Far sentire la propria voce

Nell’intenso dibattito sulle contestazioni delle settimane scorse che hanno impedito a persone diverse di tenere dibattiti pubblici – a cui rimando per i suoi argomenti principali – è molto frequente l’argomento del “fare sentire le proprie ragioni”. Quale modo, si dice, hanno i cittadini di far conoscere il loro dissenso, di dire la loro, di far sentire come la pensano e le proprie ragioni?

Ripeto, superiamo qui tutta la discussione di come questo non abbia niente a che fare con lo “zittire” dipietresco, con i fumogeni, con il togliere al prossimo – chiunque sia – la libertà e il diritto di esprimere la propria opinione rispettosamente, libertà e diritto sanciti dalla Costituzione. Ammettiamo che niente sia successo, o fingiamo che siamo tutti d’accordo sul fatto che quelli sono stati eccessi inammissibili. Resta la domanda “come fare a far sentire la propria voce, il proprio dissenso?”.

Ecco, non fraintendetemi, ma io non sono sicuro che si debbano pretendere spazi e occasioni continui e 24 ore su 24 per far sentire la propria voce. Non so se sia stata internet o la società dei due minuti di celebrità per tutti a viziarci in questo senso, ma è assolutamente normale che non abbiamo tutti accesso alle medesime occasioni di esprimerci nelle medesime forme. Altrimenti dovremmo pretendere di scrivere tutti sulle prime pagine dei quotidiani e di essere intervistati dal tg sulle nostre opinioni (e avviene molto più spesso che un tempo). Invece ci sono gerarchie di accesso alla comunicazione dei propri pensieri, dettate da criteri a volte buoni e a volti no, ma la cui esistenza è del tutto plausibile.

E gli spazi per esprimere le nostre opinioni, per far sentire il nostro dissenso (ma di esprimere consenso non gliene frega niente a nessuno?) ci sono, e sono molte più che una volta. Possiamo comprare o no i libri di Dell’Utri, possiamo votarlo o no, possiamo votare o no i suoi oppositori, possiamo scrivere quello che ne pensiamo su un blog, su facebook, nei commenti dei siti grandi e piccoli, nelle lettere ai giornali, possiamo condurre vite diverse da quelle di Dell’Utri e insegnarle ai nostri prossimi. Possiamo impegnarci in politica, andare alle riunioni e discutere e intervenire: possiamo aspettare la fine dei dibattiti, ascoltarne il contenuto e quando chiedono “domande?” alzare la mano. Possiamo lavorare per costruire altro da quello che critichiamo, piuttosto che concentrarci solo sul demolirlo (si demolisce da sé, in presenza di alternative migliori).

Chiunque di noi ha accesso a molti modi di esprimere le proprie idee e ottenere ascolto, modi diretti e indiretti. Certo, lo so anch’io, che non sarà mai un ascolto vasto quanto quello di milioni di telespettatori che ci vedono urlare per strada fino a impedire un dibattito: ma è un ascolto, quello? E soprattutto, chi ci dà il diritto di ottenerlo, se non la forza, che non è mai un buon criterio? Io so benissimo che difficilmente Silvio Berlusconi leggerà le mie perplessità sul suo governo su questo blog e so benissimo che le leggerà al massimo qualche migliaio di persone: ma questo dovrebbe farmi cercare forme più violente e esasperate di cercare attenzione e di fare notizia? Dovrebbe farmi pretendere spazi più ampi di espressione? Come faccio a far sentire davvero la mia voce? Non è quello che poi andiamo criticando ogni giorno, il sistema di chi urla più forte? E se gli urlatori da talkshow ci rispondessero che è l’unico modo di far sentire le loro ragioni?

Concludendo, la mia impressione è che il diritto a far sentire la propria voce sia un falso argomento. La Costituzione tutela il diritto a esprimere il proprio pensiero ma non si spinge a garantire che quel pensiero debba essere ascoltato (e quanto) e a cercare modi di per ottenere che lo sia. E scommetto che se questo paese funzionasse meglio il diritto a far sentire la propria voce non sarebbe evocato e parleremmo serenamente di quel che accade nelle occasioni che la vita ci riserva e che la società ci offre. Il che ci riporta al fatto che il paese funziona male: lo migliorerà chi riuscirà a farsi ascoltare con delle buone idee, non con la pretesa di farsi ascoltare. E ve lo dice uno che ci lavora da un pezzo, e non è facile per niente.

