Il metodo scientifico

Il progetto del governo di “larghe intese” era una di quelle cose che dimostrano il loro essere giusto o sbagliato in base ai fatti: se riescono, aveva ragione chi le sostenne, se falliscono aveva torto. Se riescono, chi le sostenne porterà i meriti di essere andato contro chi affermava sbagliasse, se falliscono avrà la responsabilità di non averlo ascoltato. I fatti dimostrano le cose, è il metodo scientifico: si fa un’ipotesi che deve passare per la dimostrazione sperimentale, e poi se ne traggono le conseguenze.

La dimostrazione ha demolito l’ipotesi. E non è importante dire chi avesse quindi ragione, capita ogni giorno di avere molte ragioni e molti torti: però è importante ricordare che l’ipotesi era stata molto contestata da diverse persone, allora, con articolati argomenti. E quindi il suo fallimento era tutt’altro che impensabile: per alcuni era persino quasi certo. Questo rende la responsabilità del fallimento ancora più grave per chi ha ritenuto di far prendere a tutti dei rischi molto visibili.

Chi ancora sostiene la correttezza di quel tentativo esibisce due argomenti. Il primo è che non si potesse fare altrimenti, e che votare di nuovo – l’unica altra alternativa realistica – sarebbe stato scellerato. Ci sono molte obiezioni a questa perentoria certezza, ma la più solida e palese è che rivotare è esattamente di quello che andremo a fare presto, in condizioni persino peggiori. Se era scellerato allora, averlo procrastinato lo rende doppiamente scellerato.

La seconda è che “andare a votare non risolve niente”. Può anche darsi, ma questa è solo un’ipotesi, come lo fu quella del governo con alleanza PD-PdL. Se qualcuno sostiene di averne certezza è un astrologo – non uno scienziato – e in quel caso altri gli potrebbero opporre di avere avuto certezza dall’inizio del fallimento di un’alleanza tra PD e PdL e non vennero ascoltati, quando suggerirono di non mettere la pistola carica in mano al matto.
L’ipotesi che invece il voto cambiasse qualcosa non è stata sperimentata, quindi al momento ha altrettanta dignità: anzi ne ha di più, da sabato.

Gli argomenti a suo favore erano sostanzialmente tre, che rispondono ai sostenitori di “si rivota ed è tutto uguale”.
1. Sostenere che sappiamo benissimo – lo ha fatto anche Letta ieri – che maggioranza uscirà dal voto è un po’ buffo, perché implica che lo dovessimo sapere anche la volta scorsa. Si dice che allora non conoscessimo i numeri di Grillo, ma se è vero che quei numeri sono oscillati molto nei mesi precedenti alle elezioni – come è stato condiviso da tutti – non si capisce perché debbano invece rimanere poi immutati per mesi e mesi (in particolare per un voto che è stato assai definito “di protesta”).
2. Qualunque partito serio e non vile che abbia ottenuto un risultato non soddisfacente alle elezioni dovrebbe avere nei propri auspici – e non nei propri timori – che si crei presto l’opportunità di cancellare e migliorare quel risultato. Se una sconfitta e la bocciatura di un progetto sono invece ritenuti un patrimonio da conservare, meglio ritirarsi a fare altro. Quello che devono essere è l’indicazione e il suggerimento di modifiche a quel progetto e ricerca di nuovi consensi e consensi perduti. Nuove elezioni sono l’ambizione degli sconfitti, non la paura: quello che nello sport si chiama “rivincita” e che raramente capita così presto.
3. Per quello che riguarda in particolare il PD, c’era una peculiare e vantaggiosa condizione di sparigliamento di quel risultato, ad aprile, che era Matteo Renzi. Il PD aveva un’altra squadra da far giocare, nella rivincita: gli altri no. Ed era una squadra a cui erano attribuite molte chances, in quel momento. Si è deciso – contro il parere anche dello stesso leader vincitore/sconfitto, Bersani – di accantonarlo, quel vantaggio potenziale, e di lasciarlo lì a consumarsi. E infatti un po’ si è consumato. Probabilmente i nemici di Renzi nel PD se ne rallegreranno, ognuno ha i suoi obiettivi. Ma quella condizione esiste comunque ancora ed è un ineludibile argomento – ma fu eluso, ciecamente – a favore dell’ipotesi che le prossime elezioni possano andare invece in un altro modo (per non dire dello sfarinamento del PdL).

