Considerazioni danesi

Da ieri, alcune persone di cui stimo la capacità di giudizio (e oggi Gad Lerner) mi fanno la seguente obiezione: non bisogna “mostrare i muscoli” (o espressioni alternative, tutte piuttosto suggestive in negativo, come “provocare”, “creare una falange compatta”, “fare un’esibizione di forza”, eccetera). Inutile dire che sono d’accordo, sì: non bisogna mostrare i muscoli, di mamma ce n’è una sola e non ci sono più le mezze stagioni.

L’errore di questi giudizi secondo me si deve a una reazione di fastidio tipica di molto del dibattito italiano: qualcuno ci sta sulle palle, e allora ci spaventa poter lontanamente consentire con lui, anche su cose sensate. Dunque le dipingiamo come insensate e le chiamiamo “mostrare i muscoli”. Non vogliamo ammettere di essere attaccati, per paura di dare ragione alle follie (che tali restano) della Fallaci.

L’errore di questi giudizi è confondere una reazione di difesa con una provocazione. L’errore di questi giudizi è non capire che la ripubblicazione delle vignette è una reazione di difesa dai fanatici, dai censori e dagli assassini, non dall’Islam. L’errore di questi giudizi è di non capire che la ripubblicazione delle vignette non è diversa dal rifiutarsi di pagare il pizzo, tutta la città, quando la mafia ha bruciato il negozio di uno che non voleva pagare. Non è diversa dallo scendere in piazza tutti assieme ai neri francesi quando dei naziskin minacciano di pestarli per strada: “touche pas à mon pote”.

Che non è una generosa e altruista difesa di qualcun altro in pericolo, di qualcun altro da te. È la difesa di te stesso, della tua chance di vivere come hai sempre vissuto e come è giusto vivere, senza avere paura. Senza avere paura: se noi oggi ci ritiriamo “rispettosamente” sulle stronze vignette danesi, avremo dimostrato che l’intimidazione e la minaccia funzionano. Il criterio con cui pubblicare delle vignette che irridono la religione, con cui fare un film in Olanda sulle donne musulmane, o con cui scrivere un romanzo che si chiama “I versetti satanici” dev’essere solo e soltanto la nostra capacità di capire se sia giusto o no, se sia offensivo o no: e se non lo faremo sarà perché abbiamo pensato che fosse meglio non farlo. Ma non per paura di essere ammazzati

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