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24 commenti su “Far sentire la propria voce

  1. francescorocchi

    Sofri, non facciamola tanto lunga. Da che mondo e’ mondo, i politici, nelle democrazie, vengono fischiati e strafischiati. Guarda Blair!

    Secondo il tuo arzigogolato ragionamento andrebbero messi in forse anche i cortei, decisamente invadenti.

    Ne si tratta di 24 ore al giorno tutti i giorni di contestazione (donde ti e’ venuta questa idea peregrina?).

    Tanto Schifani quanto Dell’Utri non corrono rischi di rimanere inascoltati. I contestatori non li hanno certo condannati alla damnatio memoriae. E questa cosa non la dice mai nessuno: tra i contestatori e i contestati c’e’ un abisso in termini di accesso ai media.

    E soprattutto: Dell’Utri e’ un mafioso ed e’ ancora in politica! Ma questa cosa la vogliamo denunciare per lo scandalo che e’, o vogliamo fare discussioni astratte ed accademiche?

    Sembra che tu stia discutendo il sesso degli angeli.

    E l’aggressione a Bonanni, che tale e’ e va condannata, non c’entra niente con le contestazioni a quegli altri due.

    Altra gente, altri sistemi

  2. Broono

    è un falso problema.
    O meglio, è un problema vero ma visto e discusso dalla parte sbagliata.
    Sono giorni che si parla delle contestazioni come fossero delle violenze volte a zittire Dell’Utri, poi Schifani, poi Bonanni.
    Ce ne fosse uno che considera i tre sopracitati come semplici elementi esterni di un gioco che nemmeno li riguarda.
    No, macché, troppo ghiotto il piatto per non dare per vero il primo strato della foto e utilizzarlo per il vero punto d’incontro trasversale che è riuscito a unire l’intero arco parlamentare: la libertà di parola.
    E che bello, ma che bel suono, e parliamone un po’, massì, c’è spazio e mancano gli argomenti, difendiamo la libertà di espressione che se non è anche di Dell’Utri non è di nessuno e darei la vita e bla bla bla.

    Sai che c’è?
    C’è che viene da chiedersi se la capacità di analisi sia forse la vera emergenza nazionale, prima ancora del processo breve e, settimana prossima, della par condicio.
    Non che la tua sia sbagliata, eh, intendiamoci.
    E’ che è vera ma riferita a uno scenario che forse non è quello, o comunque non è così certo che sia l’unica lettura possibile degli stessi eventi.

    Te ne propongo un’altra, la stessa scena ma da un’altra prospettiva:
    Chi davanti al palco ha impedito a Schifani di parlare, non fischiava Schifani, fischiava Fassino.
    Chi ha contestato violentemente Bonanni, non contestava Bonanni, ma Letta.
    Stessa prospettiva: Fassino non difendeva Schifani richiamando gli squadristi, ma sé stesso.
    Letta in piedi col dito alzato non difendeva Bonanni (né tantomeno la libertà d’espressione) ma metteva in piedi la scenetta provata davanti allo specchio per tutto il giorno (il gomito, dai, ma l’hai vista com’era fasulla la tensione?) per la quale Bonanni era necessario al fine di dire “Ma quanto siamo democratici noi, eh?”.
    E arrivo al punto.

    Il Piddì, alla lunga e pare interminabile sequenza di incredibili cazzate comunicative che è fino a oggi e dal primo giorno di fondazione riuscita a inanellare inarrestabile, ha oggi aggiunto questa che forse è la più sofisticata e, per questo, la più madornale (essendo il piddì tutt’altro che un tavolo di sofisticati comunicatori):
    utilizzare il proprio spazio/palco non per parlare, ma per FAR parlare.

