Tutti pensano sempre a Rio, ma il martedì grasso più spettacolare del mondo, fino a due anni fa, era quello di New Orleans. Cominciavano a prepararsi il giorno della befana, nella nazione dell’entertainment. Poi arrivò l’uragano più spettacolare dei nostri tempi, e le cose cambiarono. Katrina distrusse gran parte della città della Louisiana, e gli americani si impegnarono in un rituale purtroppo frequente della loro storia nazionale: quello del dolore per il colpo subito e dell’orgoglio della reazione. Come dopo Pearl Harbour, come dopo Dallas, come dopo le torri. New Orleans però non è New York, e i quartieri poveri dei neri rasi al suolo e allagati dall’uragano non erano il centro finanziario del mondo. Così la ricostruzione della città si impelagò in contese tra istituzioni differenti, retoriche ipocrite, strumentalizzazioni e sprechi. Domani si celebrerà il secondo mardi gras (il carnevale di new Orleans è di importazione franceseN dopo l’uragano, e i turisti sono già arrivati a frotte, anche se non come un tempo. Hanno trovato il quartiere francese e le stupende ville del centro restaurati e perfetti. Non si spingeranno a vedere i resti dei sobborghi, non si accorgeranno di quanti non sono tornati, metà della popolazione di prima. Ma i residenti che hanno potuto restare e ricostruire, festeggeranno malinconici e fieri, coprendosi delle collanine tipiche che poi lanceranno ovunque lasciandole appese agli alberi del centro per mesi e anni. Per loro, e per un giorno, domani sarà come prima
Gazzetta dello Sport