Non chiamarmi capo

Il confronto tra rivoluzionari e riformisti è vecchio come il cucco e a un certo punto, quando le rivoluzioni possibili non hanno più implicato ghigliottine e roghi di castelli, è diventato la parodia di se stesso. La scelta era diventata infatti su quanti compromessi, quanti passi indietro, quanti sacrifici si sia disposti a fare rispetto alle proprie ambizioni di cambiamento: rivoluzionario è diventato allora chi si disponga a questi sacrifici solo come extrema ratio e non come impostazione di partenza un-conto-sono-le-promesse-altro-è-la-realtà-della-politica. Chi dica “facciamo quel che dobbiamo fare”. Il vecchio alibi dell'”arte del compromesso” ha smontato centinaia di progetti a cui fino a un attimo prima sembrava dovessimo credere.

Ieri sulla Stampa Bill Emmott commentava quanto le iniziative di Cameron da Primo Ministro (il programma di tagli, ma io ci aggiungo anche il discusso progetto sulla Big Society) siano più rivoluzionarie anche di quelle di Tony Blair. Cameron si sta giocando molto e si sta prendendo dei rischi notevoli: però sta facendo quello che deve fare uno quando diventa capo, sia capo di un governo o di un partito o di un qualunque cosa, dopo aver annunciato grandi cambiamenti. Ovvero mettere in pratica quel che aveva annunciato, rischiando lo scontro e la sconfitta se non riesce. Ti abbiamo creduto, e tu ora non ci deludi.

Ognuno a questo punto può pescare dalla memoria la delusione che preferisce.

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9 commenti su “Non chiamarmi capo

  1. Raffaele Birlini

    Riflessione molto interessante. Mi fa venire in mente tante cose: se sia davvero necessario andare a cercare il consenso ovunque, anche se così facendo si giustificano, per prendere qualche voto in più, anche proposte, diventeranno pretese, che andrebbero respinte in modo chiaro. Quando poi non riesci a soddisfarle magari dai la colpa a qualcun altro creando tensione sociale, senso di ingiustizia, odio verso gli avversari, l’idea che per ottenere quel qualcosa che una certa politica di cartapesta promette si debbano eliminare tutti gli ostacoli, in ogni modo possibile.

    A volte ho l’impressione che una certa politica da opposizione continua e permanente sia un ruolo necessario per il funzionamento della democrazia. Finché non diventa maggioranza può approfittarne, può impersonare il bene senza doversi confrontare con la realtà del fattibile e del possibile, può promettere qualsiasi cosa, offrendo una valvola di sfogo diversa dalla violenza a tutti gli idealisti che vogliono e devono credere alle utopie per sentirsi politicamente corretti.

    Il dubbio è sull’onestà intellettuale di certi politici: ne approfittano per accaparrarsi uno spazio elettorale che qualcun altro andrebbe comunque ad occupare? Sono davvero così fuori di testa da mirare alla rivoluzione costi quel che costi? Oppure sono dominati dall’ambizione e sfruttano i sentimenti e l’irrazionalità al solo fine di andare al potere?

    La politica irresponsabile che vuole farsi interlocutore di tutti e affermare il diritto di imporre con ogni mezzo alla politica di inginocchiarsi di fronte al ‘volere del popolo’, nell’accezione ingannevole di certa propaganda, è uno dei tanti modi per distruggere lo Stato. Se il popolo vuole invadere un altro paese, ad esempio, e vota e manda al governo qualcuno che dichiara guerra va tutto bene, è tutto normale?

    A me fa paura chi si sente nel giusto e pensa di sapere cosa bisogna fare, preferisco votare chi mi mette giù una lista di cose concrete, semplici, razionali, sensate e, se ci riuscirà, farà solo quelle e non altre che tirerà fuori dal cappello tipo un qualcosa che di rivoluzionario ha solo l’aspetto di essere imprevisto e allucinante.

  2. Denis Brandolini

    Non seguo particolarmente la politica UK, alla fine mi limito a quello che leggo sul TIME, ma devo dire che di Cameron ho ogni giorno più rispetto, per le ragioni che hai presentato.

    Chiedo però, fuori da ogni disfattismo: è plausibile che da noi emerga un soggetto del genere, anche solo a livello di segretario di partito? Come elettori saremmo capaci di scorgerlo e dargli un’opportunità?

  3. ro55ma

    Non so se è disfattista pensare che qui da noi le cose funzionino diversamente, non tanto perchè manca il “Cameron” o un partito che lo possa, anche solo, immaginare come suo leader, ma perchè i nostri leader e i nostri partiti sono esattamente quello che gli italiani possono esprimere. Non siamo stupidi o masochisti, usiamo quello che abbiamo in pancia e testa, sedimentato in un centinaio d’anni, per dare il meglio di noi con il minimo di “condizioni e regole” possibili. Ha funzionato benissimo per decenni, ha utilizzato risorse interne (e un po’ di esterne) e si regge sulla negazione del principio base dell’essere un gallese-scozzese-ecc.: sulle cose che contano (principi morali, convivenza, democrazia) “tutti x uno e uno x tutti”. Qui è ognuno per sè e Dio per tutti. Se pensi che non pagare le tasse (o truffare l’assicurazione) “faccia parte del gioco” come fai ad immaginare di delegare uno tosto a fare cose toste nell’interesse di tutti? Non puoi.

