Big Easy like sunday morning

Dopo quattro giorni, le sensazioni su New Orleans sono complicate. La situazione non è univoca. Ci sono quartieri, come avevo detto, tuttora nello stato di distruzione totale in cui li ha lasciati l’uragano: e gli abitanti sfollati altrove (in città c’è un quarto della popolazione precedente). Poi ci sono quartieri assai danneggiati, ma che stanno rammendando, complici situazioni più chiare su quel che ne sarà e assicurazioni migliori. E poi ci sono quartieri dove la vita torna a vista d’occhio. Passi un giorno, e il giorno dopo ci sono altri due bar aperti, una scuola, tre negozi. Il weekend nel French Quarter poteva essere il weekend di un anno fa, non fosse per le mille magliette in vendita che citano Katrina. L’unica cosa che vale per tutti, è che a cinque mesi di distanza non si parla d’altro, ovunque

p.s. a proposito, e ancora sulla inclinazione degli americani a dire le cose precise mentre noi Zequila: l’uragano arrivò un lunedì, 29 agosto. Tre giorni fa, il 27 gennaio, un giornale ha scritto in un articolo “a quasi cinque mesi da quel giorno”

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