Ancora da Repubblica, i traffici preelettorali in Rai, e la nuova benvenuta puntata della missione di Carlo Bonini cominciata con Rignano, convincere gli italiani che la presunzione di innocenza ha un suo senso:
“Un “assassino” che va. Un “assassino” che viene. Da Patrick Lumumba a Rudy Hermann Guede. Lo zairese e l’ivoriano. Il primo esce, il secondo entra (in galera) su richiesta dello stesso pubblico ministero, Giulio Mignini. E per mano dello stesso gip, Claudia Matteini, che aveva ritenuto pleonastica ogni formula dubitativa non più tardi del 9 novembre scorso, quando aveva scelto la forza dell’indicativo presente per riferire nella sua ordinanza di quanto accaduto tra le 22 e le 24 della notte tra l’1 e il 2 novembre in via della Pergola 7, la casa di Meredith Kircher. Ma il carcere non è un grand hotel dalle porte girevoli e non fa lo stesso che il “quarto uomo” di ieri sia forse il “terzo” di oggi e il “terzo” di ieri diventi (forse) il “quarto” di oggi. E dunque e di nuovo, la domanda del primo giorno: chi ha fatto cosa? E perché?
È un fatto che in soli quattordici giorni, il caso di Meredith Kircher viene dato rumorosamente per “chiuso” tre volte. È un fatto che per tre volte, si accredita una ricostruzione dei fatti e delle responsabilità degli indagati che si libera di quella che l’ha preceduta con un tratto di penna”
Repubblica
Porte girevoli
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