Avanti ‘ndré

Grande è il disordine sotto il cielo. La situazione è eccellente”. L’abusata citazione di Mao Tze Tung vale anche per i quotidiani italiani, di questi tempi. Si è detto a lungo che la crisi suggeriva pigrizie e prudenze, che non si poteva fare niente di nuovo, ma invece proprio il proseguire della crisi sta consigliando di correre a qualche riparo, o almeno di prendere coraggio. Lo stesso giornale che avete in mano è molto cambiato solo pochi mesi fa.
Ieri è stata la volta del Giornale e del Riformista. Sabato uscirà la nuova Unità di Concita De Gregorio. Chi l’ha vista dice che sarà molto piccola senza per forza accorciare la lunghezza degli articoli: Oliviero Toscani ha preparato la campagna pubblicitaria, e la manifestazione del 25 sarà il primo terreno di prova delle reazioni dei lettori tradizionali.
Ma torniamo a ieri. Il Giornale è uscito con una nuova testata, che deve molto al miglior nuovo progetto di questi anni, quello del Guardian inglese: fondo blu e nome in bianco. Il Riformista ha deciso di diventare un “quotidiano vero”, da piccolo foglio di opinione e addetti ai lavori che era. Trentadue pagine, due di sport, e persino una foto di Eva Mendes in sottoveste. Tutti e due i quotidiani hanno voluto mostrarsi incattiviti: il Giornale in un editoriale contro tutto e tutti, e il Riformista con una campagna pubblicitaria al grido di “Incazzati”. L’aria che tira, evidentemente, non è così costruttiva. E anche le firme di punta tradiscono un rinnovamento relativo: il Riformista ha celebrato come suo migliore acquisto il settantreenne Giampaolo Pansa, e il Giornale ha reintegrato in prima pagina una vecchia rubrica di Indro Montanelli affidandola all’ottantasettenne Mario Cervi.

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