    Ora tu dirai “e che c’è di male?”.
    Niente, se fossi un partito che ha già detto tutto ciò che doveva dire ai suoi elettori fino a sviscerare e risolvere ogni singola area scoperta di messaggi e posizioni e progetti, al punto da potersi permettere il lusso di concedere il suo spazio/tempo addirittura agli avversari.
    Niente, se fossi la Lega, in sostanza.
    E invece sei il Piddì, un partito delle cui idee ancora si ricerca non dico l’origine ma almeno la forma, così da risalire autonomamente se proprio se ne ha voglia all’origine.
    Un partito la cui linea è chiara quanto il genoma letto da me.
    Un partito i cui stessi elettori faticano a descrivere forma, progetti, prospettive.
    Un partito che utilizza ogni piccola finestra mediatica che la mastodontica macchina avversaria le concede in briciole di brevi secondi intervallati da settimane di vuoto, per lamentare l’assenza di spazi per “comunicare le nostre proposte e non sapete com’è dura fare opposizione quando non hai spazi per far conoscere le mosse che fai ma che nessuno vede” e giù lacrime e tu dici “Beh, questa era un’occasione, potevi approfittare e infilarci dentro una proposta, invece che la comunicazione dell’assenza di occasioni per comunicare una proposta”.

    Ecco tu sei questo partito, no?
    Ecco una volta all’anno gli spazi te li costruisci da solo, le telecamere sono le tue, lo spazio è il tuo, la gente che non vedeva l’ora di sentirle queste proposte è la tua che è lì per dirti “Hai ragggione cazzo, creiamoceli da soli gli spazi per parlarci, ora siamo qui, dicci tutto, non te lo possono togliere il microfono ora e vediamo se riescono a impedirti di dirci le tue proposte! Basta dieci secondi tra una dichiarazione filogovernativa di Schifani e una di Bonanni! Ora siano tre ore tutte di proposte, così ci convinci e votiamo!”
    Ecco, tu a quel punto rispondi:
    “E ora passiamo la parola a Schifani e poi a Bonanni, perché siamo democratici”

    Tu sei proprio così sicuro sicuro di vedere la cosa dalla prospettiva giusta, quando dici che quelli che si sono fatti due ore di fila in macchina per finalmente sentire le tue proposte senza i tagli/panino della macchina da guerra RaiSet, roba della quale ti lamentavi tu eh, e si ritrovano a dover ascoltare per due ore Schifani perché tu ti possa dire un sacco democratico, se ti tirano giù il palco di fischi e sedie si sono comportati male malino?

    Non so, io credo che a furia di inseguire la bandiera della difesa delle libertà (ehm) si sia finito col perdere completamente la bussola.
    Un partito che passa il suo tempo a piangere perché i suoi elettori non lo votano perché gli viene impedito di far arrivare loro le proposte che eccome ci sono oh quante ne abbiamo madonna che carrettata di progetti se solo ce li facessero comunicare e poi quando ha una settima di orecchie spalancate decide che la priorità è la difesa della Libertà che va dimostrata sparando in quelle orecchie non quei progetti e sentiamoli, ma la voce di Schifani… beh, fanculo al bon ton e se ne venga giù la tenda con sotto te, le tue lacrime da calimero per 355 giorni l’anno quando Schifani non ti fa parlare e la tua difesa del diritto di Schifani di parlare anche negli unici 5 che erano tuoi e la gente tali se li aspettava.

    La Lega potrebbe permettersi una boiata del genere.
    Perché non c’è una sola virgola delle sue idee che non sia stampata dentro ogni suo elettore fino al punto che anche se stai zitto o se fai parlare il tuo peggior nemico, non hai comunque perso una virgola o un solo voto e a quel punto sì che puoi persino guadagnarne se li fai parlare davanti ai tuoi, perché i tuoi li consolidi se gli dai in pasto un “comunista”.
    La Lega, non il Piddì.
    Hai mai visto fare una roba del genere?
    Macché, quelli anche potendolo fare non si staccano un secondo dai loro microfoni e se raccolgono qualche migliaio di loro sostenitori quella piazza la usano per incollarseli ancora di più addosso, per accenderli ancora di più, per eccitarli all’inverosimile e gli altri si fottano, vadano a parlare a casa loro.

    E tu sei il Piddì.
    E fai il democratico.
    E piangi l’assenza di microfoni e quando li hai li regali e se i tuoi s’incazzano gli punti pure il dito contro perché loro eh eh eh non sono mica democratici come te.

