Fini e l’uso della rete

Ieri sera al Tg2 mi hanno cortesemente chiesto un parere sulla comunicazione politica in rete a partire dall’iniziativa di Gianfranco Fini di promuovere online la sua risposta sul caso Tulliani. Ho detto un po’ di cose, alcune banali, alcune frettolose, come quando ti intervista il telegiornale mentre stai seguendo l’elezione del nuovo capo del Labour britannico e ricevendo SMS di aggiornamento sulla pubblicazione del benedetto video di Fini, mentre sei in ritardo per un dibattito di presentazione del Post alla Blogfest di Riva del Garda.

E insomma, ho trascurato di dire una cosa importante. Che se è vero che i finiani stanno usando la rete – in assenza di altri media a disposizione – e le loro comunicazioni ormai partono prevalentemente da lì (dai siti di Generazione Italia e Fare Futuro, da YouTube, dal sito del Secolo un po’ più farraginosamente), è anche vero che solo di “comunicazioni” si tratta. Di “usare la rete”, appunto: non di frequentarla ed esserne usati, non di sfruttarne le potenzialità. L’uso che fanno di internet è poco moderno, con poca interazione con il mondo che sta loro intorno e col resto della rete (il blog di Flavia Perina sul Post è uno sforzo in questo senso): pochi accessori, poche idee, si limitano alla pubblicazione online dei testi che non avrebbero altrettanta attenzione in nessun luogo a loro disposizione. Sono stati accorti a capire che era il posto dove andare, ma non hanno avuto tempo di studiare la guida turistica prima di partire.

La cosa di Fini di ieri è stata l’espressione massima di questa pigrizia, e anzi addirittura un esempio di uso reazionario delle opportunità della rete: Fini ha evitato di dare le sue “spiegazioni” in qualunque contesto che ammettesse domande o obiezioni (conferenza stampa, dibattito tv, intervista) e ha confezionato e registrato un pacchetto “interpassivo”. Internet gli ha permesso di non dover nemmeno dire “niente domande” e andarsene frettolosamente, come succede in casi di conferenze stampa simili.

Scelta legittima, forse anche furba – come quella dell’orario finale di diffusione del video, a evitare il diluvio di reazioni al tg dei suoi nemici -, ma archiviata questa pratica suggerirei ai finiani di tradurre le loro annunciate velleità di modernizzazione della destra anche sul piano di una presenza online più versatile e creativa. Ci sono un sacco di esperti blogger di destra a cui chiedere consigli.

aggiornamento: Intervistato stamattina dal Corriere che gli contesta che Fini non si sia fatto intervistare, Bocchino risponde: “Abbiamo fatto una scelta di marketing, scegliendo lo strumento più moderno”.

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11 commenti su “Fini e l’uso della rete

  1. ilbarbaro

    “Ci sono un sacco di esperti blogger di destra a cui chiedere consigli”.
    Quali? Quelli che si dichiarano di sinistra perché si vergognano di dirsi di destra, vista la destra?

  2. Francesca

    Posso avere una tua descrizione di un uso NON “uso reazionario delle opportunità della rete”, o di un uso che sia NON “poco moderno”?

    Vedo bene che citi il blog di F. Perina come un esempio di “interazione con il mondo che sta … intorno e col resto della rete”, ma apprezzerei molto che tu scrivessi qui i due o tre elementi caratterizzanti precisi di un uso meno reazionario o più moderno della rete?

  3. Broono

    Anch’io leggendo le prime righe ho avuto subito in mente il blog della Perina, poi trovato nel resto del tuo articolo.
    Con una differenza:
    A me è venuto in mente come forma testuale del video di ieri di Fini, non come luogo ove trovare esempi di uso diverso dell’interazione.
    A meno di non pensare che per “interazione” s’intenda tu scrivi un testo chi lo legge te lo commenta e stop, direi che l’attività interattiva della Perina sul suo blog altro non è che la medesima modalità utilizzata da Fini ieri per “rispondere” alle domande.
    Come dire che basta farlo in rete per dirlo interattivo e aperto?
    No, non credo.
    O vale per entrambi, il blog della Perina e il video di Fini, o per nessuno dei due.
    Perché tra le due forme di confronto, l’unica differenza è che una è in video l’altra in parole, non ve ne sono altre, l’interazione è identica, cioè zero.
    La Perina non fa nessuno sforzo, scrive la sua e scompare fino alla successiva.
    Lo può chiamare “sforzo in direzione dell’interazione col resto della rete” uno che di rete non ne sa nulla, non chi veste i panni di chi viene intervistato quando il tema è la rete.
    Oppure diciamo che solo perché è ospitato su una propria creatura ha dei punti in più di partenza e allora ok, se il parametro è questo pure il blog di Floris ospitato sul post in questo senso può essere definito uno “sforzo per interagire con la rete”.
    Poteva non scrivere manco quell’unico post, l’ha fatto, si è sforzato.

  4. Luca

    Io non suggerisco nessun uso preciso delle opportunità della rete tra le molte a disposizione. Per me, quello prioritario è la costruzione di relazioni attraverso le altre entità e gli altri contenuti presenti e accessibili su internet, soprattutto attraverso l’uso dei link, e del dibattito e della discussione con questi e su questi. E questo un po’, per sua natura, un blog su un altro luogo come il Post lo fa. Poi c’è tutto il fronte delle opportunità tecniche, multimediali diciamo, creative che gli strumenti della rete permettono: ancora per avere un rapporto meno univoco e più elastico con i propri elettori/lettori/referenti/eccetera.