Aggiungo, per escludere altre strane idee che ancora circolano, che quello che mi pare smentito dai fatti è ogni progetto che affidi il governo a maggioranze fragili e capricciose, messe insieme per portare a casa interessi distanti e contraddittori.

Così stanno le cose, e ne ripeto il senso facile facile per chi legge frettolosamente: c’erano due ipotesi, figlie di due pensieri. Una, che presupponeva la lealtà di rapporti tra PD e PdL, è fallita (è fallita comunque, anche di fronte a capovolgimenti non credibili dei prossimi giorni). L’altra, che la escludeva, non dà nessuna garanzia ma è ancora da smentire. Chi abbia avuto ragione non ha nessuna importanza: ma non affiderei di nuovo nessuna scelta a chi ebbe torto.

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11 commenti su “Il metodo scientifico

  1. piero.vereni

    Caro Peraltro Direttore, credo tu sia stato troppo caritatevole con i sostenitori della prima ipotesi, legittimando come passibile di verifica scientifica la loro posizione. Secondo le regole di base della ricerca (anche non troppo rigorose), le ipotesi NON pesano tutte alla pari, quindi non sono tutte parimenti scientifiche. Basta anche il rasoio di Occam per poter affermare che l’ipotesi A (le larghe intese avranno successo) presupponeva un ente (“PDL ragionevole e attento più alle necessità del paese che a quelle del suo leader”) che è un ircocervo di cui non vi è traccia nella realtà sperimentabile. Visto dunque che entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem, l’ipotesi A non andava posta come ipotesi. Detto altrimenti: se uno pone l’ipotesi “domani potrebbe anche non sorgere il sole” e un altro pone l’ipotesi “domani il sole sorgerà”, non è necessaria la verifica sperimentale, dato che è lo stesso metodo scientifico a garantirci che la prima NON è un’ipotesi, ma solo un flatus vocis che non merita alcuno spazio di verifica. Altrimenti dobbiamo anche credere che “il metodo stamina” sia passibile di verifica scientifica. O addirittura che “Berlusconi vuole il bene del paese”. Su, dai.

  2. andrea400

    Mi permetterei di aggiungere nella categoria di chi ebbe torto anche chi ha deciso di rimandare congresso e primarie. In questo momento sarebbe stato tanto, ma tanto tanto, meglio avere già il nuovo segretario e tutti gli assetti locali pronti all’evenienza. Peccato, per l’ennesima volta, peccato…

  3. leprechaun

    Lascerei perdere il “metodo scientifico” che nessuno sa dove sia scritto. La conoscenza umana fornisce esplicazioni (esplicitazione di nessi tra fenomeni) e solo talvolta previsioni, che non sono lo scopo primario. L’impredittibilità è elemento ineliminabile o addirittura fondante in due capitoli centrali della scienza “dura per eccellenza”, la fisica contemporanea: la teoria del caos e la meccanica quantistica.
    Invece è interessante dal punto di vista etico la parabola del PD. Prima si chiamava DS, poi PDS. Ad un certo punto hanno tolto la S, che sta per “sinistra”. Bisogna dare loro atto della lealtà verso l’elettorato che il gesto comporta, col coraggio di dire apertamente “noi non siamo più di sinistra”.
    E quindi, ecco qua: “pi-di”.
    Ora il fatto è che non solo non è più di sinistra, ma neanche democratico, come mostra il totale disinteresse verso il deficit quasi totale di democrazia che la costruzione europea ha comportato. Sì, perché la crisi europea attuale ha origine nell’elisione della democrazia, perché la democrazia non è un ornamento, ma una cosa che funziona, a differenza della Ue che per questi motivi non funziona per nulla, come mostrano i fatti da cinque anni cinque.
    Dovrebbero allora fare l’ultimo atto di lealtà e coraggio: abolire anche la D, e chiamarsi così: solo “pi”.

