Una cosa che mi pare non sia stata ancora abbastanza discussa nel dibattito sul passaggio dai libri di carta ai libri digitali è il rapporto con l’acquisto del libro. Il libro di carta contiene tradizionalmente in sé due identità fortissime e due ragioni d’acquisto: una legata al suo contenuto e alla lettura, e una all’oggetto. È arcinoto che il possesso dell’oggetto libro è fortemente associato al suo acquisto, e a volte addirittura ne è la ragione prioritaria. Molti di noi hanno detto qualche volta “non me lo prestare, voglio averlo” o viceversa si sono rifiutati di prestare libri già straletti pur di non privarsene. La quasi totalità della carta che occupa ampi volumi nelle nostre librerie è lì unicamente per ragioni sentimentali o di arredamento.
Arriva il libro digitale, e la scomparsa dell'”oggetto libro” col suo fascino e il suo ruolo. E il consueto paragone con la trasformazione che ha riguardato il mercato della musica incontra infine grossi limiti: perché le canzoni, anche disassociate dal feticcio disco, mantengono un loro uso frequente e ripetuto, che resta sempre prevalente. Possedere gli mp3 non significa soltanto possederli, ma significa usarli e goderne con continuità: e infatti si sono sperimentati sistemi di disponibilità d’uso senza possesso.
Ma per i libri è diverso: una volta letti, se l’oggetto non esiste, sparisce praticamente ogni ragione di possesso, salvo quella assai marginale di potenziale consultazione futura. Non esiste insomma più alcuna ragione per dire “lo compro”, laddove esistano alternative al comprarlo. Se voglio leggere in digitale il nuovo libro di Piperno, comprarlo o leggerlo sul tablet di mio cugino non fa alcuna differenza.
E allora editori e venditori possono/devono pensare a modelli di mercato diversi: a sistemi di prestito, di sottoscrizione di abbonamenti, le librerie possono/devono diventare più biblioteche che librerie. Cose che se le legge un editore gli vengono i brividi, a meno che non sia di vedute molto ampie e di sangue molto freddo. Vedo che Amazon annuncia la futura possibilità di “prestare” i libri su Kindle per un periodo di tempo limitato (quindici giorni in cui un amico può leggerlo, poi torna tuo), e con il permesso degli autori ed editori.
Si annunciano tempi incasinati e appassionanti. La musica non è morta, nel frattempo.
come è misera la vita di chi ritiene che non valga la pena possedere un libro, una volta letto. indipendentemente dalla presenza della rilegatura.
Saranno tempi duri per le case editrici (non per gli autori seri, attenzione) quando il kindle comincerà a entrare in tutte le case… non vedo l’ora.
In Italia, paese non proprio all’avanguardia letteraria, si pubblicano in media 163 libri nuovi al giorno. Quando il kindle o qualcos’altro del genere entrerà in tutte le case questo inaccettabile collo di bottiglia che limita la libertà di scelta dei lettori e la creatività degli autori finalmente sarà spezzato. Quando ogni giorno usciranno qualche migliaio di titoli nuovi gli autori seri non avranno certo problemi ad emergere e ad essere acclamati da un pubblico di lettori consapevoli… non vedo l’ora. Non la vedo proprio.
Quanto al fatto che la musica non sia morta, beh, ci sarebbe da discutere. Non tanto per la qualità che, per quel che ne so, potrebbe essere altissima. E’ per il fatto che ce n’è tanta, tantissima e praticamente gratis, cosa che ne fa crollare il valore, in tutti i sensi del termine, verticalmente. Da ragione di vita o voce dello spirito diventa semplice colonna sonora. Il che potrebbe anche non essere una brutta cosa ma non so se è quel che voleva il resto della mia generazione, gente che aveva fatto della sua competenza musicale una bandiera.
Secondo me ci sono diversi aspetti positivi.