    E il giorno in cui viene stracciata ogni operaia speranza contrattuale per sostituirla con il testamento nazionale e tombale dei diritti e la distruzione dei sindacati viene certificata nero su bianco, il giorno in cui il sindacalista più governativo che esista rilascia una dichiarazione profedermeccanica che sigilla il suo essere di confindustria temporaneamente spostato a quinta colonna in fabbrica, quello stesso giorno, non un altro, quello stesso, nella città di quella FIAT che sta facendo carne da macello di quegli operai che hai davanti, quella città, non un’altra, quel giorno, non un altro, il giorno dell’apertura dei cancelli che per ciascuno di loro è il primo della serie finale che durerà lo spazio della cassa integrazione e poi il futuro aspettano che glielo dica tu che dici di averlo in mente ma nessuno ti da spazio per raccontarglielo e loro corrono lì perché nessuno ora potrà toglierti il microfono, loro vengono lì a sentire come li aiuterai a non essere maciullati insieme ai loro diritti chi gli fai trovare sul palco?
    Bonanni.
    Lui, non uno degli altri.
    Perché così sei democratico.
    E vaffanculo, tu una sedia allora te la meriti.

    Bonanni e Schifani, in tutto quello che è successo in quella piazza in questi giorni, non c’entrano assolutamente nulla.
    Sono semplicemente la forma del perché il Piddì era roba morta ancor prima di nascere.
    I fischi, le sedie, i fumogeni, non erano per loro.
    Erano per chi agli operai ha fatto trovare Bonanni e Schifani e s’è pure incazzato quando questi hanno detto “ok, confine superato, al mio segnale scatenate l’inferno”.

    Scusa la lunghezza, però basta, con ‘sta storia della libertà di parola, come fosse il problema.
    Libertà sì, ma allora sia reale.
    E certe parole non si possono sussurrare, né certe sedie possono essere tirate in faccia, contrattualmente e moralmente, solo a chi le ha costruite, salvo poi insultarli se le rispediscono indietro.

  3. Pingback: novantadue minuti di applausi… « CalvinistAccidentale [revamped]

  4. Luca

    OT: sta per off topic, espressione assai usata nelle discussioni online per indicare ciò che sta fuori argomento. Qui sta cominciando ad acquistare una dimensione prevalente.

  5. f.b.

    Luca,
    io credo che il fenomeno che tu spieghi così bene sia anche un lascito televisivo.
    Faccio un esempio. Esiste questa pratica per cui c’è Tizio che va a parlare di – chessò – politica estera. La gente è andata lì per sentir parlare Tizio di politica estera e magari anche contestarlo, perché no?, quando gli si avvicina uno stuolo di manifestanti e gli chiede conto di una cosa che non c’entra niente – chessò – il fatto che nel 1998 aveva fatto una dichiarazione ambigua sulla camorra. E lo stuolo di manifestanti non si schioda di lì e non lo lascia parlare, con la motivazione che “la gente vuole sapere, tu hai il dovere di dare una risposta”.
    L’aspetto paradossale è che è una pratica televisiva, mutuata da Striscia la Notizia dei tempi di Stefano Salvi che inseguiva Enrico Cuccia. Ed è scimmiottata – con superiore arroganza – da gente che dice di opporsi allo strapotere televisivo di chi produce quella trasmissione, che dice di rifiutare la logica televisiva.

  6. Raffaele Birlini

    Metterei un punto di domanda nel titolo: far sentire la propria voce? Esiste sempre una voce da usare per ottenere effetti, a prescindere dalla capacità di ascolto e di comprensione dell’interlocutore, o si parla necessariamente al vento, o a se stessi, o a una perfetta controparte immaginaria? Ha senso credere davvero di poter smuovere montagne o è solo il risultato di un fede implacabile che non ci dà scelta di silenzio nemmeno di fronte alla prevedibile inutilità dello sforzo? E via dicendo.

  7. matnet

    Ragionamento filante. SE vuoi usare le jural relations di Hohfeld il pensiero diventa ancora più pulito. (cerca hohfeld su wikipedia)

    esiste una relazione right/duty ed una relazione power/liability. Sono diverse ovviamente.

    Per quanto riguarda la prima, in pratica, ad ogni diritto in capo a Luca corrisponde un dovere in capo a Matteo (e ad altri se è erga omnes).
    AL diritto alla sicurezza di Luca corrisponde il dovere di Matteo di non interferire con la sua sicurezza (e non il dovere di Matteo di garantire la sicurezza di Luca). Al diritto di proprietà di Luca corrisponde il mio dovere di non invadere la sua proprietà (e non quello di proteggerla a mie spese)
    Ora si tratta di capire quale dovere corrisponda al diritto di parola di Luca. é forse il mio dovere di ascoltare? Io non credo (e nemmeno tu mi sembra di capire). Vi corrisponde invece il mio dovere di non impedire a Luca di parlare. Se lo dovessi ascoltare, saremmo nella relazione power/liability. Luca ha un potere di impormi un comportamento ed io una responsabilità (nel senso di obbligo contrattuale per intenderci).

