Donne dell’Est, homepages, eccetera

Tra tutte le cose che racconta, la questione delle scemenze dette in un programma Rai sulle “donne dell’Est”, ne dice una generale che coinvolge tutti, anche molti scandalizzati di oggi. Ed è l’equilibrio che chiunque svolga un “servizio pubblico” di informazione o pretenda di svolgerlo – giornali, tv, politica, editoria – sceglie di tenere tra soddisfare e gestire la domanda che suppone venire dal suo pubblico. Chiunque lavori in questi settori deve mettere in conto che una parte variabile del suo potenziale pubblico sia inevitabilmente più ignorante delle altre – per alcuni è una parte grande, per altri più piccola – e sia più attratta dal tema “ragazze dell’Est” che da un’intervista con Elena Cattaneo. Posto che questa interpretazione a volte è pure sbagliata, ma tu devi scegliere se consegnarti a questa domanda o lavorare per deviarla, trasformarla e, se posso usare con la dovuta ironia l’espressione, “educare le masse” (è questo, il servizio pubblico: insegnare e spiegare le cose, informare, in un contesto in cui le persone possono decidere se ascoltarti o no). I risultati di questa alternativa non si vedono solo in alcuni programmi Rai (molti dei quali decidono per la prima cosa; quelli che provano a decidere per la seconda spesso vengono stroncati e sfottuti per ascolti bassi dagli stessi che poi chiedono maggiore qualità), ma nelle homepage dei grandi quotidiani e nelle loro edizioni di carta, e nelle parole e narrazioni di leader politici e opinionisti vari che fingendo sintonie inesistenti con qualche tipo di “popolo”, gli rifilano sbobbe varie e concetti trogloditi. La ricerca del consenso – si concretizzi in voti, punti di share, abbonati, clic o applausi – mescolata alle leggi del mercato o della democrazia impone che si adatti se stessi alle esigenze di un pubblico che è anche ignorante e superficiale: è giusto così, ma puoi adattarti e dargli fiducia e stima provando a dirgli delle cose che credi buone e accurate – a costo di avere meno voti, clic, share, eccetera – oppure rinunciando e mostrando per lui la massima disistima, dicendogli le stupidaggini che lo attraggono o che tu pensi lo attraggano, indifferente alla sedimentazione di quelle stupidaggini e all’Italia che costruisci. E aggiungo un inciso rapido ma non irrilevante: questo discorso di trasmissione di informazioni ed educazione ormai riguarda tutti, anche l’ultimo di noi con il suo account Facebook e quello che ci condivide. Siamo tutti servizio pubblico per qualcuno.
“Io la berrei la cosa che ti sto dando da bere?”. Volere raggiungere persone con interessi diversi dai tuoi (interessi spesso rispettabili, peraltro), e averne consapevolezza è una cosa; nutrirle di cose mediocri è disprezzo, pelo sullo stomaco e ipocrisia: perché poi protesti per come sono gli italiani.

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