  4. LucaV

    Non sono d’accordo sul fatto che andare a votare a febbraio, invece di averlo già fatto, sia stato scellerato. Anzi secondo me la situazione è decisamente migliore adesso per andare a votare rispetto ad allora. In particolare:

    1- sul piano oggettivo abbiamo che
    a- finalmente è passato lo scoglio delle elezioni in Germania, che era il problema maggiore
    b- c’era la possibilità di rinegoziare le spese per investimenti come non facenti parte del deficit a livello europeo, nonché da chiudere la procedura di sforamento di deficit al 3%.
    c- qualcosa di buono è stato comunque fatto, vedasi le spese per l’istruzione e la legge contro l’omofobia.

    2- sul piano partigiano invece
    a- Berlusconi è fuori dai giochi: anche se si va ad elezioni non è candidabile. Questo ad aprile non sarebbe stato vero, e quindi chi lo sa come sarebbe finita con la condanna in Cassazione da un punto di vista elettorale. Meglio, molto meglio, che quella condanna sia arrivata a “bocce ferme” e che quindi sia palese come Berlusconi faccia crollare il palco unicamente per una questione giudiziaria personale.
    b- Renzi non è il solo ad essersi consumato; anche i 5S hanno perso più di qualcosa, con la loro tracotanza.
    c- Il PD avrà avuto anche una “squadra di riserva”, ma presentarsi alle elezioni sull’onda del successo di 5S e Berlusconi sarebbe stato un suicidio. Adesso il PD almeno può presentarsi alle elezioni mostrando la totale inadeguatezza dei due avversari politici principali; anche se per farlo si è dovuto un po’ logorare. D’altra parte Letta è stimato da più parti anche nella popolazione: non è un cattivo testimonial per il PD, anzi. Non credo proprio si possa dire lo stesso dei ministri del PdL che tra l’altro stanno cercando a modo loro di smarcarsi dalle scelte del capo almeno a parole.
    c bis- Il PD ad aprile era in crisi di nervi conclamata con un leader bollito che oltre a non essere stato in grado di fare una campagna elettorale vincente o di sfruttare le carte migliori del partito (Renzi, per dirne uno) non era neanche in grado di farsi obbedire dai suoi. E la crisi di nervi è durata per un po’ dopo aprile. Comprensibile, ma andare ad elezioni con una squadra allo sbando sarebbe stato tafazziano. Adesso bene o male la situazione nel PD si è parecchio pacificata.

    I punti 1 sono comunque i più importanti. Andare ad elezioni in Italia quando l’intera Europa era ancora bloccata e spaurita per via delle elezioni tedesche sarebbe stato da incoscienti, senza contare i vari appuntamenti che erano da gestire. Ora che questi mesi sono passati, forse andare ad elezioni (anche se in generale secondo me non è una buona idea) non sarà così dannoso. So che l’opinione corrente qui è che bisogna iniziare a lavorare sodo per cambiare le cose, fin da ieri; e sarei anche d’accordo, ma a volte muoversi fa più male che rimanere fermi. E questo a mio modesto parere sarebbe stato il caso fossimo andati ad elezioni in questi giorni.

    Ci aggiungo per amor di completezza che secondo me le urne dovrebbero essere sempre l’extrema ratio; per quanto siano totalmente bloccati, apprezzo del parlamento americano che le date delle elezioni non sgarrino mai. Ci aggiungo anche che sono renziano dal 2010 e che secondo me avesse vinto nel 2012 sarebbe stato meglio per tutti; ma dato che ha perso l’occasione, la sua chance doveva tornare nel 2016, non ora. Non mi farà comunque dispiacere vederlo a palazzo Chigi, se si giungerà a questo, anzi; però non ci doveva arrivare così.

  5. BillTheButcher

    Bravo pietro vereni, non si poteva dire meglio. Ma che ipotesi è Berlusconi ragionevole? E come ipotizzare che la gravità non esista.

  6. andrea61

    Io pragmaticamente mi limito a far notare una “piccola” cosa:
    Comunque si rigiri la frittata, con questa legge elettorale e’ tecnicamente quasi impossibile avere la maggiornaza al Senato. Andiamo a votare, e poi ?
    Sul passato, invece, volendo fare una critica col senno di poi, forse piu’ che le larghe intese sarebbe stato logico volare bassi facendo un semplice governo di scopo con la legge elettorale al primo punto dell’agenda.

