Dove vanno i soldi del canone Rai

Il caso più noto e clamoroso fu quello di Michele Santoro, reintegrato a fare il suo programma in Rai da una sentenza. Poi è stata spettacolare e imbarazzante anche quella che ha ordinato il rientro di Paolo Ruffini alla direzione di Rai Tre, costringendo il povero Antonio Di Bella a farsi da parte da pochi mesi. Intanto i giornali hanno scritto di Antonio Caprarica, a cui la Rai aveva promesso che sarebbe tornato a Londra quando gli tolse la direzione del Gr per darla a qualcun altro, ma da Londra Masotti non se ne vuole andare: e si annunciano cause. E pare che anche Massimo Liofredi, già fedele e devoto, voglia far causa se lo rimpiazzano con Susanna Petruni alla guida di Raidue.
Della prepotente e banditesca gestione della Rai da parte dei suoi dirigenti e dei loro mandanti si contesta spesso il degrado morale: ma in pochi sottolineano i costi quotidiani per un’azienda in cui nessuno è tenuto a rispondere di niente. Si piazzano uomini per complicità varie, si fanno scelte traffichine, e le vittime di turno fanno causa e vincono. E la Rai paga. Circola una storia – non l’ho verificata ma credo sia vera – per cui uno studio legale romano lavorerebbe di fatto solo sulle cause alla Rai. Tra le persone con cui ho lavorato a Radiodue negli anni scorsi, almeno quattro sono oggi in causa con la Rai e probabilmente vinceranno. La dirigenza di un’azienda di cui vengono sistematicamente sanciti illeciti di gestione si dimetterebbe in qualunque paese normale. In Rai, è parte del divertimento.

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10 commenti su “Dove vanno i soldi del canone Rai

  1. andrea61

    Senza voler stemperaqre le colpe per l amalagesitone, vorrei far notare pero’ che la RAI e’ l’unica azienda in cui un “dirigente” puo’ essere reintegrato. In qualsiasi altra azienda italiana il dirigente licenziato senza motivo o spostato a lavoro di ruolo palesemente inferiore ( equivalente percio’ a licenziamento) viene semplicemente indennizzato con un risarcimento che varia tra i 6 e i 24 mesi. Nessun giudice si sognerebbe mai di ordinarne il reintegro e nessun dirigente accamperebbe mai tale pretesa. Ma, evidentmente, in RAI vige l’idea per cui il dipendente e’ anche proprietario o al piu’ e’ un soldato che combatte i vertici aziendali per ordine di terzi.

  2. Massimo

    Fare causa alla Rai è una prassi molto redditizia. Io non ho mai sentito di uno che abbia perso, evidentemente in punta di diritto avevano tutti ragione. Nessuno si è mai ricordato però il come ci era entrato, non propriamente in punta di diritto.