  5. Francesca

    Quel che noto è la asimmetria fra la diagnosi PRECISA di “uso reazionario” o “poco moderno”, e la vaghezza indeterminata di espressioni come “rapporto meno univoco e più elastico con i propri elettori/lettori/referenti/eccetera”.

    Perché sia chiaro, non sto ‘contestando’ la diagnosi, ma cercando di CAPIRLA. Ora, “Poco moderno” o “reazionario” non mi dice NULLA se rimane inespresso l’idea di ‘moderno’ rispetto al quale quello sarebbe ‘poco’, o qualsiasi sia ciò che si contrappone a ‘reazionario’.

    In mancanza di questo, l’unica interpretazione possibile è: “quello è poco moderno o reazionario perché non è fatto come Il Post, o come il blog di F. Perina sul Post, o come The Economist, o come piace a me”.

    Se ce ne sono altre, perché NON condividerle in un “rapporto meno univoco e più elastico” con i lettori come me o altri? Non sarà per caso il semplice fatto di mettere un link ad un box per i commenti, immagino!!, o di usare trackbacks, ect.

    Se non ce ne sono, perché dare un parere al TG, e proprio quello? Non è PROPRIO QUESTO un modo ‘poco moderno’ di fare giornalismo da parte del TG: chiedere un parere ad una vedette? Perché accettare di essere consumati in QUELL’uso convenzionale dell’informazione?

  6. lucioluci

    Salve a tutti,
    Credo che la Rete sia da analizzare come contenente e non come contenuto, più che altro in questo caso. Internet offre nuove e ottime “antiche” possibilità di comunicazione, come un ritorno al faccia a faccia di un tempo. Rete quindi come strumento di comunicazione, o come nuova informazione, ognuno la chiami come preferisce.
    Il messaggio di Fini dell’altro giorno invece è puro contenuto che ha scelto la rete come canale, unica via di sfogo per il messaggio. Non possiamo usare le televisioni? Travestiamoci da grillini e proviamo ad usare Internet. E per questo anche bloccando per un giorno il normale lavoro del portale di Generazione Italia, diventato schermo bianco e video di Youtube. Lo stesso sarebbe da dire per un videomessaggio apparso in youtube lo stesso 25, intitolato “videomessaggio di Fini” ma contenente solo insulti al Presidente della Camera da parte di non meglio identificati simpatizzanti del PdL. Grazie quindi a quel titolo (sfruttando quindi le caratteristiche della Rete) si è fatto passare un messaggio tutt’altro che 2.0. Quasi spam.
    L’altro giorno un collaboratore de laDemocrazia.it, blog di comunicazione politica on-line) ha intervistato Rachele Zinzocchi, responsabile social media di GI FLI (link: http://www.lademocrazia.it/rachele-zinzocchi-social-media-manager-di-gi-e-fli-la-comunicazione-politica-sul-web-tra-propagandistici-ed-integrati/ ). Le intenzioni all’utilizzo corretto della Rete ci sono tutte, ma nel caso del discorso di Fini penso si sia cercato solo l’impatto, non l’interazione.

    Non stupiamoci molto, in ogni caso la politica italiana da sempre usa Internet ed i canali social come strumento di propaganda, sfruttando il fattore novità. E qua ci sarebbe da discuterne per mesi…
    un saluto!

  7. Sir Robin

    In generale sarei propenso a considerare positivamente quest’uso che si è fato della rete, in questo caso (prescindendo dal contenuto, naturalmente). Con tutti i limiti espressi nel post, si è trattato del presidente della camera dei deputati che ha usato YouTube per comunicare alla nazione. Non so se mi spiego. La tecnologia non crea di per se gli spazi di libertà ma questo episodio spero faccia riflettere più di qualcuno.

  8. Luca

    Francesca, però l’esempio di quello che dico mi pare piuttosto palese nel caso del video: quale uso della rete è stato fatto che non sia diverso dalla trasmissione dello stesso video a un telegiornale? Cosa abbiamo fatto, nel vederlo, di diverso dal sederci davanti alla tv? L’unica differenza è nella pre-comunicazione, che ha sfruttato l’effetto modernista dell’idea di internet: ma solo effetto, e solo idea.

  9. massimo codognello

    Caro Luca, anche se non perfettamente pertinente vorrei suggerirti un esempio di non uso interattivo della rete : il PDNetwork.
    Questo network apparentemente veicolo di comunicazione tra dirigenza del PD e la base, risulta assolutamente unidirezionale.
    Il Segretario o altri esponenti lanciano proclami, i partecipanti si sforzano di commentarli, nessuno dei proclamatori si degna di rispondere anche agli interventi più sensati.
    Capisco le ragioni di opportunità, la paura di esporsi, la scarsa consistenza numerica dei partecipanti e “abbiamo tanto altro da fare”, ma, dal mio punto di vista, è un’occasione persa di dialogo con la base utilizzando strumenti non ancora nel controllo di chi già controlla il resto.

  10. Luca

    Intervistato stamattina dal Corriere che gli contesta che Fini non si sia fatto intervistare, Bocchino risponde: “Abbiamo fatto una scelta di marketing, scegliendo lo strumento più moderno”.

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