Oggi sulla Stampa Matteo Renzi dice bene una cosa che cerco di spiegare da tempo a chi vede antipatie e capricci dietro le mie speranze che cambi la classe dirigente del Partito Democratico, attribuendo anche a me meccanismi che sono assai diffusi in giro. E allora mi costringono a fare quelle ridicole premesse sotto ricatto, che ho grande stima per dalemaveltronibersanifassino e bla bla bla, e che – è vero – ho per loro diverse ma cospicue simpatie, e penso anche che possano ancora dare una gran mano a fare cose buone: quello della “meglio classe dirigente” è forse un mito, come dicono i suoi stessi aspiranti eredi post-dalemiani, ma non così infondato. E ditemi voi se uno per obiettare all’inesistenza di un progetto politico convincente, bisogna stare a fare questi salamelecchi.
E insomma, come dice Renzi, è molto più semplice:
“Non ho nulla di personale contro D’Alema, Bindi, Veltroni e gli altri: ma non ce l’hanno fatta”
Se per farcela devi diventare come colui contro il quale ti misuri, avere le stesse idee, le stesse parole, gli stessi atteggiamenti, rendi però inutile, anzi priva di significato, la vittoria. Che poi, per ora, è solo eventuale.
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