  3. minimAL

    @massimo
    NON è molto redditizia, sei male informato. O meglio, scusa la veemenza: sei parzialmente informato.
    Come scrissi già dal Costa che lamentava più o meno le stesse cose (cambiano i nomi, ma la quaestio è sempre la stessa), chi tra i grandi nomi fa causa vanta sicuramente indennizzi elevati, ma non certo per questioni di comparazione con lo stipendio non goduto durante il periodo di disoccupazione a causa della causa in corso (pardon). Ma perché il giudice aggiunge anche il danno morale.
    Chi tra i comuni mortali (come il sottoscritto) vince (è non è facile come credete, anzi), si vede riconoscere solo stipendi/ferie non goduti, senza alcun riconoscimento di danno morale!
    Il perché è semplice: io non sono Santoro, ma un comunque programmista regista ignoto ai più (nonostante nel mio caso io sia stato nel gruppo dei tre-redattori-tre ad aver tirato fuori dal nulla quella cosa chiamata Rai Click, che poi ha fatto la fine che ha fatto). Su questo si può essere d’accordo o no. Ma le cose stanno così.
    Seconda cosa: è vero che ci sarebbe un ufficio legale che vivrebbe solo dele cause Rai, ma non totalmente.
    È vero che i costi di una causa pesano all’azienda come voce di bilancio, ma risalirne tutti i meccanismi è impossibile proprio perché ci sono rapporti commistiati con alcuni studi di avvocato che sembrano difendere contemporaneamente azienda e lavoratore (non accade, ma il senso è chiaro).
    Tanto che 11 anni fa stava per essere introdotta una regoletta aziendale per cui un dirigente era sempre responsabile del diretto dipendente che avrebbe fatto causa all’azienda, e ne avrebbe dovuto pagare una parte non meglio specificata di responsabilità. La cosa giustamente non passò. Però è rimasta l’intimidazione. Cioè: se io chiamo un dirigente che fattivamente testimonia a mia favore, l’azienda se ne ricorda. Stanne certo che se ne ricorda.
    Nessuno paga nulla in Rai, perché la nostra è un’azienda che affonda senza affogare, e a tutti conviene (quasi a tutti, a me fa ribrezzo) che le cose restino così.
    @andrea61
    Non dare colpe ai dipendenti che ne hanno ben meno di quanto uno possa immaginare (bruttina la frase: “Ma, evidentmente, in RAI vige l’idea per cui il dipendente e’ anche proprietario o al piu’ e’ un soldato che combatte i vertici aziendali per ordine di terzi”).
    I dipendenti ignoti non hanno spazi come invece ne ha Santoro (di un’arroganza sopraffina) o Fazio (pettegolezzo: non ama pranzare/cenare con chi non sia dirigente…). Ma se tu pensi che io con laurea vecchio ordinamento, collaborazioni con Treccani, Rizzoli e Sanpaolo, 17 anni di anzianità (tra precariato e non), con esperienze interne di conduzione, di responsabilità di palinsesto, e via dicendo, prendo 1100 euro netti al mese… e di cose ne dico e ne scrivo e ne denuncio, ma non escono mai se non dal mio blog o da qualche lettera fugace che nessuno ha il coraggio di pubblicare.
    E perché nessuno ne parla?
    Perché il disagio di uno sconosciuto è debole di fronte alla ricattabilità incrociata tra chi gestisce l’informazione. Ogni persona nota che parla male della Rai ha sempre un figlio/fratello/amico coinvolto nella Rai, e quindi affonda il coltello ma fino ad un certo punto, e sicuramente non verrà mai a fare il paladino di chi dev’essere difeso veramente.
    Pensi che se io perfetto sconosciuto fornissi le informazioni adeguate per far vincere questa straordinaria azienda e restituirla a voi che ne siete i veri porprietari, pensi che qualcuno mi darebbe lo spazio?
    Dico “a me” come a chiunque altro non si invischiato inq eusta poltiglia.
    Scusate lo sfogo e lo spazio rubato.
    Ciao,
    Alessandro

  4. Massimo

    Alessandro, noi non ci conosciamo ma non ho difficoltà a dare per vero quello che dici. Il problema è un altro. Vista da fuori, e poi specialmente se ci hai avuto un po’ a che fare, la Rai non puoi che detestarla. E’ un ente alimentato con i soldi di tutti, volenti e nolenti, ma gestito come se fosse del Clan dei Marsigliesi. Siamo entrambi in anonimato, ma puoi dirmi di una, una sola persona che conosci che non sia stata assunta per raccomandazione, politica e non? Qui non si sta parlando della percentuale fisiologica italiana ma di una prassi ferrea ed assoluta. Io avevo un assistente che non distingueva una linea audio dalla 220, che mi combinava casini su casini, che improvvisamente entra in Rai come microfonista. Il padre era amico di un dirigente. Lasciamo stare poi i giornalisti di ogni ordine e grado, TUTTI sono entrati con una precisa targa politica. Certo, questo non vuol dire che siano tutti inetti, ci sono sicuramente grandi professionalità, ma pensa quanto il comune cittadino le paga, diluite in un sistema come quello. Lì dentro nessuno paga mai per nulla, perché i soldi non sono di nessuno. Una mia amica giornalista non solo si è fatta reintegrare, pagare tutto, ma ha scelto anche il dove andare, il come ed il quando. Fa bene, io non la biasimo, conosce le persone giuste ed usa il suo potere in un posto dove il potere è l’unico valore. Ecco perché poi è difficile che un Alessandro possa trovare la comprensione di chi in Rai non ci lavora. E magari se la meriterebbe anche.

  5. andrea61

    @alessandro: io no parlo dei comuni dipendenti che fanno causa. Io parlo di megaririgenti con stipendi di giada che fanno causa all’azienda. Ora io non voglio fare polemiche sterili anche se magari i molti dei papaveri ricorrenti potrebbero anche ricordarsi che la lottizzazione li ha defraudati di un posto che avevano avuto in virtu’ del sistema che contestano, ma quello che e’ paradossale e’ il reintegro che a livello di manager e’ una cosa che non sta ne’ in cielo ne’ in terra.

