Party a Tor Vergata

Non è nel deserto che le divisioni del papa andranno a cercare se stessi e pregare, stasera. L’area di Tor Vergata tangente al raccordo anulare che ospiterà il milione e passa di ragazzi cattolici stanotte e domani è un panorama di dolci declivi erbosi separati da vialetti e staccionate, ornati di fontanelle a quattro bocche. Recinti di legno, come quelli di villa Sciarra, delimitano fossi e avvallamenti. Trecce di cabine wc si srotolano per i pendii (questo sì che è un business, ha ragione Vincino) attorno ai trentotto depositi di ostie per la comunione. A un’estremità, sovrasta questa Napa Valley in attesa di vigneti, un titanico (nel senso del Titanic) vascello di legno chiaro, duemila metri quadrati di palco papale e buca dell’orchestra, intessuto di centinaia di assi e introdotto da una gradinata ancora da teatro Ariston. Ai lati della gradinata, un bassorilievo ligneo che ricorda il simbolo di una casa automobilistica tedesca ospiterà gli addobbi floreali adeguati. Seicentottanta metri cubi di legno sovrastati alla sinistra degli spettatori da una croce alta quanto la colonna di Marco Aurelio (statua esclusa).
Non è il deserto, questo. Eppure il deserto c’era. Esattamente dove finisce la zona di pertinenza giubilare, a Tor vergata inizia la sterpaglia più sterpaglia che l’immaginario periferico metropolitano possa offrire. Ruota l’occhio dalle verdi terre e scorgerai prefabbricati, lamiere, rovi e brulli mucchi di terra, vivacizzati qua e là solo dalle splendenti e monotone superfici dell’università. C’erano dieci tralicci alti 35 metri e li hanno abbattuti. La bonifica ha dovuto fare i conti anche col ritrovamento di alcuni ordigni bellici inesplosi. Il deserto c’era e l’hanno reso erba, la terra fertile e umida non per i raccolti ma per la veglia di preghiera. Che si concluderà alle undici di domenica mattina, secondo programma, cedendo il passo agli “spettacoli di intrattenimento” per regolemantare il deflusso dei ragazzi.
Non pare essere di questi ragazzi e dell’accoglienza che ricevono, l’inclinazione alla penitenza, al dolore e al sacrificio come modi di vivere la fede e avvicinarsi al loro Dio. Non si tratta di scarsa spiritualità – padre Pasquale Borromeo ha criticato ieri alla Radio Vaticana “le persone laiche che giudicano le cose spirituali”, dimenticando forse che la Chiesa legittimamente esprime giudizi sulle cose materiali — e piacere delle piccolezze terrene. Ma i ragazzi di Roma vivono queste giornate con gioia, e divertendosi. Anche nelle manifestazioni di fede, di cui la grande confessione comunitaria en plein air è un esempio. “Riscattare il sacramento da una forma di castigo che non merita. Far capire a ciascun giovane che non va a un funerale, ma a una festa”, ha detto il responsabile del servizio confessioni. La dimensione del sacrificio e del passaggio attraverso la sofferenza è sinceramente accantonata. Sono venuti a Roma col piacere e la gioia di venirci, non sacrificando gioie maggiori al severo richiamo della fede. Per un giovane su due, le giornate mondiali della gioventù sono “meglio delle solite vacanze”, dice una ricerca diffusa ieri. Le attese fuori dalla Porta Santa, il caldo, il cammino, sono cose che è giusto tollerare in nome della religione, ma non passa da qui l’avvicinamento a Gesù. La loro marcia, men che mai flagellante, è stata soccorsa ieri da volontari muniti di nebulizzatori d’acqua. E in ogni caso, come ha scritto Michele Serra, non è niente di peggio di quello che avrebbero vissuto seguendo i loro coetanei sulle spiagge di Riccione. Dei poveri feriti nell’incidente alla scala mobile della metropolitana, nessuno si è azzardato a dire che il dolore fortificava la loro fede o che il loro viaggio si arricchiva di questa prova: “vogliamo solo tornare a casa”, hanno detto loro. Sembrano sapere quel che è giusto, molti di questi ragazzi le generalizzazioni sono sempre avventate e per fare quel che è giusto vivono come giuste gioia e sofferenza: ma non contemplano un dolore che appare superfluo. La Chiesa aveva bisogno di loro, ha detto il Papa ieri, e loro sono venuti. Passeranno una nottata sacra e devota col loro Dio, col loro Papa e con i loro amici, accoccolati sui prati di Tor Vergata, tirando fuori dagli zaini biscotti e aranciate e addormentandosi ogni tanto, contenti e stremati.

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