In debito

Quando nel 1967 Lelio Luttazzi cominciò a condurre la Hit-Parade in radio era già famosissimo, ma io non lo sapevo. Cioè, quando cominciai ad ascoltarla, appena guadagnata un’età sufficiente a individuare l’interruttore dell’apparecchio, scoprii Lelio Luttazzi presentatore e Cicerone di un mondo di canzonette che per un bambino geneticamente predisposto alla dipendenza da canzonette fu una specie di luna-park Permanente. Il problema è che il luna-park era aperto solo due giorni alla settimana per neanche un’ora (il venerdì, e il lunedì in replica: e mia madre urlava che andassi a tavola): coi tempi di oggi non riusciremmo mai a tollerare astinenze così prolungate dai nostri oggetti del desiderio, qualsiasi siano.
Comunque, Luttazzi allora era già famosissimo, come musicista e compositore di canzoni e intrattenitore televisivo. Ma per quelli dell’età mia per nove anni di seguito fu il primo deejay della nostra vita: faceva i riassunti delle posizioni, qualche battuta tra una canzone e l’altra, e usava espressioni indimenticabili come “la canzone regina”, la “canzone veterana”, la “damigella d’onore”, e “l’olimpo della hit-parade” (che erano le prime tre posizioni). Poi nel ’92 avrebbe detto al Corriere della Sera che quelle canzoni lo annoiavano moltissimo, ma per fortuna eravamo già grandi e reggemmo il colpo: “Mentre andavano i dischi io guardavo i giornali e quando sentivo gli applausi del pubblico in studio alzavo gli occhi per leggere i testi di Sergio Valentini. E a chi contestava i dati della Doxa dicevo di non prendersela con me: io, triestino, pensavo solo a segnare gli accenti sulle parole per non sbagliare la pronuncia”. A noialtri invece, sembrava che fosse davvero impressionato dal primato di vittorie di “Pensieri e parole”, poi battuto da “Ancora tu”: ed esserci, mentre “Ancora tu” entrava nella storia, significava testimoniare di un grande evento storico (la sua corsa fu interrotta da “Ramaya”, che abbassò un po’ la solennita della cosa). Gliene siamo debitori.

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4 commenti su “In debito

  1. piti

    … e Pop Corn e il Guardiano del faro, e Gilbert O’ Sullivan e Jesahel, e tutta la splendida paccottiglia della prima adolescenza, cui nemmeno Fabio Fazio ha potuto del tutto succhiare l’anima sua.

  2. robbbberto

    Io ci sono nato nel ’67, ricordo che hit parade coincideva con il tragitto scuola-casa (alle elementari facevamo i doppi turni, un mese di mattina e l’altro di pomeriggio) e per ascoltarlo con le mie sorelle usavamo una radiolina portatile di quelle tipo “tutto il calcio minuto per minuto”la domenica pomeriggio mentre si porta la famiglia al parco, con la batteria da 9 volts con le alette metalliche grande come un cellulare di oggi (le fanno ancora quelle batterie?). Era un modo per sentirci “grandi”, anche se poi esultavamo per il primo posto di Sandokan!

  3. stefano tinti

    In classifica c’era Crockodile Rock e, incredibilmente, anche il tema di Giù la testa (sciòn sciòn).’Hiiiiiit Pareeeeeeiid!’, l’ascoltavano mia sorella e mia madre, io stavo con loro e non ci capivo molto e alla fine mi facevano lavare i piatti. Al mattino prendevo il pulmino per andare a scuola e la signorina teneva sulle gambe un mangianastri che suonava, credo, E.L.&P., sentivo solo tutta una quantità di suoni separati che non riuscivo a rimettere insieme. Luttazzi serviva, con classe, per unire tutto quello con tutto questo. O forse per separare tutto questo da tutto quello. Per separare il bianco dal nero, in una scenografia di Pino Pascali.

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