevi ragione’ ma non interessa.. però con le dovute proporzioni la classe politica dovrebbe essere in grado di fare questo mea culpa…).
    Dove sta il problema? che ora si vuol fare finta di aver capito il problema (senza fare mea culpa) ma si continuano a fare gli orecchi da mercanti.
    Vero, come dice Luca che si potrebbe fondare un partito da zero, nuovo e vedere se nel 2031 si vince.. ma dico io.. valutare invece di non buttare nel nulla i tanti voti che comunque il PD raccoglie, fare delle primarie vere, vedere chi vince e vedere che succede?
    Un Vendola secondo me non sarà magari lui direttamente la soluzione ai problemi ma sicuramente se arrivasse a vincere le primaria potrebbe dare una bella rinfrescata e rimescolata di carte a questo partito… a quel punto con delle basi nuove sarebbe interessante non solo cosa può fare lui…ma cosa nascerà dopo.

    La gente che non fa altro che eliminare con uno slogan gli avversari politici (vendola è come berlusconi) dimostra di aver, lui si, imparato bene la logica berlusconiana dello slogan.
    Se si parla di vincere o perdere, me lo auguro che Vendola sia come Berlusconi.
    Se si parla di monopolio dell’informazione e conflitti di interessi pesant vendola non è come berlusconi.
    Si parla del modo di porsi? Beh se a questo si è ridotto il dibattito su una persona si va poco lontano.

    (ps. Renzi ogni giorno che passa mi ‘perplime’ sempre di più… ma si considera sempre un rottamatore? O i rottamatori ‘sono quelli di Civati’? è vero che presenterà anche un libro di Vespa?)

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