L’uomo nuovo, a ferragosto

Sono le dieci di mattina del giorno dopo ferragosto e ho appuntamento con Ivan Scalfarotto – che domani compie quarant’anni – in un bar della campagna toscana che si chiama La Speranza. E l’articolo è già bell’è fatto.
Scalfarotto ha annunciato la settimana scorsa, con interviste sui maggiori quotidiani nazionali, la sua candidatura alle primarie del centrosinistra. È il primo candidato nuovo e inatteso che decide di sfruttare questo strumento elettorale inedito per l’Italia, e di fatto di legittimarlo: fino ad ora gli stessi promotori delle primarie hanno consentito che si tratti di un test, con candidature e risultati ampiamente prevedibili. Adesso invece è successa una cosa nuova.
Scalfarotto (se il nome vi sembra poco solenne per una premiership fate mente locale a quello dell’attuale titolare) ha appunto quarant’anni, è laureato in legge e ha fatto un’ottima carriera lavorando in banca. Adesso è da tre anni a Londra dove un gruppo bancario della dimensione di Citigroup gli ha affidato la direzione del personale di due continenti e mezzo, pari a circa 2200 persone. È uno che sa gestire le risorse umane, come si dice.
Benché la sua discesa in campo colga di sorpresa tutti, alcuni attenti osservatori delle cose della sinistra italiana ricordano di quando qualche anno fa una sua lettera di critica costruttiva alla leadership dell’Ulivo era stata ripresa da molti giornali e gli aveva garantito colloqui con Prodi e Veltroni. Poi, due anni fa, aveva aderito a Libertà e Giustizia, quel movimento condiviso tra la cosiddetta società civile e alcuni ricchi imprenditori e giornalisti che era nato nel periodo dei girotondi e dell’antiberlusconismo più vivace. Gli avevano detto di organizzare delle cose a Londra, e lui aveva promosso incontri, dibattiti, riunioni. Nel frattempo, faceva carriera.
Arriva al bar della Speranza con il suo team elettorale: sono il suo fidanzato Erminio, la sua sorellastra avvocato, Marella, e l’inventore della sua candidatura, Marco Simoni, giovane promessa della London School of Economics.
La prima domanda sulla sua candidatura, considerando il suo curriculum ortodosso nella società civile antiberlusconiana, è ovvia: cos’ha Prodi che non va?
“Prodi è bravo e capace in molte cose, e io forse avrei votato per lui…”
“Forse?”
“Beh, diciamo che non avrei preso l’aereo da Londra per venire a votare alle primarie per Prodi, ma questo dipende anche dal carattere un po’ astratto di queste primarie”
“C’è qualcuno che avresti voluto vedere candidato?”
“Uno c’è, uno che ha qualcosa che somiglia a una visione sul futuro del paese, che è la cosa che non trovo in Prodi, ed è Veltroni”
“Torniamo a Prodi”
“Prodi ha mostrato di pensare cose sul matrimonio tra gay e sui referendum sulla fecondazione che non corrispondono alla visione laica e aperta che ho io della società italiana come dovrebbe essere. Non si tratta solo di queste due questioni, ma di quello che la sua impostazione su queste due questioni lascia prefigurare del suo atteggiamento futuro in generale”.
“Tutto qui?”
“Tutto qui cosa?”
“Ti candidi perché non ti convince del tutto Prodi sui temi della famiglia?”
