Aggiungo un ulteriore punto di vista alle obiezioni sulla proposta Grillo di ineleggibilità dei condannati. La democrazia prevede che il criterio con cui si viene eletti sia il giudizio libero dei cittadini e il loro voto: salvo questo, sono eleggibili tutti. Questo dovrebbe garantire un risultato soddisfacente in termini democratici. Punto. Se il risultato non piace, non puoi cambiare le regole per questo.
Mi spiego meglio: se gli elettori italiani avessero ritenuto di non votare i condannati che Grillo elenca sistematicamente per nome – rendendo la sua proposta di legge ad personam – Grillo non avrebbe mai trovato necessaria una legge a correzione. Lo fa, perché non gli piace il risultato. Che può non piacere a molti, ma non si cambiano le regole perché non ci piace il risultato. (Se il problema sono le liste bloccate, si chiede una buona legge elettorale, non si mette una toppa peggio del buco sulla brutta legge elettorale).
Già che ci sono, chiarisco un’altra cosa, a facilitare il dibattito con chi mi ha risposto (parecchi, ma non Grillo): è vero che esiste un altro esempio di limite legislativo all’eleggibilità. È la regola che richiede rispettivamente di aver compiuto 25 o 40 anni per entrare in parlamento. Ma si tratta di un unico, non di un esempio tra molti. E si tratta di un’inibizione temporanea, non a vita. E infine, questo mi preme dire, si tratta di una norma priva di senso. Perché non lo dice mai nessuno? È una norma assolutamente ingiusta, incongrua con l’istituto della maggiore età e i pari diritti, e priva di senso. Aboliamola.