  4. paolo_uk

    E’ vero che una delle differenze principali tra la politica UK e quella Italiana e’ fare ‘cose toste’, ma Cameron sta facendo cose anche troppo toste rispetto a quello che ha detto e promesso in campagna elettorale e sta facendo cose che ha detto non avrebbe mai fatto.
    Quanto poi alla Big Society, per ora e’ solo uno slogan demagogico e il governo UK non fa quello che fa per meraviglioso senso di responsabilita’, ma perche’ una buona parte degli elettori Tories appoggia queste politiche.
    Ammiro lo stile, decisamente non i contenuti (rivoluzionari?? piu’ che altro reazionari)

  5. Pingback: links for 2010-10-22 « Champ's Version

  6. Vasiliy Stepanov

    Posso criticare?
    Cameron si sta prendendo grandi rischi? No, al massimo smette di essere Primo Ministro. I grandi rischi li corre il paese. Questo piano è francamente dubbio: il rischio di una nuova recessione è ammesso anche da molti che lo approvano, mentre i vantaggi – la stabilità finanziaria – appaiono discretamente chimerici. E non parliamo nemmeno della giustizia.
    In realtà, dopo trent’anni di politica liberista arrivata la crisi in UK si decide di continuare sulla stessa strada, solo più radicalmente. Alle banche e ai fondi d’investimento viene imposta una tassa non troppo alta ma in compenso li si esorta ad andare avanti come prima, visto che la speculazione finanziaria è diventata la prima industria britannica. Qualcuno suggerisce che i problemi per Cameron verranno non dai tagli ma dal modesto aumento delle tasse previsto. Il ‘giovane’ e ‘moderno’ Nick Clegg ha commentato l’eliminazione di quasi mezzo milione di posti pubblici con termini degni del peggior Brunetta.
    La paura è un po’ questa: che si auspichi qualcosa del genere per l’Italia, qualcuno giovane, moderno, onesto, coraggioso che faccia quel che Berlusconi avrebbe dovuto fare e non ha fatto, cioè che renda l’Italia più simile agli Usa o al Regno Unito, con la differenza che loro quando finiscono nei guai hanno risorse politiche e anche militari che noi non abbiamo: pensa se gli italiani avessero lo stesso livello di indebitamento privato degli inglesi o le nostre banche avessero fatto le stesse follie delle loro!
    Poi c’è l’altro aspetto: anche nel Regno Unito come da noi, tutta la dialettica politica si muove fra gruppetti sempre più ristretti e intellettualmente uniformi. Cameron e Osborne, nati nel privilegio, vanno al college assieme (e assieme al sindaco di Londra Johnson) e non hanno problemi ad accogliere fra loro Clegg, stesse origini e stesse idee. I laburisti, poi, sono ormai ridotti a lotte intestine fra fratelli o fra mariti e mogli. Ma in generale in tutto l’Occidente le classi politiche sono sempre più ristrette, fino al livello familiare, con leader sempre più simili, soprattutto nelle idee, e partiti sempre più dipendenti da queste piccolissime cricche in prossimità dei leader. Finisce appunto che la reazione alla crisi finanziaria ed economica si risolve non in un cambio di rotta ma in una accelerazione della stessa, rovinosa, rotta perchè nessuno è preso in considerazione se non aderisce all’ideologia dominante. E parliamo di coraggio?
    (naturalmente il group-thinking incoraggiato dalla Rete non aiuta molto, eh?)
    Poi aspettiamo con ansia che le contraddizioni dell’economia cinese vengano al pettine per dimostrare che avevamo ragione noi—

  7. Vasiliy Stepanov

    In breve: il problema suo e del Post, esaltare lo stile ignorando il contenuto, specie se viene dal mondo anglofono.

  8. piti

    Due cose.

    La prima, è che sarebbe meglio giudicare conoscendo i dettagli dell’operazione. Tagliare mezzo mln di posti pubblici, come? Basta non rimpiazzare chi va in pensione? Si aggiunge il mancato rinnovo di chi, per ipotesi, lavora con contratti a tempo determinato? Si prepensiona? O si lascia a casa sic et simpliciter della gente? Il giudizio sul decisionismo non può, in primo luogo, prescindere dai modi in cui questo è messo in pratica.

    In secondo luogo, non ho mai capito che coraggio serva ai ricchi nel fare i forti con i poveri. Mica sono tagli fatti a loro. Un leader che viene dalla elite promette e poi effettua politiche severe contro la controparte sociale.

    ‘mazza, che cuor di leone.

  9. Pingback: Lifestream settimanale 24/10/10 - Entropicamente

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