  8. splarz

    Sofri,
    lei continua a porre una questione di libertà di parola e dei modi di esercitarla, ma il punto non è questo.
    Marcello Dell’Utri è un mafioso e bla bla (l’avrò commentato decine di volte) per cui trovo personalmente scandalosissimo che ci sia gente che invita un tizio simile a parlare dei falsi diari di Mussolini, trattandolo come fosse un grande bibliofilo. Lo trovo un insulto alla gente onesta, nè più nè meno, senza contare che molte persone non sanno nulla di Dell’Utri – e sarebbe utile farglielo sapere.
    E’ ovvio che tutta la situazione (de)genera da un paese che funziona male: in un paese normale i mafiosi non stanno in parlamento, il Presidente del Senato spiega i propri rapporti mafiosi quando i giornalisti glielo domandano, il PdC non possiede la quasi totalità delle Tv e non ha processi, il Tg1 è un telegiornale, e via di questo passo.
    Come ci si deve comportare di fronte a tutto questo? Quali alternative ci sono alla contestazione?
    S’immagini se al posto di Dell’Utri ci fosse stato Hitler, contestato al suon di “nazista! assassino!”: avrebbe fatto le stesse considerazioni? Libertà di parola eccetera? Per carità, per quanto abbia in disistima Dell’Utri gli concedo di non poter essere messo sullo stesso piano di Hitler. Ma la linea della decenza l’ha passata anche lui, e da un pezzo.
    E mi stupisco che non lo capiate.

  9. maucirano

    “E scommetto che se questo paese funzionasse meglio il diritto a far sentire la propria voce non sarebbe evocato e parleremmo serenamente di quel che accade nelle occasioni che la vita ci riserva e che la società ci offre.”

    E’ proprio questo il problema.

  10. Denis Brandolini

    E’ la solita storia del dito e della luna…

    Riassumiamo: il nostro ha portato al nostro orecchio due distinte questioni.

    La prima, nei post dei giorni scorsi, è stata che azzittire qualcuno a prescindere – foss’anche solo con schiamazzi calcolati – risulta contrario ai fondamenti liberal-democratici e ai dettami costituzionali. Inoltre, che risulta una pericolosa aggravante qualora il gesto sia compiuto non per quello che il bersaglio sta tentando di dire, ma per chi è (o si crede che sia).

    Questo passaggio è incontrovertibile, da cui i critici hanno cercato di svicolare con la più italiana delle giustificazioni: “sì, il principio sarebbe giusto, ma non ci sono alternative”. Nel caso, non ci sarebbero alternative per potersi “far sentire”.

    Da qui la seconda questione, nel post odierno: è davvero diritto fondamentale che la *propria* opinione sia *ascoltata* da tutti? E anche ammesso lo sia, sarebbe praticabile? La risposta del nostro, in linea sia con la dottrina liberale sia con la sua dichiarata simpatia per un l’elitismo, è stata negativa ad entrambi gli aspetti.

    Fine.

    Continuare con la tiritera “…ma dell’Utri è mafioso!” cosa aggiunge? Niente, solo fastidioso rumore di fondo. E il fatto che in politica i fischi ci siano e ci possano stare non c’entra: una cosa è usarli come controparte degli applausi, un’altra per sovrastare una voce.

  11. splarz

    @ Denis Brandolini
    “Inoltre, che risulta una pericolosa aggravante qualora il gesto sia compiuto non per quello che il bersaglio sta tentando di dire, ma per chi è (o si crede che sia).”
    La questione è controvertibile eccome, basta rispondere alla mia iperbole su Hitler. Secondo il tuo ragionamento Hitler avrebbe tutto il diritto di fare il bibliofilo in piazza e io il dovere di stare zitto. Personalmente credo l’esatto opposto.
    Qui siamo nel campo delle opinioni comunque, e non ne usciamo.

  12. Francesco

    Scusate l’OT.

    Sono completamente d’accordo con Denis Brandolini.