  7. cinziaopezzi

    c’era un americano, consulente della casa bianca, che sosteneva le larghe intese mi sembra in base alla motivazione che gli elettori hanno votato, i partiti devono recepire e fare un accordo conseguente. riportare gli elettori alle elezioni significa ignorare/rifiutare i risultati.

    forse era sottinteso che dei politici incapaci di fare un accordo tra partiti non sono certo in grado di gestire un paese e la sua politica internazionale, quindi debole o forte l’accordo si deve fare o ritirarsi definitivamente.

    io penso che tu abbia ragione ma che “maggioranze fragili e capricciose, messe insieme per portare a casa interessi distanti e contraddittori” sia la precisa descrizione del popolo sovrano e che questo sia un problema irrisolvibile. partendo dall’accettare che gli altri esistano, purtroppo, e non abbiano nessuna intenzione di emigrare.

    sai cosa non c’è nel tuo articolo? il fattore berlusconi, nel senso che ancora non si sapeva come si sarebbe sviluppata la situazione e rivotare in quelle condizioni poteva semprare insensato. inoltre c’era l’elezione del presidente della repubblica, che NON dovrebbe coincidere con le elezioni per tanti motivi, ma che risultava pericolosamente coincidente…

    quanto a renzi, io personalmente sono andata a votare alle primarie (per la prima e unica volta, pur votando pd, pds, ds da sempre) apposta per non ritrovarmi un giorno responsabile di anni e anni di governo astrologico da parte di un tizio che si è autonominato rappresentante della mia generazione,senza farsi votare, che è accettato dagli indecisi perchè annuncia e forse già conduce una politica conservatrice (dei privilegi e convenienze di chi le ha) e palesa di non sapere bene cosa sta facendo, senza chiarire chi siano i suoi consiglieri, evidentemente non appartenenti al partito di cui fa ufficialmente parte.

    quindi si preannuncia un governo di tipo democristiano, l’unico stabile quando non appoggia altri, senza l’appoggio degli ex comunisti o quelche mostruosità in cui una minoranza numerica riesce a prevalere prima o poi, boia chi molla.

    di conseguenza io non voto più e mi lascio andare rassegnatamente al mio infausto destino rinunciando a muovermi che, come nelle sabbie mobili peggiora la situazione.

    specifico che questo non è uno sfogo ma una lucida e ben meditata presa di posizione.

    ci aggiungerei un sonoro cristone e un pugno battuto sul tavolo

  8. metiu

    “1. …. Si dice che allora non conoscessimo i numeri di Grillo, ma se è vero che quei numeri sono oscillati molto nei mesi precedenti alle elezioni – come è stato condiviso da tutti – non si capisce perché debbano invece rimanere poi immutati per mesi e mesi (in particolare per un voto che è stato assai definito “di protesta”).”

    Qualche particolare che forse per ottimismo (meglio evitare retrologie) pare non considerare:
    1) Il M5S non era al governo. Direi che da “opposizione” a seguito di un disastroso governo dell’inciucio parte decisamente avantaggiato;
    2) Il M5S era dato dai sondaggi ufficiali al 15% prima delle elezioni di Febbraio e poi a preso il 26%. Ora e’ dato sempre da quei sondaggi ufficiali al 22%..
    3) PD e PDL sono due partiti logori e divisi come non mai al loro interno (con il PDL che parte pero’ in vantaggio per la tititera dell’aumento dell’IVA)
    4) Davvero Direttore e’ convinto che non ci sia piu’ necessita’ di un “voto di protesta”? Davvero?!

    Insomma ne avrete voi giornali Renziani (e quelli Berlusconiani) da fare da qui alle prossime imminenti elezioni. A meno che non si riesca a far passare il porcellum bis ovviamente. Buon lavoro

  9. Pingback: Chi perde ha torto | Wittgenstein

  10. Armando

    Una piccola pulce a lepreschaun, per ricordare che la teoria del caos è comunque deterministica, anche se all’atto pratico la forte dipendenza dalle condizioni iniziali rende le previsioni impossibili.
    E complimenti vivissimi per il suo sito. Ho visto un intervento notevole sul debito pubblico italiano e non mancherò di approfondire gli altri argomenti trattati.

  11. Pingback: Dichiarazione di sfiducia | I Signori delle Mosche

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