  6. Pingback: Links for 22/07/2010 | Giordani.org

  7. minimAL

    @Massimo
    Caro Massimo,
    non sono sceso sul personale se non in maniera accessoria, ma tu mi costringi a farlo: IO sono entrato senza neanche una segnalazione/raccomandazione, perché da ragazzo ho spedito un curriculum scrivendoci tutto quello che avevo fatto fino ad allora (ben poco, ovviamente) e mi fu detto chiaramente “non c’è posto per te, a meno che non ti va ti venire qua alle 6 del mattino”, perché a nessuno andava di svegliarsi alle 4,30 per presentarsi decentemente alla redazione – gloriosa, lasciamelo dire – di Prima Pagina. Tanto che la mia carriera è stata solo frutto di mendicanze: mai ero sicuro di avere un contratto rinnovato, come invece capita all’ideale di dipendente Rai che bene o male dipingi tu.
    Certo, ho avuto botte di fortuna (ho un’ottima voce, addestrata da anni di studi sulla dizione, e alla fine ho pure condotto qualcosa; oppure telefonai a Piero Angela per avere un’informazione, gli mancava un assistente e mi pregò di presentarmi in redazione il giorno dopo e diventai il suo braccio destro per due anni)…
    Ma storie come la mia ce ne sono, più di quante tu creda.
    Certo, entri in contraddizione – permettimelo – quando denunci un certo andazzo e poi lo giustifichi quando viene applicato da una tua amica. A latere: qui i giornalisti fanno cose che neanche a un pupo viziato verrebbero consentite. Ma io che giornalista non sono (pergiunta anche mezzo invalido per una malattia autoimmune) il mazzo me lo son fatto, anche perché ho sempre rifiutato certi meccanismi, e sempre li rifiuterò.
    Ma non ci sono solo io “fatto” così: conosco molti colleghi che potrebbero raccontarti storie analoghe, di dignità difesa ad ogni costo, di un entrare dalla porta di servizio e poi di un servire questa straordinaria – ripeto: straordinaria – azienda.
    Grazie della chiosa, amara ma onesta: io però non cerco comprensione, forse cerco spazio per la denuncia vera, per essere sicuro che le mie parole – o le parole dei colleghi “puri” – arrivino senza che chi lo consentirà lo farà solo per tornaconto, personale o politico.
    Il problema è semplice: la Rai va smilitarizzata, depoliticizzata, snellita e valorizzata.
    Credi che sia impossibile, vero?
    Lo potrei pensare anch’io, anche perché di porcate da parte del centrosinistra ne ho viste fare tante e tali come da parte del centrodestra. Altro che Santoro! Per tornare sul personale: mai nessuno si è alzato per difendermi quando mi fu letteralmente proibito di continuare a condurre alla radio solo perché “non hai nessuno dietro, mi dispiace”. Non era un divieto meritocratico, ma consono solo ai meccanismi all’italiana interni al’azienda, e portato avanti dalla moglie di un tizio delle “nostre” parti….
    Questo per dire che io credo sia possibile cambiare la Rai. Certo, non sarò realista, magari accadrà tra mille anni: ma anche chi inventò la ruota fu preso per matto, no?
    @andrea61
    Andrea caro,
    grazie della precisazione: era necessaria. Altrimenti si incentiva un modus pensandi (si dirà?) che appartiene un po’ a tutti quelli che parlano di Rai.
    Questa è un’azienda bellissima, potenzialmente la migliore: non abbandoniamoci all’ovvio; cerchiamo a seconda delle nostre possibilità di liberarla una volta per tutte… anche sacrificando qualcosa di noi stessi.
    Grazie Luca dell’ospitalità. Lo sai perfettamente che non mi vai a genio. Anche tu potresti iniziare a parlare di Rai in maniera diversa, e in parte forse l’hai già fatto.
    Ciao,
    Alessandro

  8. Massimo

    Caro Alessandro, grazie per queste precisazioni, e non solo perché confermano, con altre parole, è ovvio, ciò che penso. Tu sei entrato senza raccomandazione semplicemente perché era previsto che non entrassi, che rimanessi precario a vita, e solo tramite una causa hai potuto far valere i tuoi diritti. Intendiamoci, anche io penso che la Rai andrebbe “smilitarizzata, depoliticizzata, snellita e valorizzata”. Ma ciò, che sarebbe l’unico interesse degli Italiani, confligge con quello della politica che non mollerà mai un osso così succoso. O almeno, io non ci credo.

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