    Mi fa venire in mente una cosa: i fischi in politica ci sono, anche preventivi vanno bene (saranno meno educati, ma non importa).
    Ma a un certo punto finiscono e il fischiato può esprimersi.
    L’organizzarsi per impedire completamente a qualcuno di parlare, non è solo contestare: è zittire.
    Credo siano due cose completamente diverse.

  13. norway

    Sofri in un periodo di degenerazione e perdita di equilibri si fa monolitico nella sua linea di pensiero. Sembra tutto scontato ma in questi periodi meglio non sorvolare su certe cose. Concordo con quello che dice. Ora però sarebbe il caso di proporre soluzioni. Giusto condannare le derive di questi giorni ma queste derive esistono, non sarà certo il giudizio negativo di qualcuno a farle sparire. Ieri Sofri mi sembrava suggerisse al pd (baluardo della democrazia) di prendere le distanze da Di Pietro . Giusto. Che lo facesse però allora. Ma la domanda è: potrà prendere le distanze da Di Pietro? Per quanto riguarda i mezzi che le persone hanno per esprimere le loro opinioni è chiaro che è un argomento che inizia e finisce sui tasti di un computer purtroppo. Evidentemente le persone che fischiano, lanciano fumogeni (sperando ci si fermi qui) non si ritrovano in tutti questi spazi in cui è possibile esprimere un opinione. E allora? E allora sono la testimonianza di un vuoto, di un buco tremendo, creatosi in questi ultimi sedici anni. Come lo riempiamo questo buco? Sarebbe ora di cominciare a pensarci.

  14. albertog

    La violenza è una componente fondamentale della politica. Il Pd parla troppo poco di questo tema, e troppo spesso in maniera moralistica. Non accontentiamoci di sperare che porre il problema, come fai giustamente tu in questo post, basti a esaurire il tema. Dire che la forza non è un buon criterio è un obiettivo da raggiungere, ma di fatto la forza in politica pesa eccome. Basta pensare a come i tifosi della Lazio hanno ottenuto il decreto spalmadebiti.

  15. albertog

    OT
    Leggevo l’ultimo post di Antonio Socci su Sakineh e in difesa del Medioevo cristiano (e quindi nella sua ottica anche del Presente cristiano). Ho trovato questa frase che ha curiose assonanze con quanto si discute qui:
    “Gesù pronuncia parole durissime proprio contro quelli che si ritengono “perbene”, contro chi pretende di non essere peccatore, di non aver bisogno di perdono e di aver diritto di lapidare gli altri.”

  16. Andrea P.

    Non ho letto nessuno che abbia teorizzato una sorta di “diritto ad essere ascoltati” e per il quale, conclude il post, nessuno potrebbe darci “il diritto di ottenerlo, se non la forza, che non è mai un buon criterio”. E non si potrebbe non essere più d’accordo, se non che appunto questo diritto non esiste. Esiste invece il diritto ad esprimersi liberamente, se c’è qualcuno che sta a sentire. Quindi il punto è accertare se la contestazione generica, e genericamente definita pacifica (che in realtà sis sostanzia in comportamenti che un certa dose di forza la esprimono, quale l’urlo) esprima o meno una violenza lesiva di diritti altrui, secondo la validissima regola della nonna che la tua libertà finisce dove inizia la mia. Il post sembra suggerire, alla fine della fiera, che tale lesione avvenga sempre e in ogni caso, indistintamente, il che mi pare sbrigativo.

  17. marfalbo

    Le contestazione a Dell’ultri e Bonanni impongono delle riflessioni importanti: dato l’attuale quadro mediatico e di conflitto d’interesse, come mettere in luce le contradizione di un sistema politico? Come delle contestazione eclatanti, chiamiamelo cosi’, possano influenzare la cultura poltica? Qual’e la relazione tra internet e azione politica?

