Oneri per i nipoti/2

“Di questa Memoria (che ho già avuto modo di segnalare velocemente nelle pagine “Libri” di questo giomale) ricordo in particolare un capitolo, quello più ampio intitolato a La campagna su Pinelli e Calabresi: perché è una ricostruzione dello “spirito del tempo” che trovo estremamente convincente, e che tutti coloro che allora facevano parte del “movimento” non possono che trovare tale; perché è scritto con invidiabile capacità di sintesi e limpidezza, in una prosa asciutta e vibrante; perché dimostra una differenza molto importante, che molti del movimento continuano ad avere rispetto alle due parti dominanti della tradizione di pensiero e pratica politica italiana, quella più “borghese” come quella più “marxista”. Intendo la capacità di fare “autocritica” non in rnodo rituale e trasformistico ma per convinzione profonda, per bisogno profondo di discutere limiti e difetti, presunzioni e sbagli sui quali il tempo ha portato chiarezza. Non bisogna mai “leggere le parole dell’altro ieri”, avverte Sofri, “con gli occhiali di ieri e di oggi”; bisogna riportare fatti e parole al loro contesto, ma il passato va tuttavia interpretato e spiegato senza infingimenti di comodo, come invece è d’uso, lo ribadisco, nella tradizione borghese (quando mai abbiamo sentito un Agnelli o uno Scalfari o un Cossiga o uno Spadolini fare “autocritica”?) o comunista (quando mai abbiamo sentito certi leader dal ditone sempre puntato fare “autocritica” rispetto, per esempio, al loro passato sostegno a certi regimi?). Mi pare che Sofri abbia fatto autocritica più di quasi tutti, ma, nel ricordare le cose sbagliate, rivendicando anche le tante giuste pensate e fatte, le ragioni di allora.

Da quel capitolo riporto una citazione che mi sta a cuore, e che racchiude il senso di un’epoca e di un’esperienza collettiva: “La ricostruzione della nostra storia di allora secondo la nascita, la crescita e la sconfitta di una linea politica mi è sempre sembrata inadeguata. Utile, ma accessoria. La questione di quegli anni è piuttosto quella della formazione comune di una generazione, dei suoi modi di pensare, di sentire, di agire. Essa fu impressionata da due esperienze vitali forti e opposte: il ’68 (e il ’69 operaio nelle grandi città del Nord) da una parte, e piazza Fontana, Pinelli, Valpreda dall’altra. L’allegria e la morte, la luminosità e il torbido, la confidenza e la paura, la cordialità e il senso di persecuzione».”
(Goffredo Fofi, 1990)

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