Uno è la fine del potere selettivo dell’intermediazione che spesso si traduce in discriminante, politica se la ‘linea editoriale’ si concretizza in schieramento, economica se il libro/canzone viene messo in produzione e massicciamente promosso in funzione delle vendite attese. Ovvero di metodi push che tendono a creare la domanda più che a soddisfarla. Certo, la selezione effettuata dall’intermediario tradizionale, quale una casa editrice esperta e rinomata, permette al consumatore di evitare la fatica, lo spreco di tempo, l’impegno di spigolare nella miriade di possibilità che apre la Rete. La funzione selettiva degli intermediari è il solo connotato a sostegno dell’offerta tradizionale. Non è escluso comunque che si possano trovare altri metodi di selezione, aperti e neutrali, come accade già su anobii per esempio, dove si possono leggere recensioni volontarie e gratuite di lettori che non hanno alcun secondo fine nel promuovere o stroncare un libro. Devo dire, dal canto mio, che ultimamente mi trovo a fare affidamento più sull’opinione di un lettore la cui recensione in passato mi è stata utile che quella di un ‘professionista’ pagato da un giornale.
Un altro aspetto positivo è nelle motivazioni dell’offerta. Fare musica e/o scrivere per diventare ricco e famoso con i diritti d’autore e con i proventi collaterali del successo e della fama nello show business probabilmente in futuro non sarà più possibile. A motivare gli autori sarà in primo luogo non sogni costruiti attorno allo star system ma la passione autentica per l’espressione di una forma d’arte. Ho scoperto grazie alla Rete un sacco di scrittori e musicisti che trovo geniali e non mi vedo offerti, né ora né probabilmente mai, mediante i canali tradizionali.
A guardar bene il primo settore a subire la metamorfosi è stato proprio quello dell’informatica. Parlo dei programmatori di professione che si son visti fare concorrenza da persone che non campano producendo righe di codice ma, per passione, hanno messo a disposizione programmi perfettamente funzionanti freeware, shareware, addirittura beeerware o postcardware. Oggi come oggi è possibile, volendo, usare un computer spendendo zero per il software in maniera del tutto legale.
C’è una cosa importante da sottolineare però: l’ambiente. Il software libero ha proliferato grazie a un ambiente aperto, Windows – almeno all’inizio – in particolare, che dava strumenti di programmazione semplicissimi, utilizzabili anche da un ragazzino, tipo il basic, poi qbasic, poi visual basic. Quello che sta succedendo ora, con la politica Apple, Kindle – ma anche ps2, xbox nel campo, non meno ricco, dei giochi – e altri, è una progressiva privatizzazione dell’ambiente, dove non puoi accedere a tutti i contenuti, non puoi usare hardware diverso da quello autorizzato, non puoi fare niente tranne quello che ti viene permesso. Da una logica del tutto è permesso tranne quel che è vietato, a una di tutto è impedito tranne quello che è consentito.
La sfida non è tra libri di carta e libri di bit, ma riguarda i tentativi di sopravvivere della struttura di intermediazione tradizionale in tutti i modi possibili, dalla creazione di canali distributivi privilegiati alla pressione per una normativa più stringente. Non so come andrà a finire, ma se cercano di spaventarmi profetizzando la scomparsa di scrittori e musicisti mi vien da ridere, allora nelle società primitive non dovrebbero esserci state pitture rupestri, canti, danze, racconti…
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Scrittori e musicisti non scompariranno: ce ne saranno talmente tanti da non valere più nulla.