    Primo: Penso che I punti messi in luce da Luca siano molto interessanti. E’ inutile dire che c’e’ una una differenza sostanziale tra contestare e non impedire di parlare. Impedire la parola non da la possibilta’ di mettere in luce la pochezza delle argomentazioni di politici mediocri. Contestare, magari puo’ essere l’opportunita’ per elaborare al meglio un pensiero e delle argomentazioni ( e dato la pochezza delle persone in questione mi sembra difficile). Oppure la contestazione puo’ essere strumentalizzata per colpevolizzare un movimento e per limitare l’impatto mediatico di notizie e critiche contrarie allo status quo. ( Apro parentesi. Sono sicuramente contraria all’ uso della violenza ma non ricordo di nessuno morto per essere stato contestato o chiamato buffone e non penso che parole dure o anche insulti possano causare un esclation di violenza o armare il popolo inerme. Se cosi’ fosse forse avremo risolto il problema della gerontocrazia in Italia.chiudo parentesi) Il peso e il ruolo che contestazione a fini mediatici e’ controverso. Probabilmente siamo tutti d’accordo a condannare la politica urlata, lo strapotere della televisione ect ect ma nell’attuale panorama italiano come fare breccia nella cortina fumogena creata dal berlusconimso e dell’opposione compiacente se non con azione ‘eclatanti’ ( vedi l’isola dei cassaintegrati, I girotondi intorno alle istituzioni) ?

    Secondo: Contestare dell’Utri e’ sacrosanto e dire anche che Dell’Utri e’ mafioso ed e’ ancora in politica. Ma il fatto che dell’Utri sia ancora in politica non e’ per mancanza di contestazioni ma perche’ questa personcina, come tanti altri, e’ stato votato in libere elezioni ( prima anche del porcellum) per 15 anni. E questo si tende a dimenticarlo. Dobbiamo chiederci perche’ persone colluse, o incapaci ( e sono tante) siano ancora votate in parlamento, anche ben prima delle liste bloccate e centralizzate. Sono degli ingranaggi essenziali per mantere un sistema di clientelismo e di protezione degli interessi di gruppo o locali? Hanno delle capacita’ dialettiche (nascoste)? Un programma politico appealing?

    Terzo: Son d’accordo con Luca nel pensare che siamo fortunati a vivere nell’epoca digitale che ci permette di utilizzare una varieta’ di strumenti per controinformare e per contestare. E’ anche vero che mi sembra al quanto naïve pensare che un blog di un individuo singolo possa avere l’impatto politico di un gruppo. I social network sono degli strumenti incredibili che facilitano l’aggregazzione politica ma sono anche estremamemente individualistici. Non possono sostituire l’azione di gruppo e a volte diventano un outlet per outburst retorici e non pensanti/ razionali. E visto il cosidetto digital divide esistente in Italia, internet ha scarse possibilita’ di smuovere le coscienze o influenzare le fortune politiche di partiti o politici.

  18. Denis Brandolini

    Se Hitler fosse vivo e fuori dal carcere potrebbe parlare a piacimento: lo si è combattuto anche per questo. Ovviamente “a piacimento” entro le Leggi, e dunque senza diffamazione, calunnia, apologia di reato, eccetera.

    Queste non sono opinioni, sono fatti, sono i principi cardine delle liberal-democrazie, come verificabile in qualsivoglia testo.

    Uno Stato in cui il singolo a proprio arbitrio può decidere chi privare del diritto di parola è l’opposto, e se non si capisce questo è ora di ripassare l’ABC.

  19. splarz

    Se Hitler fosse vivo e fuori dal carcere sì (immagino per aver pagato il suo debito con la giustizia), ma se fosse impunito e peggio, ancora senatore in Germania? Se dicesse apertamente che sta in parlamento solo per salvarsi dal carcere? Che il genocidio degli ebrei non esiste e che al massimo ci sarà stato qualche omicidio? Che uno dei suoi generali, preso e sbattuto in carcere è un eroe perchè non ha parlato? Se quest’uomo intervenisse in un dibattito pubblico su suolo pubblico (non in luogo privato aperto al pubblico) per parlare delle convergenze parallele, che faresti? Cammineresti come se nulla fosse pensado “uh che bello quanto son democratico?”

  20. reta

    in questo articolo c’è la paura che dal fischio alla bomba carta alla p2 il passo è breve. ma il problema del far sentire la propria voce è reale. gli operai, i precari della scuola non possono parlare. la loro voce non si sente. e il pd invita schifani, bonanni? non ci sarebbe bisogno anche di parlare all’interno della sinistra? e casomai fate parlare qualcuno che non sia un giorno sì e l’altro pure in televisione.

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  23. Hytok

    Luca, ma che stai a dì? Dovremmo permettere a Riina e simili di andare ospiti a Porta a Porta, fosse per te…

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