“No, mi candido perché mi arrabbio ogni giorno per come vanno le cose italiane e perché sono convinto che ci sia un vuoto di rappresentanza che spero in parte di colmare. Lavorando a Londra ho imparato come può esistere una società moderna, aperta e che sa sfruttare le differenze a suo vantaggio. Le maggiori aziende del mondo oggi cercano di creare squadre di lavoro in cui sono privilegiati i modi di pensare diversi. In Italia si continua a pensare che per lavorare bene sia meglio pensarla tutti allo stesso modo. E ogni mese, i miei colleghi mi fanno battute su qualcosa che succede in Italia: una volta è Parmalat, una volta sono i maggiori banchieri che si danno baci in fronte…”
“Ma non ti pare un po’ presuntuoso che uno inesperto e giovane come te…”
“Bravo, hai messo il dito sulla piaga. In Italia uno che ha quarant’anni e lavora da dieci in posti di responsabilità è considerato inesperto e giovane. È una cosa da pazzi. Il deterioramento dei comportamenti politici e sociali in Italia deve moltissimo alla mancanza di ricambio e ringiovanimento delle sue classi dirigenti. A governare le cose ci sono le stesse persone da decenni. Dieci anni fa, nella politica italiana, i nomi erano esattamente gli stessi di oggi. Quando sono arrivato a Londra e ho cominciato a guardare curriculum, ho fatto notare ai miei capi che in molti non c’era la data di nascita. E loro mi hanno detto che non capivano che rilevanza potesse avere: uno o è capace di fare una cosa, o non lo è”.
“E chi è che vorresti rappresentare, quindi?”
“Ci stavo arrivando. Io sono convinto che in Italia esista un gran numero di persone che con tutta la buona volontà non possa riconoscersi nei candidati in circolazione. Tra questi, una percentuale grandissima è data dalle generazioni vicine alla mia, i trentenni e i quarantenni. Chi devono votare? Alcuni ormai se ne fregano, alcuni si arrabbiano, alcuni portano pazienza e votano quelli che ci sono…”
“Si turano il naso e votano Prodi…”
“Questo l’hai detto tu. C’è una parte rilevante di italiani che desidera un paese moderno, rinnovato nel suo funzionamento, più efficiente ma anche più affezionato a se stesso, e decisamente laico. Le stesse cose che desideriamo io e i miei amici”
“Chi sono i tuoi amici? Ci sono i ricchi ottuagenari di Libertà e Giustizia dietro di te?”
“Ma va’. Dietro di me ci sono quelli che vedi. Marco una sera mi ha telefonato e mi ha detto che mi doveva parlare. È venuto a casa mia e mi ha fatto un’analisi fredda e chiarissima della situazione politica italiana. Io ho assentito e gli ho chiesto dove andasse a parare. E lui mi ha detto che dovevo candidarmi.
“E perché non si è candidato lui, che ha pure dieci anni di meno?”
Adesso interviene Marco Simoni, che finora aveva seguito il suo leader di riferimento con seria soddisfazione: “Lui è più bravo. Lui sa parlare con le persone. Lui piace a generazioni diverse”.
In effetti la rapida e limitata apparizione di Scalfarotto sulla stampa nazionale ha già avuto dei riscontri notevoli. Al suo sito web, attorno al quale ruota seriamente tutta la campagna, sono arrivate già migliaia di mail di adesione e sostegno. Questa è davvero la prima candidatura elettorale la cui comunicazione viaggia su internet, in Italia: soprattutto per fare di necessità virtù in assenza di fondi e strutture sufficienti a fare una campagna vera. Scalfarotto aggiorna personalmente il suo blog ogni giorno. Prodi chiuse il suo dopo che aveva deluso i suoi lettori scrivendoci sì e no tre volte in due mesi.
Adesso Scalfarotto deve raccogliere le firme necessarie a partecipare alle primarie, senza le robuste macchine di partito degli altri candidati. A Milano qualcuno gli ha prestato un ufficetto. Gli altri candidati per ora lo ignorano: un po’ si fregano le mani per la legittimazione che dà alle primarie, un po’ stanno all’erta. Lui non dice a cosa mira – oltre a quello che ha già ottenuto mettendo i piedi nel piatto – ma dalle sue parole e da un paio di conti si capisce quale sarebbe un successo per le sue rivendicazioni: non arrivare ultimo. E comunque, nel 2011 avrà ancora 45 anni. E Simoni 36. Se l’Italia cambierà, la cambieranno quelli come loro.

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