Quando ci si immaginano le gioie dell’arte senza intermediazioni di solito ci si immagina un panorama uguale al presente ma gratis e non si fa lo sforzo di cosa vorrebbe dire avere davvero a disposizione una scelta infinita…
@Vasiliy Anche software c’è n’è tanti freeware e l’utente comune non ha sempre bisogno del programma professionale da millemila euro. E il panorama uguale al presente sono libri di politica scritti da comici, libri comici scritti da politici, libri politici scritti da giornalisti, libri di cronaca scritti da romanzieri, biografie di vittime e carnefici… e poi ci sono dan browm, harry potter, la saga dei vampiri, sai che panorama meraviglioso rischiamo di perdere. Neal Stephenson mi piace è si trova gratis in rete, quando rizzoli da noi ha pubblicato in italiano solo i primi due romanzi di una trilogia, il terzo capitolo no. O Doctorow. O quello scrittore di fantascienza russo che è uscito su carta, vendendo moltissimo, solo dopo aver avuto successo in rete. Insomma il panorama è la Rete, gli intermediari scelgono al posto nostro e scelgono non in base alla qualità ma in base alle previsioni di vendita. Forse un tempo si stampavano libri in perdita facendo mecenatismo, ma oggi son poche le case editrici che non tengono gli occhi sul bilancio, sulla politica, sul marketing.
Il destino del libro digitale è strettamente legato ad eMule. Se i libri pirata si scaricheranno facilmente gli ebook reader entreranno nell’uso comune, ci saranno più modelli, e si abbasseranno i prezzi. Contestualmente i siti di vendita on-line cercheranno di diventare competitivi e riconquisteranno il mercato. Senza eMule, non c’è motivo di passare all’ebook, per pagare il libro digitale quanto (e a volte più) che il libro cartaceo.
speriamo che il libro non sia troppo lungo, o che l’amico non sia troppo impegnato, o in 15 giorni rischia di non scoprire chi è l’assassino…
Ma nessuno ha il problema di avere un oggetto come supporto alla propria memoria? (che forse sta proprio alla base del concetto della musica che diventa “mero sottofondo”)
La fruizione del “prodotto” senza il supporto, non ne rende piu’ difficile la sua sedimentazione nella nostra testa? A quanti capita di avere la sensazione di non sapere piu’ cosa si stia leggendo / ascoltando? Di non sapere piu’ identificare l’autore? di non riuscire a trovare piu’ la canzone/citazione adatta al particolare momento?
C’e’ stato un periodo in cui leggevo e-book (in pdf o rtf, sul portatile) e scaricavo mp3 a manetta. Ma poi ho rinunciato. Non sapevo piu’ cosa stessi leggendo, cosa stessi ascoltando. non sapevo piu’ che canzoni avessi, chi li avesse scritte, su quale album fossero pubblicate. Ricercare una canzone specifica mi richiedeva uno sforzo in piu’, per scrollare tra le migliaia di file, le innumerevoli playlist.
E poi tutte le rotture di ritrovarmi il disco fisso intasato di file mai usati, o ascoltati solo una volta, e duplicati e triplicati. I settaggi ogni volta persi (iTune bastardo!), la “ricerca di nuovi file sul disco”, il software che fa quello che cazzo gli pare.
Io ho buttato via tutto ed ora mi godo i miei cd e i libri tutti belli ordinati in libreria con un vecchio stereo nel soggiorno. leggendo un libro.
Mi chiedo se c’e’ qualcuno come me: da sempre appassionato e aggiornato su tutte le diavolerie elettroniche, vecchio smanettone in linux, che trova mp3 ed ebook semplicemente “scomodi e sconvenienti”?
Luke: pur essendo più organizzato di te (ma ci sono passato anch’io dal periodo cartelle incasinate ;-) ) e senza aver rinunciato all’attributo “try before you buy” del digitale, sottoscrivo pienamente quel che dici. Il panorama infinito genera solo una massa di plancton informe, in cui, anche i più abili e capaci si trovano solamente più impantanati (sia tra chi crea che tra chi usufruisce). L’oggetto non è solo feticcio, è anche il più potente dei reference. I contenuti digitali hanno la stessa presenza dei libri messi in seconda fila: sono fiochi fantasmi.
Jan: grazie per l’appoggio, ora mi sento meno solo ;)
La tua ultima riga condensa bene cio’ che volevo dire. Aggiungo: e’ incredibile la potenza evocativa del colpo d’occhio sulla memoria.